Non saprei dirvi perché, ma ho aperto questa bottiglia senza troppe aspettative. L’ho acquistata presso la distribuzione Storie di Vite, che ritengo da tempo una garanzia. Non senza ragione. Lo scetticismo, inteso come “sarà un vino da 6+ al massimo“, era (non) motivato dalla mia conoscenza dei Verdicchio di Jesi ma molto bene da quella relativa ai Verdicchio di Matelica. In più non conoscevo l’azienda agricola Marco Gatti.
Invece è un bel vino. Gatti è un viticoltore vecchio stile. Fa vini semplici, e uso questa parola nella sua accezione migliore. Sono vini che danno il massimo dopo almeno due/tre anni, infatti questa è la 2016. Senti inizialmente il tropicale, che vira però poi – col passare dei minuti – su toni minerali e sulla grafite. Finale decisamente sapido, anzi proprio salmastro. Costo davvero basso, in relazione poi alla qualità innegabile. Matelica vuol dire collina, temperature fredde, grandi escursioni termiche. Sembra quasi una zona montana, ma il mare è a due passi. Un terroir estremamente sottovalutato.
Il Casal di Venza è il cosiddetto base, il Villa Marilla è il fratello appena più ambizioso (sempre prezzi bassi: non l’ho provato). . Strepitosa (mi dicono) la sua Riserva, che però si trova poco perché le bottiglie sono davvero in quantità minima. Provatelo, provateli.
Archive for Marzo, 2020
Verdicchio di Matelica Casal di Venza 2016 – Marco Gatti
martedì, Marzo 31st, 2020Sidro ucraino: si può? Si può eccome!
martedì, Marzo 24th, 2020In alto i cuori, in alto i calici: mi sono appena imbattuto in una piccola azienda semplicemente pazza, e oltremodo prodigiosa, di sidri ucraini. Ucraini? Sì, ucraini. Tutto merito di Luca Martini, sommelier ex campione del mondo e (tra le molte cose) importatore di alcuni gioielli. Tipo questo. Ho parlato stamattina con Luca dopo avere provato, ieri, il Perry Cider brut e aver gridato al miracolo. L’azienda si chiama Berryland. Luca l’ha scoperta quest’anno a Fornovo. “C’era un tipo senza stand, ma con dei campioni”. Il tipo spiega bene a Luca la storia delle mannoproteine del miele, che non hanno bisogno di solforosa perché la sviluppano da sole. Vale lo stesso anche per gli idro-mele, che sono quindi (se ben fatti) prodotti naturalissimi.
L’Ucraina non è certo famosa per le mele, a differenza per esempio di Normandia e Asturie (ma pure molte parti d’Italia). Infatti in Ucraina “il 99% delle mele non è edibile”, mi dice Luca, “ma viene usato per i silati come integrazione per animali, oppure viene data direttamente ai maiali”. Eppure Berryland produce 15 (15!) sidri diversi. La lavorazione? ” La scelta delle mele, la macinatura, la macerazione con le bucce. E poi la pressatura del succo, a sua volta fermentato, raffreddato e quindi rimosso dai sedimenti. Infine l’imbottigliamento e la seconda fermentazione in bottiglia”.
Luca importa alcuni tipi di sidro Berryland. Eccone sette.
Kyei Cider – Residuo zuccherino basso. Le mele vengono dalla zona ovest di Kiev: cinque o sei tipi diversi. Mele molto piccole. Acidità media, prodotto “neutrale”, microclima ideale. Una sorta di prodotto “base”.
Bukovyna Cider brut. Viene fatto con mele che provengono da Bukovyna: una zona vicina alle montagne. Terreni più ricchi, grande escursione termica. Massima maturità, ma anche profumi spiccati grazie alle notti fresche. Grande acidità. Poco residuo zuccherino. Sidro tagliente e profondo.
Apple Cider. E’ fatto solo con mele, a differenza degli altri che hanno sempre una piccola percentuale di pere. Sei varietà di mele differenti da sei regioni diverse. Macerazione più lunga sulle bucce, colore più importante. E’ dunque un sidro macerato: “l’orange cider” dell’azienda. Delizioso.
Calvados Barrels aged Cider brut. Questo sidro è come il precedente Cider cuvee brut 2019, ma viene invecchiato un anno in più e alla fine del processo, prima della seconda fermentazione, viene messo in delle botti importate dalla Normandia dove è stato fatto affinare per 5/10 anni il Calvados. Il legno impregnato dal distillato muta il sidro, un po’ come accade al whisky affinato nelle botti di Sherry o Porto. Se però quelle botti rendono il whisky più “dolce”, qui il sidro acquisisce un tono più austero e più complesso. E’ dunque un prodotto complesso, più orizzontale che verticale.
Perry Cider brut. E’ un sidro fatto con le pere. Quattro tipologie differenti. Le pere sono più dolci delle mele, per questo il Perry risulterà un sidro più estivo, elegante e fruttato. E lascerà sempre una dolcezza data dal naturale residuo zuccherino.
Ice Cider sweet. Avete presente gli Ice Wine (o Eis Wein)? Ecco: siamo da queste parti: crioconcentrazione. Le mele ghiacciate vengono pressate: automaticamente l’acqua si separa dal succo di mele e questo crea una concentrazione naturale del succo. Realizzato alla fine di dicembre. Ha un grande residuo zuccherino e un gusto di mela intensa. “Sidro da meditazione”
La gradazione di questi sidri sta tra i 6-6,5% (Perry) e 7-7.5% (gli altri). I prezzi in enoteca stanno sui 15 euro a bottiglia tranne l’Ice Cider sweet, il più impegnativo sotto tutti i punti di vista (anche il prezzo: sui 30-35). In Ucraina si trovano a prezzi ancora più bassi, ma l’Ucraina è uno stato non membro con embargo. Quindi il prezzo (di poco) sale.
Credetemi: sidri strepitosi!
Morgon 2015 Cote du Py – Domaine Joubert
domenica, Marzo 22nd, 2020Segnalazione obbligatoria per questo strepitoso Morgon. L’ho trovato nella distribuzione di Storie di Vite, e l’ho amato oltremodo. A chi mi segue su Facebook, dico che è esattamente il vino che ho aperto durante la diretta di sabato 21 marzo dedicata a Gianni Mura.
Chi mi legge da anni sa come io sia più bianchista che rossista, e da questi ultimi cerchi anzitutto verticalità, freschezza e mineralità. Quindi il Gamay, che è il vitigno dell’appellation Morgon, è perfetto. In questo caso la sottozona, di gran pregio, è Cote du Py. Terreni di scisti argillo-calcarei, 15 giorni di macerazione carbonica. Questa annata 2015 di Domaine Joubert mi ha esaltato: così fresco, così naturale, così complesso (nelle sue accezioni migliori). Davvero un rosso prodigioso, che migliora di bicchiere in bicchiere, di sorso in sorso, di ora in ora.
Non posso non consigliarvelo.
Ansonica 2018 – Calabretta
sabato, Marzo 21st, 2020Devo ad Adriano Aiello e Ivan De Chiara la scoperta, ahimè tardiva, di questa splendida Ansonica. E’ la loro distribuzione Storie di Vite a portare in Italia questo nettare e, a quel che so, è stato proprio Adriano (caro amico tennistofilo da anni) a “lanciarlo” definitivamente su scala nazionale.
Conosco Ansonica encomiabili dell’Isola del Giglio, vitigno che si trova ancor di più in Sicilia (col nome di Inzolia). In Calabria figura nell’uvaggio della DOC Bivongi in provincia di Reggio Calabria.
Farla a Cirò in provincia di Crotone, per giunta in purezza, è un bell’azzardo. Che Cataldo Calabretta persegue con successo. Cataldo è alla quarta generazione di una famiglia di viticoltori cirotana. Uve in regime biologica, cantina ristrutturata con le sorelle. Usa ancora i palmenti, le vecchie vasche in cemento.
La sua Ansonica in purezza viene da vigne vecchie 30 anni. Mosto fiore affinato sulle fecce fini per 6 mesi in vasche d’acciaio (leggo da una recensione de Ilcalicediebe). Nel bicchiere ammalia sin dal giallo dorato, che può però celare una vocazione piaciona e furbastra. Al contrario: l’Ansonica di Calabretta si rivela dritta e schietta, orgogliosamente marina e decisamente salina. Fiori e frutta gialli, sì, ma pure – e soprattutto – mineralità, note iodate e un che della mitologica “pietra focaia” (che non sembra, ma esiste). Mi è piaciuta decisamente. Persino (molto) più di quanto credessi. Bravi Cataldo, bravo Aiello, brava Storie di Vite.
Vespaiò – Il Moralizzatore
giovedì, Marzo 19th, 2020Ho sempre amato i vini dei ragazzi del Moralizzatore. Siamo a Carmignano del Brenta, luogo che mi ricorda una delle pochissime date teatrali non andatemi bene negli ultimi anni. Enrico e Andrea, uno veterinario e l’altro farmacista, fanno vini allegri. Nel senso letterale: sono schietti, veri, naturali e divertenti. Ricordo, ma posso sbagliare, che inizialmente il loro rifermentato si chiamava “Friuliè” o qualcosa dal genere. Mi piaceva molto. Ora c’è il Vespaiò, 60% Vespaiola e 40% Tai. Sta a contatto con le bucce per sei ore e poi rifermenta con il mosto vitale. Bevibilità glou glou totale.
A me piace molto anche il Brespa, che è il fratello più serio e fa una macerazione di due giorni sulle bucce. Stavolta Vespaiola in purezza. Prezzi sempre assai onesti e contenuti. Non ho mai provato i rossi fermi, che mi attraggono meno, mentre ho puntato e presto proverò il Cabaret Rosè (Cabernet Sauvignon vinificato in rosa).
Se cercate un’azienda semplice e seria, Il Moralizzatore non potrà deludervi.
Riesling Trocken “von der Fels” 2018 – Keller
mercoledì, Marzo 18th, 2020Mi sono imbattuto in un Riesling tedesco strepitoso. E’ opera del grande Klaus Peter Keller, maestro dei Trocken (secchi) nella zona del Rheinessen, teoricamente meno vocata della Saar. Per certi versi Keller sta alla Rheinessen come Egon Muller alla Saar: sono due maestri, e dietro di loro (per fortuna) si è creata una nutrita selva di allievi.
Il capolavoro di Keller è il Riesling G-Max, uno dei vini più cari e mitici del mondo. Io mi sono fermato molto prima, provando uno dei suoi Trocken “base” (si fa per dire). L’ho scoperto grazie a Luca Martini, che li distribuisce in Italia. Si chiama “von der Fels”, annata 2018. Credo che in enoteca si trovi poco sotto i 30 euro.
Vecchie viti e rese estremamente basse: sono alcune delle caratteristiche chiave di Keller. Questo “von der Fals” brilla per una mineralità prodigiosa, che sconfina in una sapidità “totale” e davvero conturbante. Complesso e lungo, con la beva migliore dei Riesling migliori. Purtroppo il Riesling (che sia Francia o Germania) non ha mai solfiti troppo bassi, ma qui siamo dalle parti della naturalità. In breve: un Riesling Trocken irresistibile.
Fiurin – Valli Unite
giovedì, Marzo 12th, 2020Il vino di cui vi parlo oggi mi è piaciuto da morire. Esce solo in bottiglie magnum, ma ha un prezzo decisamente contenuto. Classico vino da tutti i giorni, glou glou nell’accezione più nobile e sincera. Si chiama Fiurin e l’azienda è Valli Unite. Fa parte del VinNatur di Angiolino Maule. La seguo da un po’ e non mi ha mai tradito. Siamo a Costa Vescovato, Alessandria. Quindi anzitutto (ma non solo) Timorasso. Il vigneron è Alessandro Poretti, giovane e con le idee chiare: “Fare vini naturali significa in primo luogo essere onesti con se stessi“.
Di Valli Unite sono noti anzitutto i Timorasso. Francesco Maule, figlio di Angiolino, è a capo della distribuzione Arkè che ha in catalogo anche i vini di Valle Unite. Il suo lavoro, come quello di sua moglie Erica e del grande Gianpaolo Giacobbo, è meritorio. Francesco mi fa sempre prendere “per forza” il San Vito, una selezione di Timorasso dalle vigne più vecchie: bel vino, ma per i miei gusti sin troppo carico e con quella nota ossidativa “alla Jura” che proprio non è nelle mie corde. Preferisco, sempre per stare sul Timorasso, il Derthona (da vigne più giovani, dunque il “base”) e il Montesoro (macerato: il mio preferito).
Divertente il Brut and the Beast, un rifermentato senza pretese 80% Cortese e 20% Malvasia. Gradevolissimo il Ciapè, Cortese in purezza solo acciaio.
E poi c’è questo Fiorin. Ho aperto la magnum con la mia compagna e non vi dico quanto ci abbiamo messo a finirla, perché un po’ (ma solo un po’) ci vergogniamo. Blend a maggioranza Cortese con un po’ di Timorasso. Leggera rifermentazione, che gli dà i crismi di un vino quasi-fermo con chiaro effetto pétillant. Affinamento in acciaio, lieviti indigeni e no solfiti aggiunti. Note floreali, come lascia intuire il nome, ma non è quello che più vi colpirà: è la bevibilità suprema. La gentilezza, la piacevolezza. La freschezza, il garbo. Vino riuscitissimo: ci è piaciuto da morire.
Sialis Pinot Grigio 2015 – Terpin
mercoledì, Marzo 11th, 2020Franco Terpin è una garanzia: da sempre. Di stanza a San Floriano del Collio, nel goriziano, produce vini naturali semplicemente strepitosi. Adoro la sua linea base, chiamata ironicamente “Quinto quarto”. E adoro la sua serie gold, per esempio il Jakot (ovvero Tokay al contrario) e la Ribolla Gialla. Uomo di poco parole, dice: “Il vino naturale ti fa stare bene con gli altri e con te stesso“.
L’altra sera, con Mesmeric Lady, ho aperto il Pinot Grigio Sialis 2015: tutti in piedi!
Pinot Grigio in purezza, frutto del micro vigneto “Sialis” da vigne di 70 anni. Macerazione di 10 giorni, grande estrazione dalle bucce e colore rosa (scuro). E’ uno dei migliori macerati italiani. La parola che più lo fotografa è “maestoso”. Al naso è invitante come pochi, al gusto rivela una persistenza chilometrica. Che capolavoro.
Oran-G – Il Cavallino
martedì, Marzo 10th, 2020Da qualche anno l‘azienda Il Cavallino è una delle mie (non poche) certezze nel mondo dei vini naturali. Si trova in Val Liona, nel vicentino. Produce anche rossi, ma eccelle anzitutto nella declinazione della Garganega. Il vigneron è Sauro Maule, fa parte di VinNatur e ha per maestro Angiolino Maule, ma non sono parenti.
I suoi vini che più adoro sono lo Sgass, un rifermentato in bottiglia metà Durella e metà Garganega; il Pri, selezione della migliore Garganega dell’azienda proveniente da vigneti di 50 anni di età. E poi l’Oran-G. Maule lo descrive brevemente così nel suo sito: “Selezione da vigne vecchie (45 anni) di Garganega in purezza con 6 mesi di macerazione in acciaio; affinamento in legno per 12 mesi (botte da 10 hl), senza solforosa“. E’ un macerato scontroso e impegnativo, che parte senza concedersi per poi esibire tutto il suo fascino. Lungo, fresco, minerale. Di gran carattere e bella beva, ottimo carattere e un equilibrio tutto suo. Chi si diverte coi sentori olfattivi, ci troverà per esempio ginestra e liquirizia. In bocca è un piacere che invade e pervade. Imperdibile.