Gaber se fosse Gaber (recensione)

Gaber se fosse Gaber sta continuando il suo cammino. Qui trovate il calendario aggiornato.
Ogni giorno ricevo lettere bellissime. Oggi ne pubblico una, particolarmente nitida e calzante.
L’articolo è di Stefano Daglio, le foto di Claudio Turci.

Ciao Andrea,
mi permetto di scriverti con il mio personale commento, positivo almeno quanto non richiesto, al tuo spettacolo “Gaber se fosse Gaber” che ho avuto il vero piacere di vedere ieri sera a Varese.
Una piccola premessa: oggi ho 28 anni e mi sono avvicinato a Gaber, grazie a mio padre, intorno ai 16/17 anni, quando ormai aveva già smesso di fare spettacoli. Come dicevi tu ieri sera, quando conosci Gaber a quell’età qualcosa succede: in qualche modo la propria formazione e la propria crescita come persona risente del contatto anche se indiretto con una personalità del genere (come dici di lui durante lo spettacolo, neanche io sono mai riuscito a riconoscermi in un nessun tipo di comportamento o di posizione che fosse completamente giusta e opponibile a qualcosa di completamente sbagliato).
Mi sono spesso trovato a dover rispondere alla domanda di amici o della mia ragazza: “ma chi era ‘sto Gaber che continui a citare?”. A questa domanda, sono sempre stato in grado di fornire un’unica risposta forse troppo personale perchè possa essere veramente incisiva sugli altri, cioè che Gaber è qualcuno che pur non avendo mai conosciuto di persona, riesce a mancarmi. 
Forse la mia è una “dichiarazione d’amore” troppo personale per comunicare qualcosa, oltre alla gelosia in almeno una mia ragazza (true story..), ma purtroppo non sono mai stato capace (non è il mio lavoro e non ne ho indubbiamente le doti) per analizzare l’opera di Gaber con la finalità di riassumerla in un tempo utile per raccontarla ad una terza persona.
Per questo, negli anni dalla sua morte ho cercato, tra gli spettacoli in suo ricordo, uno spettacolo che ricordasse Giorgio in un modo che fosse a mio avviso completo; che potesse anche essere una buona pista di avvicinamento per qualche mio coetaneo che non ha avuto la mia fortuna di essere aiutato ad avvicinarsi a lui (e sono tutti i coetanei che conosco). Questa “ignoranza” della mia generazione (e peggio ancora delle successive) per Gaber mi ha sempre fatto male: mi sembra assurdo che un’opera così possa semplicemente perdersi nell’oblio: mi sembra un’inaccettabile segnale della degradazione della società.
In questa mia ricerca, però, sono rimasto troppe volte deluso. Troppi gli spettacoli che ho visto, infatti, “buttavano via” Gaber, ricordandolo solo come quello delle canzoni “facili”, anche se magari introspettive e profonde (come “sogno in due tempi”, per citarne una). 
Nessuno ha mai parlato del Gaber che si incazzava (di Polli d’allevamento, per fare l’esempio più chiaro), che magari ti insultava, ma arrivava a colpirti e ti spingeva a riflettere su di te e sugli altri: a partire dal proprio piccolo, dalla propria Maria, fino alle grandi cose e i grandi valori della vita. E questa “dimenticanza”, questa “trascuratezza”, forse anche voluta, mi ha sempre dato la dolorosa sensazione che già si volesse tradire il ricordo di Gaber, limandone via gli spigoli vivi e rendendolo più inserito e, come conseguenza, meno pericoloso.
Tutto questo nel tuo spettacolo NON succede!! Forse per la prima volta ho ritrovato in uno spettacolo quello che per me è il vero Gaber! La prima cosa che ho pensato finito lo spettacolo è stata: “Se avessi dovuto fare io la selezione dei pezzi per condensare Gaber in un’ora e mezza di teatro, non avrei saputo fare di meglio!”
Per la prima volta ho trovato uno spettacolo a cui mi affiderei per raccontare Gaber ad un amico, alla mia ragazza, a chiunque mi piacerebbe che si avvicinasse a Giorgio come mi ci sono vicino io! 
Credo che il grado del mio apprezzamento del tuo spettacolo possa dirsi racchiuso in quest’ultima frase. Con i pezzi di Gaber ho sempre avuto la sensazione che “se ci sapessi fare con le parole avrei espresso questa sensazione esattamente negli stessi termini, perchè è esattamente così che mi sento IO..”. Con il tuo spettacolo ho avuto l’analoga sensazione che se fossi stato capace di analizzare Gaber per raccontarlo estraendone il succo più vero non sarei riuscito a farlo meglio di te!
Quindi grazie! Davvero grazie per il tuo spettacolo: mi auguro che continuerai a riproporlo in modo da porter tornare a vederti con la mia ragazza e con gli amici. 
Scusa se per farti un complimento ci ho messo qualche centinaio di parole, ma forse ho l’arroganza di pensare che un quadro generale di me come persona, dia più forza al mio complimento. (Stefano Daglio)

2 Comments

  1. Molto bello lo spettacolo, ottimo l’approccio, meritoria e originale l’intenzione di Andrea di “leggere” un grandissimo tirato sin troppo per la giacca. Ma proprio questo mi spinge a una constatazione preoccupata anzichenò: Gaber oggi piace a tutti, a destra e a sinistra, ai ciellini e agli ex demoproletari, a reduci e obesi. Questa “ambiguità” del grande Giorgio (per dirla alla sua maniera), non mi fa star per niente bene. Qui a Trieste la giunta comunale di centro destra ha intitolato a Gaber la piazza davanti al Politeama Rossetti. E’ possibile che in un momento in cui tutti si sbranano, l’unico punto di condivisione siano le spoglie di Giorgio Gaber? Andrea (o chi altro) che ne pensi?
    PS: sono quello che ti ha intervistato per telefono prima dello spettacolo di San Vito al Tagliamento.

  2. Indubbiamente avrei dovuto (e a posteriori voluto) rileggere l’italiano prima di premere il tasto “INVIA”.. 😀
    Sul contenuto, invece, confermo! Grazie Andrea, dello spettacolo e di avere voluto pubblicare questa mia lettera.

    s

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