Ehilà, che rosso splendido! Da berne un secchio (faccio per dire, eh. Non esagerate mai).
Parlo dell’Ottavio Funk di Cascina Tavijn. Siamo nel Monferrato. Il vino mi è stato regalato da un amico, Giacomo Fabbriciani del Dietro le quinte di Arezzo. In rete si trova attorno ai 13 euro, prezzo onestissimo.
E’ un rosso semplicemente delizioso. Grignolino in purezza o giù di lì, rifermentato (leggermente) in bottiglia. Non aspettatevi chissà quali bollicine, ne ha pochissime e va bene così. Vino da tutto pasto, quotidiano, bevibilità suprema.
Un rosso artigianale nella sua accezione più nobile, con quella schiettezza un po’ speziata e rustica dei migliori “vini del nonno” che popolano la nostra memoria. E’ un vino che mi ha davvero esaltato, nella sua meravigliosa e quasi “ostentata” semplicità.
Applausi a scena aperta.
Archive for Giugno, 2020
Ottavio Funk – Cascina Tavijn
lunedì, Giugno 29th, 2020Simandro 2019 & Virtutae Gelso 2010 – Ca’ Sciampagne
martedì, Giugno 9th, 2020Nei giorni scorsi ho avuto modo di provare altri due loro vini. Il primo è il Simandro, vino bianco ottenuto da biancame. Il nome è dato dal parziale anagramma dei nomi dei due figli della titolare, Simone e Alessandro. Viene prodotto solo nelle annate migliori. La mia era una 2019. E’ un bianco non macerato per nulla “strano”, delicato ma di carattere, che dimostra l’eclettismo dell’azienda e il suo saper produrre vini ora “estremi” e ora “normali” (sto semplificando, so che mi capirete).
Ieri ho poi bevuto il Virtutae Gelso. L’azienda produce 4 tipi di Passito a nome Virtutae, che differiscono poi per l’affinamento: Frassino, Rovere, Gelso, Robinia (Acacia). Io ho provato il Gelso. Annata 2010. Sempre Biancame in purezza. Affinamento di sette (sette!) anni. Il gelso conferisce una spiccata nota di fumo e di bruciato. Tostato e affumicato. Caffè, tabacco, spezie. Lunghissimo, affascinantissimo. E io non amo i vini dolci e/o da meditazione. Ma questo era pazzesco.
Il Torbo 2017 – Podere La Castellaccia
domenica, Giugno 7th, 2020Segnatevi questo nome, sempre ammesso che non conosciate già la bottiglia: Il Torbo, Podere La Castellaccia (anche se nella bottiglia c’è scritto Simona Orsini, proprietaria dell’azienda con il marito Alessandro Tofanari). Annata 2017. L’ho trovato nel catalogo di Bibo Potabile, grazie sempre al Dietro le quinte di Arezzo come tramite. Lo dico senza girarci troppo attorno: è uno dei macerati italiani che amo di più.
Ha carattere, grinta, spigoli. Personalità da vendere. E’ fresco, sapido, lungo. Imprevedibile (nell’accezione migliore). E racconta la Vernaccia di San Gimignano in maniera davvero originale, ispirata e inattesa. In rete, su questo vino, non si trova molto. Di sicuro è un azzardo macerare la Vernaccia. Ancor più così tanto (otto mesi!) Alessandro e Simona fanno lo stesso con l’Ancestrale Bianco, un rifermentato sempre Vernaccia in purezza che – più prima che poi – proverò. Loro, naturali dal 2011, spiegano così la scelta: “Perché macerazioni così lunghe? Perché farle con il Trebbiano è un gioco da ragazzi”.
Non fatevi sfuggire questo Torbo: livelli altissimi.
Bure Bianca – Val di Buri
martedì, Giugno 2nd, 2020Oggi, a pranzo, ho bevuto quello che definirei un perfetto “entry level macerato”. Mi spiego: quando un macerato è ben fatto, non ha difetti e al tempo stesso non è esasperato, è dominato dai sentori olfattivi di frutta gialla. Pesca e albicocca su tutte. Tale frutto si sente poi anche al gusto: ne percepisci tutta la polpa e a morbidezza, quasi che stesso bevendo un “vino dolce” (perché questo sembra al naso) che poi però si rivela secco al gusto (e ciò spiazza puntualmente i neofiti).
Ecco: il Bure Bianca di Val di Buri, piccola azienda naturale toscana (Baggio, Pistoia) che ho scoperto nel catalogo di Bibo Potabile tramite il ristorante Dietro le quinte, è esattamente così. Poche bottiglie prodotte. Vino da tavola, i vitigni non sono specificati: si sa solo che le uve sono “a bacca bianca autoctone”. In rete, dove si trova (poco) attorno ai 21 euro, si parla di Trebbiano in purezza. Il produttore, in un commento sotto a questo post, ha confermato. Diraspatura manuale e fermentazione spontanea senza controllo della temperatura a chicco intero in vasche di acciaio inox e damigiane, 2 follature e/o rimontaggi giornalieri. Contatto con le bucce 1/3 della massa per 25 giorni, 2/3 fino a Pasqua (7 mesi). Affinamento: 1/3 in botticella di acacia di primo passaggio per 6 mesi. 2/3 in acciaio. Ulteriori due mesi di invecchiamento in acciaio dopo il blend.
Ne risulta un macerato “entry level” di buona fattura, forse con troppo pochi spigoli per chi cerca da un macerato un surplus di azzardo, ma quando la bottiglia finisce in un amen (ero con la mia compagna) vuol dire che quel vino è un buon vino.