Segnalazione – Adriano Sofri (Repubblica)

De I cani lo sanno stanno parlando in tanti. L’affetto che sta circondando questo libro mi commuove. Oltre alle recensioni qui pubblicate, ci sono state segnalazioni anche su Anna, Diva e Donna. Interviste a piccoli e grandi portali, come Te la do io Firenze.
Stamani Repubblica ha dedicato tre pagine al rapporto uomo-cani. C’è un lungo articolo che vede protagonista Niccolò Ammaniti. Condivido ogni sua parola, soprattutto quando scrive: “Credo che i cani abbiano un linguaggio e una predisposizione sociale che permette loro di vivere accanto a noi, ma nello stesso tempo debbano mantenere qualcosa di selvaggio, perché è ciò che li distingue da noi e ci aiuta reciprocamente a misurare le giuste distanze. Poi mi commuove in loro l’attitudine alla felicità e all’amore che in fondo sono particelle dell’anima. Ho sempre patito con largo anticipo la morte dei miei cani proprio perché vedo nella fine la perdita di un’armonia comune e quasi celeste che mi ottenebra. Sono così turbato da questa prospettiva da aggirarmi su Internet per leggere tutto ciò che trovo sulle tecniche di clonazione“.
Sempre stamani, accanto al pezzo di Dario Cresto-Dina dedicato ad Ammaniti, c’è un corsivo di Adriano Sofri. Avevo visto Adriano alla mia presentazione di mercoledì a Firenze, alla Feltrinelli di Via de’ Cerretani. Ha sempre avuto cani, li ama e una volta girò un documentario a Sarajevo tenendo la telecamera ad altezza di cane. Lo “sguardo rasoterra” che ho cercato di riprodurre anch’io.
Sofri cita Liù di Edmondo Berselli, Baldo di Franco Marcoaldi e il mio I cani lo sanno come esempi di bei libri sul tema. Usa queste parole:
Nessuno s’intende degli uomini come quanto le mogli e i cani. Se bastoni mogli e cani, loro sanno sempre perché: perché sei uno stronzo (..) Ora anche i ciechi si fanno accompagnare da labrador. Labrador femmine, come la Liù di Edmondo Berselli e le due di Andrea Scanzi (“I cani lo sanno”) che elogia lo sguardo rasoterra, sulla scia del Baldo di Franco Marcoaldi. Qua la zampa, fratelli“.
Qua la zampa, Adriano. E grazie.

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