Marracash contro Fedez contro Gué Pequeno: scazzi ameni tra rapper

Schermata 2017-01-17 alle 12.56.34Tanto per cominciare: è tutto molto divertente. Poi: la norma dovrebbe essere questa, mica l’ipocrisia dilagante che vieta agli artisti di dire in pubblico quello che pensano davvero. Invece i rapper non hanno filtri e si sfanculano. Certo: l’eloquio non è oxfordiano e non stiamo parlando di Pasolini che scudiscia Calvino negli Scritti corsari, ma mille volte lo scazzo Fedez-Marrakesh-Guè Pequeno dei “lo penso ma non lo dico” cari a troppi divi (va be’) pop. La fredda cronaca: Marracash e Gué Pequeno, in un’intervista al Corriere della Sera, accusano Fedez e J-Ax di essere comunisti col rolex, che è poi il titolo del loro nuovo disco in uscita venerdì (al Fatto lo abbiamo ascoltato in anteprima e ne parleremo: è buono, a tratti molto buono). L’accusa: “Non sono rapportabili a noi. Basta guardare alle rime e agli artisti con cui collaborano per capire che sono una forma di pop che si maschera da rap. Fedez è una macchina da guerra del business, glielo riconosco, ma il mio fare musica ha altri obiettivi» (Marracash); «Non è un delitto fare soldi, ma io lo dico chiaramente. Non voglio essere un politico, un attivista sociale o altro. Se invece hai la psicosi che ti fa vivere per il clic, sui social finisci col dire tutto e il contrario di tutto, preghi per Aleppo, preghi per i terremotati quando in realtà preghi per i soldi» (Gué). Fedez, che si diverte parecchio a rispondere, posta un video su Instagram in cui usa quel lessico che ormai non scandalizza più nessuno tranne il “Duo Noia” Boldrini & Murgia: «Dev’essere frustrante fare le interviste ed essere costretti a pronunciare sempre il nostro nome perché se no non vi cagano». Ricorda che la prevendita del nuovo tour con J-Ax sta andando alla grande e allude a un Schermata 2017-01-17 alle 12.56.56incontro in cui Marracash abbassò lo sguardo per paura. Marracash replica: «A quanto pare al nano con la sindrome di Napoleone è partita la nave sui social, ha inventato un bel po’ di storie. Anzitutto come parli oh, sembri il Cummenda. In secondo luogo, tu mi hai visto e io ho abbassato lo sguardo… ma dove? Ti stai inventando una cazzata. Sei l’unico babbo della storia dell’umanità che va alle sfilate con il bodyguard. Al massimo io abbasso lo sguardo perché mi arrivi al cazzo». E alé: si vola. Spunta poi Gué Pequeno, che da Santo Domingo imita Fedez: «Abbiamo venduto 300 milioni di biglietti, faremo un tour su Marte, il nostro disco è il numero uno dei numeri uno, presto sarò presidente della Repubblica… Ma vai a cagare». Tutto molto divertente. Attendiamo la prossima puntata. C’è solo un paradosso, notato anche Renato Franco sul Corriere della Sera. I rapper coinvolti hanno ironizzato sui social che ormai prevalgono sul reale, ora in Vorrei ma non posto e ora in Insta Love, ma sono i primi a esserne (consapevoli) vittime. Li criticano, ma ancor più li sfruttano. Col rischio costante del cortocircuito. Al punto tale che, al posto delle scazzottate di una volta, ci si sportella sui social. Sperando solo di avere un like in più del rivale. (Il Fatto Quotidiano, rubrica Identikit, 17 gennaio 2017)

2 Comments

  1. E’ tutto molto divertente. E anche molto diseducativo. A partire dai testi delle canzoni (si fa’ per dire) di questi nuovi fenomeni della scena “musicale” italiana.

    • Può piacere o meno (personalmente, basterebbe una canzone rap per torturarmi), ma non è certo il testo di un brano, o lo stesso cantante, a doversi assumere il ruolo di “educatore”.

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