Pino Daniele: blues, leggerezza e contaminazioni

Pino-Daniele-Napule-èNon si apre per caso un concerto di Bob Marley. Non accade per caso che Eric Clapton ti chiami al Toyota Park di Chicago per il festival Crossroads, accanto a Joe Bonamassa e Robert Randolph. E non succede per caso nei tuoi dischi suonino membri dei Weather Report, musicisti di Peter Gabriel, Richie Havens, Chick Corea e ovviamente James Senese. A Pino Daniele tutto questo capitava, e neanche troppo di rado. Era giusto, era naturale. Alla fine degli Anni Ottanta attraversò l’Europa, parte integrante del progetto “Night of the Guitar” accanto a Phil Manzanera, Robby Krieger, Steve Hunter e Randy California. Uno dei suoi idoli era Pat Metheny, di cui divenne amico e con cui suonò. Nella sua musica, che veniva molto prima dei testi (anche se ne ha scritti di splendidi, da “Napul’è” a “Quando”), conviveva di tutto: il blues – l’amore più grande – e il jazz, il funky e il rock. Ma anche, e talora soprattutto, la tradizione mediterranea e campana. Chitarrista sopraffino, ha piegato i virtuosismi al desiderio di una musica divenuta col tempo sempre più pop. Ha collaborato con quasi tutte le star italiane, da Baglioni a Jovanotti, da Giorgia a Gigi D’Alessio, da Ramazzotti a Ligabue. Fino a De Gregori, Ron e Fiorella Mannoia, con cui si impegnò in un fortunato tour nel 2002. Gli anni del grande successo sono stati i Novanta: 800mila copie con “Non calpestare i fiori del deserto”, 900mila con “Dimmi cosa succede sulla Terra”. Album che gli garantirono il plauso definitivo del grande pubblico, che ha avuto modo di apprezzarlo anche su RaiUno la notte di Capodanno in concerto da Courmayer, ma che lo fecero apparire troppo commerciale agli occhi dei tanti che lo avevano amato a cavallo tra Settanta e Ottanta. Il suo periodo d’oro, quanto a creatività: “Terra mia”, “Pino Daniele”, “Nero a metà” (ripreso dal vivo lo scorso settembre all’Arena di Verona), troisi_daniele“Vai mo’” e “Bella ‘mbriana”. Pino Daniele ha sempre avuto respiro internazionale e gusto per la mescolanza, inseguendo una contaminazione che non si prendesse troppo sul serio – “Che Dio ti benedica…che fica” – e che non perdesse di vista il Santo Graal della piacevolezza. Se il primo Pino Daniele era intriso di una genialità istintiva, la maturità lo ha visto assecondare il desiderio di intrattenere. I problemi cardiaci, uno dei tanti punti in comune con l’amico Massimo Troisi, hanno parzialmente limitato la sua dimensione naturale, quella live, comunque proseguita fino alla fine. Il particolare timbro di voce, unito alla qualità di chitarrista, lo rendono per certi versi prossimo a un altro cantautore atipico come Ivan Graziani. Umanamente piacevolissimo, sapeva essere feroce nei giudizi. Non solo su Bossi e Bassolino. Una volta incontrò Pierangelo Bertoli e gli disse brutalmente che la sua musica proprio non gli piaceva. Bertoli, un altro che coltivava spigoli e talento, rispose a bruciapelo: “Neanche a me la tua, castrè”. Per quanto cantautore irregolare, sapeva omaggiare chi secondo lui lo meritava. Al Festival Gaber interpretò con originalità “Io e le cose”, brano neanche troppo noto del Signor G. E fu il primo a voler ricordare di sua iniziativa Luigi Tenco durante il Premio che ne porta il nome a Sanremo. Eseguì “Un giorno dopo l’altro” e “Lontano lontano”. Era il 1993. Le eseguì benissimo. (Il Fatto Quotidiano, 6 gennaio 2015)

4 Comments

  1. Pino Daniele è la mia giovinezza, come il tennis, il carosello e tanto altro. Farà parte sempre di me… Ciao Pino.

  2. Adesso che è morto, tutti lo adorano e “simme lazari felici”, ma prima ne ho sentite di tutte, che era un qualunquista, che era un decadente, che era un traditore…Adesso invece, tutti piangono…almeno che la sua morte serva a emendarci dalle invidie e dalle dabbenaggini mentali. E’ vero, l’ultimo Pino sembrava come diluito, tra gli impegni discografici commerciali e il suo cuore matto, ma anche così era grande.

  3. Caro Scanzi, sto per farti un complimento e non è da me. Non ho figli, ma invidio tantissimo la tua mamma. Quando esce, ‘sto romanzo? Non vedo l’ora di leggerlo.

  4. Ho 47 ed ho cresciuto le mie figlie a pane e Pino .
    Oggi hanno 24 e 18 anni e lo conoscono e lo apprezzano .
    Enrica

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