Mercoledì scorso sono tornato da Collecapretta, per salutare i proprietari e far scorta di uno dei bianchi italiani che più preferisco, il Vigna Vecchia. Al pomeriggio, con Arnaldo Rossi della Taverna Pane e Vino, sono stato da Tunia. E’ un’azienda giovane, sorta nel 2008, che fa parte di VinNatur sin dalla sua nascita. I vigneti sono a Civitella in Val di Chiana, provincia di Arezzo. Le anime dell’azienda sono due ragazze, entrambe non aretine, l’enologa Francesca Di Benedetto e Chiara Innocenti (che si occupa degli aspetti commerciali). Sono giovani e appassionate. Il terzo socio è Andrea Di Benedetto, fratello di Francesca, che segue l’aspetto finanziario e che ha scelto anche il tipo di bottiglia (un po’ fighetta) da utilizzare.
Dopo avere visitato i vigneti, abbiamo degustato i tre vini prodotti nella casa poco distante di Francesca (l’azienda non è ancora pronta per accogliere gli ospiti, ma lo sarà). Tunia è un’azienda già meritevole e con ancora ampi margini di miglioramento. Arnaldo sostiene che ci sia una sorta di piccola discrepanza tra la evidente inclinazione alla naturalità dei prodotti e un apparente aspetto modaiolo di bottiglie, etichette, nomi e brochure. I vini migliorano di annata in annata e vanno aspettati, infatti adesso sono in commercio la vendemmia 2012 (bianco) e 2009 (rossi). Il Chiarofiore è l’unico bianco prodotto al momento (ma Francesca sta provando parallelamente l’efficacia di alcuni rifermentati in bottiglia). E’ un orange wine, tre quarti Trebbiano e un quarto Vermentino, figlio di 4 diverse vendemmie che vanno da agosto a novembre. Di queste quattro, una è anticipata per dare freschezza e una (3%) tardiva per conferire morbidezza e un accenno di botrite. Lieviti autoctoni, macerazione di media durata, poi affinamento in acciaio su fecce fini (12 mesi) e bottiglia (6 mesi). Mi ha convinto in parte, perché mi è parso in difetto di freschezza e dunque di bevibilità. Temo che possa dipendere proprio da quel 3% di vendemmia tardiva, che però aiuta a vendere meglio il vino (rendendolo un po’ più piacione e vagamente “dolcino”). Questo lo rende inadatto a essere bevuto da solo, mentre la sua spiccata originalità – non manca certo di carattere – fa sì che si presti a molti abbinamenti anche impegnativi (erborinati, foie gras eccetera). Il vino che ho preferito è il Chiassobuio (2009), uno dei Sangiovese toscani più ispirati e meno finti. Non è in purezza, ci sono anche una piccolissima percentuale di Colorino e Canaiolo, come si soleva fare nella zona. Le vigne risalgono ai primi anni Settanta. E’ un Sangiovese fresco e per nulla carico, dai tannini non invadenti, bevibile e felicemente elegante. Chiude la produzione il Cantomoro, di cui ho degustato l’annata 2009: Cabernet Sauvignon in purezza. Non raggiunge i livelli del Bricco Appiani di Roddolo, ma rispetta senz’altro la tipicità del varietale ed è anch’esso riuscito. Tunia è una realtà da seguire,: le potenzialità ci sono, l’approccio è quello giusto e la crescita di stagione in stagione giustifica tanto l’entusiasmo delle proprietarie quanto l’ottimismo di chi già è loro cliente.