Quando penso alla passione, mi viene spesso in mente Gianni Capovilla.
Dal suo piccolo avamposto di Rosà, nel vicentino, ha creato la sua Macondo di distillati preziosi. Grappe, Brandy, distillati di uve e mille altri frutti, rhum e Bierbrand (distillato di birra). L’ho conosciuto tre anni fa, durante una presentazione de Il vino degli altri alla Libreria di Palazzo Roberti a Bassano del Grappa. A inizio marzo 2014, durante il mio mese di Ramadan alcolico, ho resistito non so come ai suoi inviti a degustare i distillati direttamente dai serbatoi. Quel giorno c’era anche Josko Gravner, che apriva vini incredibili. Non so davvero come abbia fatto a non cedere alla tentazione (prima foto).
Per il mio 40esimo compleanno, due settimane fa, sono tornato a trovarlo. Stavolta con licenza di assaggio. La sera prima avevamo messo in scena Le cattive strade a Oderzo, la sera stessa lo spettacolo era in programma al Creberg di Bergamo. Vittorio detto “Gianni” ha aperto di tutto. Non solo i suoi distillati. Ricordo distintamente la progressione dei vini: Champagne Brut Blanc de Blancs Vincent Bliard (con uve in gran parte del 1997), l’Ottocento Bijelo 2007 (bianco macerato croato) e una commovente Coulée de Serrant 2006. Gli strani casi della vita hanno fatto sì che il mio compagno di viaggio a teatro, Giulio Casale, sia genero di Capovilla. Questo ha ulteriormente facilitato i rapporti con il Maestro.
La visita alla sua piccola azienda non va mancata, è un viaggio anzi che consiglio a tutti: per la competenza appassionata con cui Capovilla illustra il suo lavoro e per la qualità di distillati e rum. Si arrampica tra un serbatoio e l’altro (seconda foto) e si apre un mondo. Capovilla potrebbe parlare ore ed ore di quel tipo specifico di distillato di albicocche del Vesuvio, oppure di pesche Saturno marchigiane, di Sorbo dell’Uccellatore o ancora di susine Mirabelle. La tipicità di ogni frutto è nitida, al naso e al gusto. Ottimo – e premiatissimo – anche il rhum Liberation. La produzione di Capovilla è fatalmente limitata: agire diversamente significherebbe precludersi quei livelli qualitativi.
Dietro ogni bottiglia ci sono anni di ricerca, storie e sperimentazioni. L’Italia è un paese allo stremo delle forze, e proprio per questo è ancor più
incredibile che continuino a resistere questi focolai – neanche troppo isolati – di smisurato talento.