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Triple A Velier: un dibattito

sabato, Giugno 11th, 2011

Come era facilmente prevedibile, l’articolo su Triple A Live Velier, uscito mercoledì sul Fatto Quotidiano, ha suscitato reazioni. Talora stizzite.
Pubblico qui la lettera ricevuta dalla produttrice Arianna Occhipinti, presente alla manifestazione. Di seguito, la mia risposta.

“Ultimamente sempre meno rispondo o scrivo, alle tante cose che si dicono intorno al mondo del vino, di leggerle però quando ho tempo mi fa sempre piacere. E quindi Andrea grazie, perché mi hai dato uno spunto di riflessione. L’articolo mi è piaciuto!
Mi fa…ci fa piacere divorare critiche, osservazioni e complimenti, ci fa piacere pensare che intorno al nostro lavoro ci sia un gran da fare di scrittori e critici, della prima e dell’ultima ora, ci fa piacere e sorridiamo a tutto. E io non posso non sorridere di fronte ad alcune cose scritte, non posso non soffermarmi, anche se oggi tra sole e vento e qualche pioggia, i vigneti ci chiamano.
Triple A live, nasce da un desiderio di tutti, di Elena Pantaleoni, di Luca, di Paolo, di giocare e divertirci, di lavorare e assaggiare le cose insieme con i clienti, di confrontarci ed essere criticati ed ha subito avuto il consenso di tutti. Clienti, produttori, amici. Dopo anni, è vero! di manifestazioni, su manifestazioni, sul vino naturale o presunto abbiamo deciso di fare una festa e voi siete stati invitati. PUNTO
Le prime tre ore di degustazione prima delle 17, quando sono cominciati i momenti con i produttori, sono state utili per tutti, per conoscerci, assaggiare, discutere, barrique o non barrique, chi se ne frega! Non ci penso più a queste cose. PUNTO.
Dopo, Luca, che ti assicuro non fa retorica o setta, ma ha solo il pregio di saper parlare e lavorare divertendosi; (se così non fosse, non si troverebbe tra le mani un azienda bella come la Velier, che ha bisogno di una grande forza continua e di innovazione giornaliera per andare avanti. E chi nel mondo ha fatto retorica, ha sempre stufato velocemente, Luca no, è in piedi da 25 anni con l’azienda e non ha smesso di divertirsi) ecco mi sento solo di dire che è stato bravo a tenere alta la tensione, come in questi casi bisogna fare, per presentare tutti quanti i produttori. PUNTO. Per me era solo questo. Ricco o meno, chi se ne frega!
Le sette sono gruppi chiusi, nascosti nelle loro idee, noi le nostre, le portiamo avanti a testa alta, libere come il vento.
Felici di poter essere condivise da più gente possibile, felici di bere una bottiglia e un’altra ancora di buon vino, ovunque c’è voglia e desiderio, di fare buon vino, ovunque sia ha la forza di rispettare il nostro territorio.
Se dietro gli ultimi anni di “vino naturale” e dopo la fine degli anni novanta del “vino omologato”, (giusto per usare le ennesime parole trite e ritrite) vedete un’altra moda, del biologico, biodinamico, vuol dire che non ci avete visto bene e vi soffermate solo al superficiale. A noi, e lo dico una volta per tutti e per sempre, non interessa un bel nulla di codificarci, di tagliare fuori produttori, di metterci nel primo gradino della scala. Noi, non siamo “semidei”, non vogliamo esserlo, non lo saremo mai. NOI SIAMO AGRICOLTORI, FACCIAMO VINO. PUNTO.
Io in Sicilia, gli altri ovunque e bene, se c’è un territorio che può esprimersi dentro un bicchiere. Non vogliamo polemiche, non odiamo il Vinitaly, vorremmo essere tutti quanti insieme a tutti perché il confronto è quello che mi anima, è quello che ci anima, grandi piccoli, produttori e clienti.
Attenzione a non fare confusione, attenzione a non addossarci parole o concetti, che sono state create invece dall’idea degli altri si, attenzione a non scivolare nelle parole e rimanerne intrappolati. A me piacciono i fatti, se il vino è buono o no, e se lo è , voglio sapere come è fatto, dove, da chi, quando e perché. PUNTO.
Il resto è noia.
Gli ultimi sono andati via verso le 4 di notte, cantando le canzoni di Barotti , con lui e la sua chitarra. Non vi pare che il vino debba essere anche questo? Rocco, che sempre scodinzola, come tutti i cani felici e che stanno bene, l’ho visto prima di andare a letto, mi sembrava contento.. io lo ero pure…” (Arianna Occhipinti).

“Noto che questo articolo ha intimamente infastidito qualche produttore. Come facilmente prevedibile.
Prima di tutto, vorrei ricordare a qualche vigneron caduto dal pero, oltre che dalla vigna, che di vino naturale parlo da almeno quattro anni. E non nelle riviste settoriali che vendono tre copie (e infatti chiudono), o nei blog del sottobosco e sottovigna, ma in contesti popolari: Mondadori, La Stampa, Il Fatto.
Credo di avere contribuito – e ne vado fiero – ad aver fatto conoscere il mondo del vino naturale, estremamente meritorio (come ribadito nell’articolo, se lo si sa leggere), a molti consumatori occasionali e non necessariamente esperti. Se l’obiettivo del vinoverista è quello di parlarsi addosso, cantarsela e suonarsela, va benissimo l’autoreferenzialità: credo, però, che questo mondo – e questi produttori – meritino di più.
Bevo, ormai e in gran parte, vino naturale. Non perché fa figo, ma perché è sano e spesso buono: “spesso”, non sempre. Se il vino vero è sano, ma non emoziona o è addirittura difettato, tanto vale bere l’acqua. Un vino vero deve essere sano e buono. Non solo sano o solo buono.
Esistono molti fans, e molti produttori, a cui bastano le stimmate della naturalità per gridare al miracolo. Non ne faccio parte: se non usi solforosa e barrique nuove, ma produci un vino sciapo o col naso delle Terme di Saturnia, lo bevi tu.
Sono stato a Cerea, a Villa Favorita, al Columbus di Roma; andrò a Fornovo e Terre di Vite. Conosco quasi tutti i produttori. Molti li ho intervistati. Ritengo alcuni di loro dei geni autentici. In nessun altro caso avevo riscontrato quello che potrei definire bonariamente, ancor più dopo aver degustato la sua missiva fieramente biliosa, “eccesso di fanatismo”.
La giornata di Triple A Live è stata bella, divertente, viva. Ad avercene. Infatti l’articolo è affettuoso, per quanto ironico. Il lavoro di Velier è stimabile, encomiabile, meritorio: per molti aspetti lungimirante. Non lo scrivo adesso, ma dai tempi di Elogio dell’invecchiamento. Non sono, però, né l’addetto stampa di Velier, né un feticista adoratore della nicchia. Scrivo quello che vedo, leggo e sento: fedelmente. Anche se poi, a qualche produttore, nel rileggere quanto hanno detto o fatto, montano imbarazzo e rabbia. Ed è a quel punto che, per ripicca, scrivono lettere che vorrebbero essere autoassolutorie ma hanno l’unico effetto autolesionistico di far venire quasi (quasi) voglia di bere solo Supertuscans.
I fatti riportati nell’articolo sono veri. Virgolettati compresi. Dal primo all’ultimo. E potevo metterne altri, ad esempio quando sul palco dopo cena è salita parte della nomenklatura (uh?) di Velier, alticcia come Bukowski e ormai incapace di reggersi in piedi – infatti cadeva. Non un gran momento. PUNTO (cit).
Non ho mai scritto che Velier è una setta. Ho scritto che, a volte, certi atteggiamenti e certi frasi la ricordavano. Vorrei ricordare ai produttori, e in particolare alla gentile Occhipinti, che esiste una differenza tra stima e piaggeria. Come ne esiste tra l’essere carismatici e l’essere a rischio ridicolo (lo stage diving lasciamolo a Bono Vox). PUNTO (cit).
Non ho mai scritto che siete semidei. Ho scritto che alcuni si rapportano a voi così. E, a giudicare da certe reazioni, un po’ vi sentite tali. Come il rocker che suona cover astruse nel garage e se la tira giù più di Frank Zappa. PUNTO (cit).
L’articolo, che riscriverei identico e che – se non mi sono distratto – è il primo o secondo caso di pagina intera dedicata al vino naturale in una pubblicazione che superi la tiratura di un ciclostile parrocchiale, non parlava solo di Triple A Live ma intendeva dare al lettore – che magari ignora l’esistenza di Bera, Radikon o Calabretta – un piccolo excursus di cosa sia e perché sia nato il vino naturale. Da qui alcuni accenni alla genesi del movimento. PUNTO (cit).
Un’ultima cosa. E qui mi rivolgo direttamente alla gentile Occhipinti (a cui l’articolo “è piaciuto”: menomale. In caso contrario, verrebbe quasi da pensare che per rappresaglia usava le mie labrador come compost). Se si partecipa a un evento, e si deve parlare al microfono, e si deve poi – perfino e financo – servire vino agli appassionati, occorre: a) ricordarsi che l’evento è pubblico, non una festa intima tra amici; b) fornire, oltre al vino, un po’ di educazione. Accogliere OGNI VOLTA (le maiuscole sono un tributo alla gentile Occhipinti) l’appassionato con un supponente stizzito “bianco o rosso?”, neanche fossimo alla mescita della Sagra della Nana di Montagnano, è dozzinale e svilente.
Tutto il resto è noia (cit).
Que Viva Rocco”. (Andrea Scanzi)