Non sai come perdere? Assolda Jim Messina

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Un bel giorno, un uomo apparve al mondo per indicarci la via della vittoria. Il suo nome era Jim Messina. A prima vista, guardandolo, non è che sembrasse proprio un genio. Poi lo ascoltavi e ne avevi conferma. Nasce a Denver nel 1969. Gli inizi sono all’insegna di un talento inesausto nonché crasso. A 24 anni cura la rielezione del senatore democratico Dan Kemmis. Due anni dopo fa lo stesso con il senatore democratico Max Baucus. Dopo altri trionfi si palesa l’apoteosi: gestisce la campagna elettorale di Barack Obama e “cambia la comunicazione politica” (sic). Si ripete nel 2012. Nel frattempo, per due anni, è stato vice capo di gabinetto della Casa Bianca. E’ celebrato come il migliore spin doctor del mondo e nulla lo può fermare. Tranne se stesso. Renzi dice ai suoi pretoriani, pesci piccoli tipo Nicodemo o Sensi, di ispirarsi a Messina per lo storytelling baricco-farinettiano. Loro non solo lo fanno ma lo anticipano pure, perché sbagliano tutto ispirando quindi a Jim le linea guida della sua nuova carriera: quella di affossatore efferato. La prima vittima è Mariano Rajoy. Nel 2015 Messina ne cura la campagna elettorale. Rajoy vince, ma perde. Non ha la maggioranza assoluta e non può governare da solo. Rajoy pensa: “Va be’, è un caso”. E conferma Messina. Che, puntuale come una condanna, gli garantisce nel giugno 2016 un’analoga non-vittoria. La seconda vittima è David Cameron: “La Brexit è solo una formalità”, si dice. E se lo dice pure Beppe Severgnini. Infatti: il referendum è una Waterloo e Cameron viene zimbellato anche dalla serva. Tutti, a quel punto, avrebbero messo sotto contratto chiunque tranne Messina. Tutti tranne Renzi, ovviamente. Prima gli fa curare la campagna di alcune delle amministrazioni locali per le elezioni dell’estate 2016. I risultati si tingono di leggenda. Poi arriva l’epifania del 4 dicembre. Messina ha tre grandi idee. Uno: dire che se vince il no moriremo tutti. Due: dire a Renzi di togliere la bandiera dell’Unione Europea per fingersi Salvini. Tre: dire a Renzi&Boschi di non farsi vedere in giro mai, altrimenti vincerà il no. Sfortunatamente per Messina, ma fortunatamente per l’Italia, i due diversamente statisti toscani lo seguono solo nelle prime due indicazioni. E il 4 dicembre è una mattanza, peraltro al modico prezzo di 400mila euro. Cifra mai confermata, ma neanche mai smentita. Quindi, magari, a Jim hanno persino dato più soldi. Vamos. Messina è ormai incontenibile, infatti ha già ucciso anche la Clinton, riuscita nell’impresa apparentemente impossibile di perdere con quella caricatura vivente chiamata Trump. Manca la ciliegina sulla torta, ed ecco all’orizzonte l’ultimo caduto: la simpatica Theresa May, che si inventa le elezioni anticipate perché Cerasa e Andrea Romano le hanno garantito che contro Corbyn vincerebbe chiunque. Anche Gozi in ciabatte. Così la May scrittura l’unico uomo che può garantirle la gogna indicibile. Profetico il titolo del 26 aprile de Linkiesta: “Theresa May assolda Jim Messina, e tutti capiscono che non vuole più vincere. Il guru americano da anni non ne azzecca una. L’ultima sua avventura lo ha visto impegnato a fianco di Matteo Renzi sul fronte del Sì. Tutti sanno come è andata. È difficile perdere contro Corbyn, ma niente è impossibile”. La sintesi è persino benevola: la May vince ma non vince, non ha la maggioranza assoluta e per andare al governo sta elemosinando l’appoggio di Drupi, i Nobraino e il Ciggiano Calcio.
Da allora del prode Jim non si ha più traccia. Pare però che voglia riciclarsi come ufficio stampa di Alfano per condurlo al Quirinale: si sogna.
(Il Fatto Quotidiano, 13 giugno 2017, rubrica Identikit)

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