“Con il no, l’Italia ha voluto alzare la testa”

schermata-2016-12-13-alle-18-15-29Il balletto postato in Facebook in cui Andrea Scanzi festeggia la vittoria del no è diventato virale. La stessa performance ci sarà in Il sogno di un’Italia. 1984/2004 vent’anni senza andare mai a tempo, che martedì 13 e mercoledì 14 dicembre aprirà la stagione di prosa del Ponchielli?
“Non mi sarei mai aspettato tanto clamore. Comunque c’è un momento in cui sono sullo sfondo e ballo, mentre Giulio Casale canta Viva l’Italia”.
Nessun aggiornamento rispetto al recente esito del referendum?
“Io e Giulio abbiamo definito con precisione il periodo di tempo che prendiamo in esame per evitare sconfinamenti nella cronaca. Ma sul finale, quando riprendo la citazione di Mario Monicelli sulla speranza come trappola, la vittoria del no potrebbe starci”.
In che senso?
“Il fatto di sperare in un futuro migliore, in una soluzione possibile che non dipenda da noi ha da sempre caratterizzato il nostro paese. Con il no gli italiani sembrano aver alzato la testa”.
Il suo spettacolo è dedicato alla sua generazione, la stessa del rottamatore Matteo Renzi… Una bella disfatta per i quarantenni.
“Ma Matteo Renzi non è mai stato un rottamatore, è l’esatto contrario”.
Eppure si è presentato così.
“Da toscano come lui, posso dire che Renzi è quello che si potrebbe definire un bulletto di provincia. Si è presentato come l’anti casta, il rinnovatore, e alla fine si è rivelato una sorta di Gattopardo 2.0. Si è circondato di persone vecchie, non anagraficamente, ma nel pensiero. Gli italiani l’hanno capito e hanno votato no. Eppure Matteo Renzi un primato ce l’ha”.
Quale?
“E’ riuscito in tre anni a bruciarsi tutta la simpatia che aveva suscitato. Silvio Berlusconi ci ha impiegato vent’anni”.
Eppure considera il suo 40 per cento di sì un successo personale.
“Un’altra miopia, quel 40 per cento non è unitario come crede, è frutto di più voci e diverse posizioni. Ne’ più ne’ meno come il 60 per cento del no”.
Renzi è il frutto del ventennio di cui parla in Il sogno di un’Italia?
“Renzi è l’ultimo tassello di un processo iniziato vent’anni fa e precisamente nel 1984 con la morte di Berlinguer, quando si smise di dire noi per cominciare a fare una politica con protagonista l’Io. Basti pensare a Craxi prima e poi a Berlusconi…”.
Anni dell’edonismo reganiano prima, poi tangentopoli e la nascita della seconda Repubblica…
“E la strage di Capaci, l’attentato a Paolo Borsellino. Mi ricordo che dopo l’uccisione di Falcone e Borsellino, Antonino Caponnetto cominciò un tour nelle scuole italiane. Venne anche ad Arezzo. Quell’incontro fu folgorante, io e i miei compagni uscimmo con la convinzione di poter cambiare il mondo e poi alla nostra prima votazione ci trovammo Berlusconi. Da qui la discesa, abbiamo assistito e sopportato di tutto, il decadimento della politica”.
Perché nessuno ha reagito?
“Il popolo italiano è l’unico a non aver mai fatto una vera rivoluzione… Mugugniamo, ci lamentiamo ma poi buttiamo giù tutto, sopportiamo l’insopportabile. Se penso al decennio 1994/2004, lasciando stare il G8 che fa storia sé, l’unico moto di protesta furono i girotondi… ma con che effetto?”
Per questo legge il no di domenica come un alzare la testa?
“Chi ha detto no sono stati anzitutto gli under 35. Il sì ha pescato fra gli over sessanta… Questo dovrebbe far pensare”.
Che cosa vuole suscitare con Il sogno di un’Italia?
“Un po’ di indignazione e una comune presa di coscienza del nostro folle sopportar tutto”.

(La Provincia di Cremona, Nicola Arrigoni)

2 Comments

  1. mi permetto sommessamente di ricordare un uomo colto, che mezzo secolo fa descrisse il dramma italiano di oggi e forse di domani.

    Mi domando che madri avete avuto.
    Se ora vi vedessero al lavoro
    in un mondo a loro sconosciuto,
    presi in un giro mai compiuto
    d’esperienze così diverse dalle loro,
    che sguardo avrebbero negli occhi?
    Se fossero lì, mentre voi scrivete
    il vostro pezzo, conformisti e barocchi,
    o lo passate, a redattori rotti
    a ogni compromesso, capirebbero chi siete?

    Madri vili, con nel viso il timore
    antico, quello che come un male
    deforma i lineamenti in un biancore
    che li annebbia, li allontana dal cuore,
    li chiude nel vecchio rifiuto morale.
    Madri vili, poverine, preoccupate
    che i figli conoscano la viltà
    per chiedere un posto, per essere pratici,
    per non offendere anime privilegiate,
    per difendersi da ogni pietà.

    Madri mediocri, che hanno imparato
    con umiltà di bambine, di noi,
    un unico, nudo significato,
    con anime in cui il mondo è dannato
    a non dare né dolore né gioia.
    Madri mediocri, che non hanno avuto
    per voi mai una parola d’amore,
    se non d’un amore sordidamente muto
    di bestia, e in esso v’hanno cresciuto,
    impotenti ai reali richiami del cuore.

    Madri servili, abituate da secoli
    a chinare senza amore la testa,
    a trasmettere al loro feto
    l’antico, vergognoso segreto
    d’accontentarsi dei resti della festa.
    Madri servili, che vi hanno insegnato
    come il servo può essere felice
    odiando chi è, come lui, legato,
    come può essere, tradendo, beato,
    e sicuro, facendo ciò che non dice.

    Madri feroci, intente a difendere
    quel poco che, borghesi, possiedono,
    la normalità e lo stipendio,
    quasi con rabbia di chi si vendichi
    o sia stretto da un assurdo assedio.
    Madri feroci, che vi hanno detto:
    Sopravvivete! Pensate a voi!
    Non provate mai pietà o rispetto
    per nessuno, covate nel petto
    la vostra integrità di avvoltoi!

    Ecco, vili, mediocri, servi,
    feroci, le vostre povere madri!
    Che non hanno vergogna a sapervi
    – nel vostro odio – addirittura superbi,
    se non è questa che una valle di lacrime.
    E’ così che vi appartiene questo mondo:
    fatti fratelli nelle opposte passioni,
    o le patrie nemiche, dal rifiuto profondo
    a essere diversi: a rispondere
    del selvaggio dolore di esser uomini.

  2. Buongiorno Andrea, ieri sera ho avuto il piacere di vedervi a Cremona. Complimenti e grazie (in particolare) per avere ricordato Caponnetto e Genova 2001. Avanti così!

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