Fognini, Seppi, Bolelli: è vera gloria

seppiNon ho mai guardato granché alla nazionalità negli sport. Men che meno in quelli individuali. Sfido chiunque, del resto, ad avere amato più Patrese di Piquet o Gianni Ocleppo di John McEnroe. I miei idoli, nel tennis, sono stati Edberg, McEnroe, Cash, Leconte, Noah, Korda, Rafter, Ivanisevic, Kuerten. Gli unici italiani che ho amato davvero sono stati Canè e Camporese. Anche adesso, tra i miei pupilli autentici, ci sono Kyrgios, Tsonga, (quel che resta di) Gasquet, (quel pazzo di) Janowicz, (quell’umorale di) Dolgopolov, Gilles Muller, Stakhovskiy. Gente così, quasi sempre figlia di dèi minori e quasi mai italiana.
L’Italtennis maschile aspetta da più di 30 anni un top ten. Non nasce dai tempi di Adriano Panatta e Barazzutti. In questi anni abbiamo avuto, al massimo, qualche top 30 (Volandri, Starace), qualche top 20 (Camporese, Gaudenzi, Furlan, Seppi) e un top 15 (Fognini). E’ però innegabile che, negli ultimi anni, qualcosa sia cambiato e migliorato. Basta anche solo mettere in fila i risultati di questo inizio 2015: Seppi che batte Federer a Melbourne, Bolelli che batte Raonic a Marsiglia, Fognini che batte Nadal a Rio. E poi ancora Bolelli e Fognini che vincono in doppio gli Australian Open.
Per chi non li ha mai visti, breve descrizione dei tre. Andreas Seppi (best ranking 18) è uno dei giocatori più ripetitivi e noiosi degli ultimi 147 anni, ed è usato anche in medicina per aiutare gli insonni, ma ha davvero tratto il massimo da mezzi non certo illimitati. Bravissima persona, è il classico esempio di abnegazione (cit). Negli ultimi tempi è diventato anche un po’ meno addormentante: con Federer, per esempio, è stato sublime. Simone Bolelli (best ranking 36), per talento ed eleganza, sarebbe il bolellimigliore dei tre. Un giocatore d’altri tempi. Sulle superfici veloci, se sta bene e crede in se stesso, merita tutta la vita i primi 30. Purtroppo tende a smarrirsi, non brilla in grinta e “scioglie” puntualmente nei momenti chiave. Resta Fognini, che definii in tempi sospetti “il Balotelli del tennis”. Simpatico fuori dal campo, lo è molto meno in campo. Questo gli ha inimicato i feticisti del politicamente corretto e gli appassionati del presepe tennistico. Fognini è stato 13 al mondo: la migliore classifica di un italiano dai tempi di Panatta. In campo è in grado di distruggere tutto quel che crea, e lo fa spesso con una maleducazione assoluta, ma il punto è: chi se ne frega? Capisco la rabbia per Balotelli, uno che gioca in uno sport collettivo e dunque – se rema contro – non danneggia solo se stesso ma tutta la squadra. Non è il caso di Fognini: il quale, Davis a parte, quando sbaglia fa male solo a se stesso. Fognini non è un esempio, un modello, un maestro di virtù: è un tennista. Un tennista tipicamente italiano, pazzo e umorale, alla Cané. Chi lo odia dice che è un sopravvalutato, che pensa più alle donne che agli allenamenti (digli scemo) e che ha costruito la sua classifica solo in tornei minori; ora che ha vinto con fogniniNadal (sulla terra battuta), replicheranno senz’altro che il maiorchino si è infortunato sul 5-5 del terzo set e che ormai anche Nadal non è più quello di una volta. Tutte cose vere, ma solo in parte: Nadal non lo batti mai per caso, non certo sulla terra battuta, e Fognini – sulla terra – vale i primi 10. Purtroppo li vale solo quando gli gira: un anno fa, da maggio in poi, ha buttato via tabelloni “facili” e forse irripetibili che gli avrebbero permesso di entrare nei top ten. Restano, però, il suo talento e la sua follia che, se ben convogliata, equivale a genio e bellezza. Quanto al suo essere “maleducato”, lo erano anche McEnroe e Connors: chi se ne frega. Chi confonde il tennis col presepe, può sempre guardarsi la registrazione di Bruguera-Berasategui. Nel tennis il “maleducato” serve eccome, altrimenti sai che palle se tutti fossero come Seppi o Bautista Agut. Il punto, casomai, è potersi “permettere” quella maleducazione. Ed è qui, nei risultati, che Fognini deve lavorare: per capirsi, vincere stasera in finale con Ferrer avrebbe un peso ancora maggiore rispetto all’impresa (vera) con Nadal, perché significherebbe non essersi fermato all’exploit – come spesso capita all’Italtennis – ma avere ormai una dimensione continuativa da giocatore di vertice.
Tre tennisti così, comunque, l’Italia non li vedeva – intendo contemporaneamente – da decenni.

(A proposito di tennis. Oggi, ore 17, sarò con Luca Vanni al Carnevale di Foiano. Alle ore 17 la sua cittadina in Valdichiana gli regalerà un abbraccio per l’exploit di due settimane fa a Sao Paolo e il best ranking di 108 al mondo. Sul palco, anzi sulla terrazza, lo introdurrò io. Vi aspettiamo).

One comment

  1. Tutto condivisibile, ma anche no.
    Nell’individuale è così che funziona, non si discute. I risultati nel tennis dovrebbero parlare da soli. Tuttavia io, pur non essendo un amante del presepe, non sopporto proprio le esternazioni da maleducato (che non si deve confondere con grinta e determinazione come NON fa l’autore dell’articolo) di alcuni talenti o presunti tali. La maleducazione, personalmente, non la perdono a nessuno, meno ancora a chi ha avuto il talento come dono naturale e lo propone male. McEnroe era geniale, nel senso letterale e scientifico del termine se ne esiste uno. Però era un gran maleducato che non doveva assolutamente essere da esempio. Anch’io mi sono goduto i suoi colpi eppure, pur essendo più vicino al suo tennis che a quello di Borg, non facevo tifo per lui e non gioivo dei suoi spettacolini. A mio avviso non erano quei siparietti che rendevano godibili le sue partite, ma i suoi colpi straordinari. Così dicasi per il decennio successivo quando si affacciò proprio quel Stefan Edberg, svedese per antonomasia quanto a comportamento in campo ma completamente atipico nel suo tennis, il quale Edberg ci mise parecchi anni prima di convincere tutti che non era un giocatore privo di carattere perchè non spaccava racchette o non protestava su ogni punto.
    In questi tempi gli hanno intitolato il premio annuale per la sportività.
    Può darsi che sia una questione di scelte o una questione, talvolta, come nel caso di Agassi (a me non lo toglie nessuno dalla testa) un caso di marketing studiato a tavolino dagli esperti della pubblicità.
    Nel caso degli italiani dal dopo Panatta purtroppo ci sono stati più casi sporadici o poco duraturi che reali. Camporese e Fognini, a mio avviso, sono gli unici di vero e puro talento. Camporese, tra guai fisici e testa non proprio pronta per un top ten, è durato poco, ma parliamoci chiaro: il suo potenziale diceva che poteva stare fra i primi cinque, anche perchè preferiva i campi veloci alla noiosa terra rossa. Fognini, viceversa, sembra più a suo agio sul rosso, tuttavia gioca bene anche sul cemento ed in Australia ha sempre fatto la sua figura.
    E poi c’è la federazione.
    Finchè si continuerà ad osannare un passaggio di turno in Davis come se fosse una semifinale del mondiale di calcio, il tennis non avrà futuro in Italia.
    Di questo ne sono convinto.
    Diego Nargiso, indubbiamente un altro talento, ci ha basato la sua intera carriera sui doppi giocati in Davis.

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