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Il magico mondo dei torbati

domenica, Ottobre 18th, 2015

ardbeg Questo articolo comincerà con uno sfogo salutare rivolto agli espertoni secondo cui “il vero whisky è senza torba”: ci avete rotto le palle. La torba è meravigliosa: vamos.
Esaurita questa promessa doverosa, e ringraziato una volta di più questo articolo di Suconlavite, vi segnalo i torbati più meritevoli. Provengono tutti – ovviamente – dall’isola scozzese di Islay. Fa parte delle Ebridi Interne: se guardate nella cartina la Scozia, sono le prime che trovate in basso a sinistra. Larga 40 chilometri e lunga 25, più che un’isola, Islay è una distilleria galleggiante. Le distillerie sono otto (dal 2006) e da sole producono ogni anno 25 milioni di bottiglie. Lo stile dei whisky di Islay non c’entra nulla con quello dei single malt di Highland (la zona più ampia, uno dei più noti è l’Oban), Island (Talisker, Isle of Jura), Speyside (Macallan, Glenlivet, Glenfiddich), Lowlands (Glenkinchie) e Campbeltown (dove, una volta, si faceva uso eccome di torba. E qualcuno sta ricominciando. Si pensi al notevole Longrow). I whisky di Islay hanno sentori di alga e iodio, per via della vicinanza delle distillerie al mare. E poi c’è quel sentore affumicato. Tutti, ad Islay, affumicano – chi più e chi meno – chicchi di malto d’orzo bruciando la torba. L’isola ne è ricca. La torba è un composto di resti vegetali, di fatto il primo stadio del carbone.
Ognuno ha i suoi gusti: c’è chi ama la torba accentuata, chi quella appena accennata. Nel mercato esistono decine di bottiglie particolari, figlie del gusto e della sensibilità dei selezionatori (Samaroli, Wilson & Morgan). Farò qui giusto un rapido accenno alle distillerie torbate (di Islay) da provare.
I più torbati.
port ellen
Lagavulin. Molti, come me, lo hanno scoperto leggendo Jean-Claude Izzo e il suo Fabio Montale. Di solito è l’entry level dei torbati, anche attraverso la bottiglia “base” che si trova al supermercato. Poi la si abbandona, cercando whisky più eleganti. Ma resta sempre un bel bere.
Caol Ila. E’ ritenuto da molti il più elegante tra i whisly “molto torbati”. Una sorta di sontuosa via di mezzo tra il troppo e il poco. Ottimo, ma non sono mai riuscito a metterlo al primo e neanche al secondo posto.
Laphroaig. Torbatissimo. O lo ami o lo detesti. La versione “base”, che si trova in ogni bar e supermercato, francamente non fa impazzire, ma salendo di livello – e avendo voglia di cercare – si trovano meraviglie. Durante il Proibizionismo era l’unico whisky non vietato, perché – per via della molta torba – i produttori potevano farlo passare come alcol medicinale.
Ardbeg. Forse il più torbato di tutti. Persino più di Lagavulin e Laphroaig. Ha sofferto varie vicissitudini finanziarie. Fondata nel 1815 e ciclicamente in crisi, nel 1997 è stata acquistata dalla Glenmorangie. Ne esistono vari tipi, come lo Uigeadail, invecchiato nelle botti di Sherry, e il Corryvreckan. Chi ama la torba non può non amarlo, anche se i puristi lo ritengono ormai troppo “commerciale” e un po’ imbastardito rispetto agli inizi.
Ileach. Bottiglia misteriosa, che ogni tanto incontrerete in qualche ristorante. Non è un blended malt: è proprio un Single Malt Peated di Islay. Solo che la distilleria non è dichiarata. Per forza: non esiste. O meglio, esiste, solo che non ci vogliono dire quale sia. Per un po’ si è pensato che l’Ileach Single Malt fosse un Lagavulin giovane (5 anni). Adesso che il Lagavulin non ha più botti da dare agli altri, il dubbio si ripropone: chi c’è dietro l’Ileach? Forse giovani partite di Laphroaig, forse di Caol Ila. In ogni caso, è un bel bere. (Un altro Single Malt misterioso di Islay è lo Smokehead. Anche questo non è un blended malt, ma proprio un Single Malt. E’ ritenuto una sorta di cugino minore del Lagavulin. Mai provato, ma ha buone recensioni e non costa un mutuo. Idem per il Peat’s Beast).
ileachPort Ellen. Distilleria mirabile, però con un grande difetto: è fallita e ha chiuso nel 1983. Fino a pochi anni fa si trovavano ancora tante bottiglie, considerata la grande quantità di merce da smaltire, ma sta diventando sempre più raro. Se non altro, la sua Malthouse continua a fornire malto alle altre distillerie locali. Insieme a certe tipologie Ardbeg, e forse anche di più, il Port Ellen è uno dei Single Malt di Islay che meglio si presta all’invecchiamento. Uno spettacolo.
I medio torbati.
Bowmore. Nata nel 1779, è la più antica distilleria di Islay. Oggi è anche una delle più moderne e turistiche. Mi è sempre sembrata né carne né pesce ed è forse – all’interno dell’isola – quella che sento meno vicina alle mie corde.
Kilchoman. L’ultima nata (2005) e la più artigianale. L’unica, ad Islay, a fare tutto da sola, dalla coltivazione dell’orzo all’imbottigliamento. Mai troppo torbata e sempre elegante, per quanto giovane mostra già potenzialità invidiabili.
I poco torbati.
Bruichladdich. Nata a fine 800, chiusa e riaperta nel 2001 da un gruppo di appassionati. Dal 2012 appartiene alla multinazionale Rémy Cointreau. Qualche bottiglia – ne esistono tante, e molto diverse tra loro – saprà stupirvi non poco. Il whisky più torbato dell’azienda si chiama Octomore (grazie ad Andrea Ferrari di Whiskynews.it per la dritta). La Bruichladdich produce anche un gin (The Botanist).
Bunnahabhain. Impronunciabile e ritenuta la meno rappresentativa dello stile di Islay. I suoi whisky sono i meno torbati dell’isola. Ogni tanto però escono delle bottiglie particolari, per esempio la Wilson & Morgan Heavy Peat 1997. Una sorta di “scarto” dell’azienda, che la reputava troppo torbata (appunto: heavy peat) per i suoi canoni. Ecco: ad averne di scarti così.
smokeyBlended Malt Scotch Whisky.
Big Peat. I “blended malt scotch whisky” sono i vecchi “vatted”, parola che non si può più usare. Non sono Single Malt e dunque non provengono da una singola distiilleria. Si tratta di assemblaggi di diversi whisky messi insieme per produrre un gusto particolare. Attenzione a confonderli con i “blended whisky”, che mettono nel calderone anche i dozzinali “Whisky Grain” (vietati nei “blended malt”). Si parla bene del Peat Monster, ma non l’ho provato. Il Big Peat, allo stato attuale, è senz’altro uno dei più ispirati. Fatto con un assemblaggio di Ardbeg, Bowmore, Caol Ila e Port Ellen, è senz’altro torbato ma senza minare l’eleganza e la complessità del prodotto.
Smokey Joe. Molto più torbato del Big Peat. Una sorta di parossismo di torba concentrata, quindi non adatto a tutti. E’ davvero come sorseggiare il mare affumicato.
Buone bevute.