Recensione: Intravino

Ecco la recensione di Intravino, a firma Alessandro Morichetti. Alla fine, qualche mia considerazione.

“Andrea Scanzi è uno dei migliori giornalisti della sua generazione, che è poi la mia. Ha una moglie e due labrador di bellezza esemplare, nelle rispettive categorie. Brillante, eclettico – spazia dal tennis al vino passando per politica, Beppe Grillo, Ivano Fossati e Marco Van Basten – ha uno stile incalzante che non annoia mai. Quale che sia il tema, acchiappa il lettore e ”Il vino degli altri“, edito da Mondadori, bissa il successo del precedente “Elogio dell’invecchiamento“. Vista la drammaticità di certi numeri due è stata una piacevole sorpresa.
Pur giovave, Scanzi ha una maturità invidiabile nel mixare con equilibrio ironia,  già-sentito e momenti toccanti. Se Elogio era una sorta di “manuale del sommelier” frizzante e personale, arricchito dal racconto di 10 vini italiani d’eccellenza, Il vino degli altri è un piacevole viaggio nell’enografia, un Bignami romanzato, ironico, volutamente parziale eppur documentato di denominazioni, terroir e regioni vitivinicole del mondo. Intendiamoci, Scanzi non vuole inventare nulla, racconta zone più o meno note attingendo a piene mani da molteplici fonti: Porthos come la manualistica Ais, le guide ai vini come i consigli di preziosi compagni di viaggio (tra questi, anche i nostri Giulia Graglia per l’Argentina e Andrea Gori per la Spagna). E questo è un merito, sia chiaro. Nell’epoca del “ti cito ma mi fulminassero se lo ammetto”, Andrea Scanzi ricorda con trasporto le sue fonti, le menziona, ne prende spunto e le celebra. La lettura fila dritta come un passante di Ivan Lendl e non disdegna colpi di genio e sregolatezza alla Boris Becker. Personalmente, ho trovato più coinvolgenti i capitoli sul vino italiano e più asettici quelli esterofili. Questioni di sfumature, chiaro.
Tanti i passaggi che meriterebbero la citazione: gli approcci allo Champagne – a. leghista, “quella roba lì se la bevano i francesi”, e a. Abramovich, “sono ricco quindi lo bevo” – il Vangelo secondo Jacques Beaufort (“L’Apocalisse è aprire gli occhi, comprendere che la chimica era il linguaggio del demonio. Io l’ho compreso”), i retroscena della storica puntata di Report, il clamoroso e simpatico autogol che l’autore commette visitando Von Schubert, in Mosella – “Ci ha detto se volevamo sentire qualcosa. Certo, ma non sapevo come dirlo. Così ho detto che volevo sentire tutto tranne i Trocken. Credevo fossero i vini più scadenti. Che coglione”). Il testo letteralmente s’infiamma nei lunghi stralci d’intervista – quasi porthosiani – ad Angiolino Maule, Giampiero Bea, Francesco Valentini. Preziosi.
A cercare il pelo, un pò noioso “Il Bignami del Consumatore Iconoclasta”, evitabile qualche barocchismo da Baricco della barrique (cit.) e qualche scivolone editoriale (conoscete un affermato sommelier di nome Luca Cardini?), ma sono dettagli. Ce ne fosse di gente che parla di vino così, filtrando tutto e aprendo l’obiettivo. Ho letto “Elogio” un paio di volte e ripasserò anche qui per il bis. 18,50 euro ben spesi, altro che pizza e birra. A margine, ineccepibile il marketing 2.0. Anche stavolta un blog accompagna l’uscita del libro, con tanto di strascichi polemici. Forte, carta che rimanda al web e viceversa. Niente da dire, Andrea Scanzi è uno di noi”. (Alessandro Morichetti)

Trovo che questa recensione sia particolarmente ispirata. Anche nelle critiche. Degli strascichi polemici non intenderei più parlare, anche perché la dinamica è adesso chiara a tutti (e per questo attendo ancora scuse da qualche barone sbaronato).
Sono d’accordo: i capitoli italiani sono più appassionanti di quelli esteri. Ma è voluto e lo spiego nella prefazione: i capitoli esteri sono didattico-divulgativi, quelli italiani lirici, quelli di costume alleggerimenti.
Sulla gaffe con Von Schubert ci ho un po’ marciato: mi piace dare l’idea di essere un appassionato che sbaglia, non un espertone. L’autoironia, ancor più nel mondo cattedratico e bacuccone del vino, è necessaria. Salvifica.
Il capitolo sul Bignami Iconoclasta è un divertissement, come lo era quello sui partiti politici dei vitigni in Elogio. Anche in quel caso, fu un capitolo che piacque moltissimo ai lettori comuni (nel senso di non esperti) e ruppe un po’ le palle agli esperti (e Morichetti lo è). Ma io non scrivo su Porthos, non scrivo solo per chi sa a memoria i libri di Samuel Cogliati e i vitigni autoctoni della Loira: io scrivo per un pubblico trasversale. Devo parlare a tutti. E infatti, in radio o in tivù, c’è sempre qualcuno che mi chiede (con entusiasmo) come sia il Vino Muccino e come il Vino Battiato. E’ una cosa che funziona, su un certo pubblico. E a me faceva sorridere l’idea – per dire – di un Vino Seppi (eddai).
I refusi ci sono, almeno una decina. E sono imperdonabili: Luca Cardini (chi?), gruppo Longarotti, Barbaruc (è Barbabuc, a Novello), Avignonesi e non Frescobaldi (nel Consorzio di Cortona), etc. Me ne scuso, ma sono inevitabili quando fai un libro di 320 pagine pieno zeppo di nomi (e Mondadori non è una casa editrice settoriale). Nelle prossime edizioni le correggeremo.
Felice che anche Morichetti, come tutti i lettori, abbia compreso come il capitolo su Valentini sia uno dei più appassiona(n)ti. Lo hanno capito tutti. Tranne Valentini.
La mia compagna e le mie due labrador sono molto belle. Concordo.
La sindrome da Opera Seconda terrorizzava anche me.
Qualche baricchismo nella barrique (cit) c’è. Volutamente. A volte ero in vena zuzzurellonica (?). Già immaginavo Edmondo Berselli che mi telefonava e mi tirava le orecchie, come faceva sempre. Ma qualcuno ha diversamente voluto. E ancora mi girano.

Stasera, dalle 18.30-19, a Piazza Farnese, comincia la serata (fino a tarda notte) dedicata al Premio Durruti. La premiazione ci sarà attorno alle 21-21.30. Il Gran Cerimoniere sarà Fulvio Abbate, che presenterà il suo nuovo libro, Manuale di sopravvivenza. Se ci siete, ci vediamo.

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8 Responses to “Recensione: Intravino”

  1. Cattamax ha detto:

    Tanti Auguri Andrea.
    Posso darti del Tu vero ?
    Con quale vino festeggi oggi ?

  2. Paolo ha detto:

    Segnalo a tutti l’harakiri di Lady Wine, che sostiene una cosa smentita un minuto dopo dal diretto interessato.
    Siamo alle comiche.
    https://www.andreascanzi.it/ilvinodeglialtri/?p=295#comments

  3. Massimo ha detto:

    scommetto che la tua parte preferita è “La lettura fila dritta come un passante di Ivan Lendl” 🙂
    la (mia) lettura fila invece lenta come un pomeriggio autunnale in Langa, con quei colori che puoi trovare soltanto lì e soltanto in quel periodo, e sta accompagnando le mie serate come un piacevole rituale di divertente apprendimento.
    complimenti, Andrea, non era semplice bissare l’Elogio e ci sei riuscito, complimenti davvero 😉
    Massimo

  4. Andrea Scanzi ha detto:

    Ecco, Massimo. Quel passaggio su Lendl lo avevo rimosso. 🙂
    Grazie delle belle parole, davvero.

  5. Francesco ha detto:

    I complimneti te li avevo già fatti, il perda rubia lo sto scolando a velocità pericolosa ma veoleva chiederti una cosa: dici che la sceneggita dell’apertura della bottighglia con la sabre, l’hai fatta in cantina. Dico, ma da solo senza farti vedere??????? E’ il massimo dello sboronamento enoico e te la fai senza farti vedere dagli amici (che poi se sono amici ti pigliano per il culo, si sa) ??? Non ci credo

  6. Andrea Scanzi ha detto:

    E’ tutto vero, Francesco. Ho aperto il Metodo Classico di Baracchi in cantina, nascosto, con la sola presenza delle mie 2 labrador. Sono un imbranato cronico e avevo paura di asportarmi entrambi gli avambracci. Quando m’è riuscito, ero ilare e tronfio come un demente. Ma davanti agli amici, mai: rischiavo di sputtanarmi a vita.
    Quello che racconto nel libro è tutto vero. A volte un po’ romanzato, ma vero.

  7. Luca ha detto:

    Mi aggiungo agli auguri di buon compleanno e ti segnalo che ieri sera ad Arezzo Franco Ziliani alla fine della degustazione è uscito dalla sala con il tuo libro sottobraccio, e ad una mia battuta ha risposto che non ti conosce personalmente, ma che sicuramente gli devi una cena.

  8. marco ha detto:

    Andrea,

    complimenti, sono arrivato alla metà del libro e sono entusiasta.
    Faccio parte di un gruppo di amici che ogni anno si fa un paio di giorni in Alto Adige a zonzo per cantine. Tra i nostri fedelissimi Martin Aurich (Unterortl), Peter Pliger, Ignaz Niedrist, Markus Prackwieser (Gumphof) e Josephus Mayr (Ars Tirolensis). Come puoi notare ci sono alcuni che hai citato nel tuo libro. Già da qualche anno abbiamo mirato su piccole realtà, basse rese, prezzi umani ed alta qualità (almeno secondo noi)ed abbiamo abbandonato i grandi. Alla fine anche da noi si sposerà il produttore più che il vino.
    Nel 2008 con due amici del gruppo siamo andati in Mosella e Alsazia con le famiglie (io il tedesco lo parlo) ed è stata un’esperienza spaziale: le bottiglie (anno 2006 e 2007) sono in cantina a dormire.
    Dal 2006 ( eccetto il 2008) in agosto andiamo in Bretagna in ferie ed al ritorno sei “obbligato” a passare per l’Eden e poi o dall’Alsazia o dalla Borgogna.
    L’anno scorso , per pura fortuna !?!?!, siamo finiti da Gatinois, accoglienza pessima, vini ottimi e poi in Alsazia per il fois gras da un produttore artigianale.
    Quest’anno Reims, C comme Champagne (tuo consiglio) e poi un vigneron, se ci prende di domenica (non avevo considerato il giorno): cosa dici Bonnet Gilmert a Oger ?
    E poi 3 giorni a Beaune , per spaziare tra Chablis e Saint Aubin.
    Hai qualche indirizzo da darci ?
    Ciao Marco

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