Champagne Jérome Prévost

Sono in Qatar, e in Qatar non c’è niente. Voi direte: sì, ma allora che ci stai a fare? Per lavoro, men. Moto, inviato, giornale. Articoli scritti in dieci minuti, interviste rubate, quotidianità in sala stampa. Cose così. Cose da scribi.
In Qatar non c’è nulla di alcolico, se non in qualche hotel. In questi giorni ho corso venti chilometri in tre giorni, mangiato quasi niente, perso tre chili e sognato Champagne.
Ecco, oggi parlo di uno di loro. Uno dei miei preferiti.
Non sono allegro, anzi mi girano. Molto. Ho perso un amico, che conoscevate anche voi. Si chiamava Edmondo Berselli ed eravamo amici. Gli devo tanto. Lo cito anche ne Il vino degli altri, proprio nel Backstage finale. Un’idea che gli avevo rubato: il dietro le quinte di un libro. Certe idee venivano solo a lui. Gli era piaciuto Elogio e gli sarebbe piaciuto anche questo. Ma non l’ha letto. E mi fa male, anche questo.
Eddy amava il vino, ma da autodidatta e senza mai eccellere in entusiasmo. Spesso mi chiedeva consigli. Riceveva decine di bottiglie pazzesche in regalo, qualcuna la apriva subito, altre aspettava.
Lo Champagne non lo amava, ma solo perché gli dava fastidio l’aria sborona dei francesi (certi francesi). E allora, con lui e Beppe Cottafavi, le due persone che più quattro anni fa si mossero per mettermi in contatto con Mondadori, a Modena bevevamo Lambrusco di lusso. Il Lambrusco Metodo Classico, cioè champagnato, tipo Bellei o la fascia sontuosa di Chiarli e Cavicchioli. Dovevamo anche fare una sfida, chiarlisti contro cavicchiolisti. Poi non si è fatta. Tante cose, poi, non si fanno.
Qualche giorno fa, a casa con Linda, ho bevuto uno Champagne. L’abbiamo amato. Era La Closerie Les Beguines di Jérome Prévost. Prevost è l’allievo di Anselme Selosse, il più famoso dei vinoveristi. Selosse è così famoso che ormai costa un mutuo. Fa soprattutto Champagne da Chardonnay.
Prevost, no. Lui vinifica il più sfigato dei tre vitigni dello Champagne: il Petit Meunier. Di solito si usa più che altro come agente matrimoniale tra Chardonnay e Pinot Noir. Quasi mai in purezza. Qualcuno sì, nel libro faccio i nomi (non posso dirvi tutto qui, altrimenti poi chi mi compra?).
Ecco: La Closerie è un gioiello. Pinot Meunier in purezza. Di esso ha corpo e vinosità, ma non quella latente grezzaggine. Elegante, anzi, e dritto. Quasi come uno Chardonnay. Lungo, complesso, fresco. Di gran mineralità. Versatile nell’abbinamento. Non esito a ritenerlo superiore all’Initiale di Selosse (il base di Selosse, che però costa 100 euro: base una mazza).
Pure La Closerie non costa poco, io l’ho preso a 60 euro alla Casa del Parmigiano di Erasmo Gastaldello (e scrivo il prezzo sperando che un editorialista del Giornale o un pasionario stinto del Mucchio si increspi schifito, scrivendo – con quella solita prosa insopportabilmente verbosa e pallosa – che “Scanzi predica bene ma razzola male”: a me queste cose mi caricano, cit). Non costa poco, lo so, ma l’arte si paga e questa è arte.
Oggi, qua in Qatar, con sei chilometri appena sudati e un nulla attorno, mi manca La Closerie. Mi manca quella drittezza.
Mi manca che, probabilmente, Eddy mi avrebbe pure smonato, con ‘sta storia degli Champagne. E avrebbe anche fatto bene.

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14 Responses to “Champagne Jérome Prévost”

  1. Pietro ha detto:

    Mi hai fatto venire voglia di bollicine! Ma com’è che ti hanno spedito in Qatar invece che al Vinitaly?

  2. Dory ha detto:

    Comunque, W il D’Araprì!

  3. Andrea Scanzi ha detto:

    Perché io non scrivo di vino per lavoro, Pietro, ma (soprattutto) per piacere. E nei libri. Alla Stampa, poi, c’è il grande Paolo Massobrio. Non posso scrivere di tutto ovunque. 🙂 @Dory. Lo cito, quel vino, in un capitolo ad hoc. E leggetelo, cribbio. Mica posso dirvi tutto nel blog.

  4. Rosa Maria ha detto:

    e bisognerà leggerlo, ‘sto libro sui vini…e berli anche…ogni tanto…

  5. Milena ha detto:

    sei proprio un gran bel “figo”. Povere donne!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

  6. Valentina ha detto:

    uh il catarratto è galattico ne vendono pure le botteghe del commercio solidale (terra libera o in onore di impastato nn ricordo mai i nomi) è super!

  7. Francesco ha detto:

    Valentina ha ragione. Io sono un integralista del rosso, ma il bianco prodotto da Libera Terra in onore di Placido Rizzotto non è affatto male.

  8. Stefano ha detto:

    Vini, sport, musica…sempre un piacere leggerti. Quando sei di giro nelle Marche fai un fischio eh?

  9. luca miraglia ha detto:

    Da estimatore ma non amante degli Champagne (ebbene sì, è colpa della prosopopea dei francesi!) ti ringrazio per il primo capitolo del nuovo libro, che fissa le idee in merito con grande chiarezza e mi ha dato ottimi input.
    A proposito, una comunicazione di servizio che mi auguro utile: in Italia gli Champagne di Jacques Beaufort sono distribuiti da “Sarfati Distribuzione” di Milano che, inoltre, ha in catalogo un gran ben di Dio di roba.

  10. Nic Marsèl ha detto:

    Cambio Nic name in quanto mi sono accorto di essere “potenzialmente pericoloso” : nuoto veramente male, ho paura dei cani, e metto un sacco di puntini di sospensione…

  11. Marco ha detto:

    L’ ho bevuto ieri, concordo, mi ha entusiasmato, grande prodotto ed anche bevibilissimo, ancor più buono perché mi è stato offerto!
    Non è tanto facile da trovare purtroppo, solo 2 ha mi sembra di aver letto.
    Complimenti per il blog Andrea

  12. Simone ha detto:

    Grandissimo vino Andrea, non posso che concordare con te, purtroppo difficile da reperire: ho appena fatto l’ordine da Moon e l’agente mi ha detto che se ne riparlerà fra un anno e l’ultimo cartone che avevo in cantina a forza di consigliarlo è volato via in un mese…purtroppo le voci corrono…

  13. andrea li calzi ha detto:

    Concordo pienamente,la Closerie di Prevost è lo Champagne che negli ultimi mesi assieme al blanc de blanc di Ulysse Collin mi ha conquistato di più,è uno Champagne concreto,sfaccettato che subisce una metamorfosi nel bicchiere sia con l’aumento della temperatura sia dopo un’ora dall’apertura della bottiglia(cosa che capita raramente perchè ha una bevibilità incredibile tempo stimato fine bottiglia:15 minuti, la prima volta che l’ho bevuto ,la seconda sono stato un pò più onesto)questo perchè è uno champagne vivo che respira,massima espressione di un terroir ,l’Aube, che non è assolutamente secondo a nessuno in Champagne soprattutto se in futuro verranno fuori altri produttori di questo calibro,ottimo anche il Vignes de vrigny di Egly ourtiet anche se meno complesso!)da provare anche David Buordaire Gallois sempre 100% pinot meunier!scusa se sono stato prolisso,saluti e buon anno!

  14. guido ciprandi ha detto:

    uno champagne di grande personalità’, fine, elegante, quasi femminile e sensuale, aperto e dritto come la folgore ma nello stesso tempo delicatamente lungo in bocca con acidità’ rotonda. Il perlage mi ha condotto per mano sulle nuvole, mentre il piacere di berlo dopo mezz’ora dall’apertura mi ha riempito il naso di una mineralita’ dolce e sospesa, quasi a mezz’aria tra l’acidità naturale del Pinot Meunier e quella di piccoli frutti bianchi ma anche fiori bianchi, sambuco, limone… Chi reputa questo vitigno un gregario, protagonista solo in tre o quattro vigne si ricreda.Il Meunier non da solo ma prende, in particolare si prende una rivincita. Qui la Closerie supera il Maestro. Bevuto no, gustato quasi, degustato sempre.

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