Esempio di vino naturale (debole)

Ieri sera ho bevuto un vino francese, importato da Arkè, la distribuzione della famiglia Maule e di VinNatur. E’ il Cyril Le Moing, Grolleau Noir 2009. Costo di 16.40 Euro nel sito di Arkè.
Il Grolleau Noir è un vitigno della zona della Loira, autoctono, utilizzato soprattutto come rosato nel Rose d’Anjou. Ha una grande acidità e una bassa resa alcolica. Un vitigno francese rosso minore, che Cyril Le Moing lavora – Martigne’ Briand – in regime biologico e naturale, da vigneti di 60 anni di età. Pochi trattamenti, pochi interventi (non manca un 10% di tisana d’ortica). Niente chiarifica o filtrazione.
Il suolo è calcare (70 percento) e argilla (30). Il Vin de Table che ho bevuto è Grolleau Noir in purezza, chiamato nell’etichetta (senza annata, ma è la 2009: si capisce dalla sigla in alto a sinistra) “Grolle Noir”. Era un Triple A, adesso è passato ad Arkè.
Lo recensisco non perché mi abbia entusiasmato, ma perché è il classico vino naturale rosso “debole”. Non ha difetti, né al naso né in bocca. E questo non è poco. Ha il giusto prezzo. E’ il tentativo di nobilitare un vitigno minore(tra i produttori più noti si può citare l’Anjou Rosè di Mark Angeli).
Lo definisco vino naturale “classico” perché ha i canonici – canonizzati? – requisiti della naturalità: gran bella beva, digeribilità, acidità, una tendenza chiara a essere snello. Un vino che non vuole essere grasso: che non stanca, che mira alla piacevolezza quotidiana del bere. Oh yes.
Tutto bene, dunque? No, perché il Grolle Noir di Le Moing ha anche il difetto tipico di alcuni rossi naturali (mi viene in mente il “base” di Bellotti): è sì naturale, e snello, e bevibile. Ma non ha carattere. L’anelito lodevole alla “magrezza” è in parte vanificato da una sostanziale povertà di grinta, spigoli, emozioni. Il vino pecca in personalità. E’ neutro, scolastico: il classico 6 politico. A differenza di altri (non pochi) vini naturali rossi pienamente riusciti ed emozionanti.
La mineralità, decantata in alcune recensioni, c’è ma non quanto dicono. La bevibilità è innegabile, ma più che di drittezza è giusto parlare di esilità.
Pur ricordando la specificità di un vitigno che ha potenzialità limitate (un motivo ci sarà se quasi tutti lo vinificano come rosato), questi vini rossi naturali (ribadisco: scolastici) sono innegabilmente sani, ma peccano di carattere, profumi, progressione.
Mi ricordano un po’ un’acqua rossa, però con l’alcol. Lodevoli. Genuini. Ma l’emozione è un’altra cosa.

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20 Responses to “Esempio di vino naturale (debole)”

  1. Claudio ha detto:

    Sono contento che la tua onestà intellettuale ti abbia fatto capire di dover modificare il post originale che era sinceramente un trattato delle peggiori banalità negative su chi vuole per forza parlar male dei vini naturali in modo generico come se fossero tutti uguali uno con l’altro. Ora invece inquadri molto bene questo vino come è tuo solito fare. Ed i difetti che citi effettivamente sono condivisibili. Grazie in ogni caso per aver portato all’attenzione della gente questo viticultore che comunque è meritevole.

  2. Andrea Scanzi ha detto:

    Ma figuriamoci. 🙂 Io aggiorno sempre i post, nelle primissime versioni ci sono sempre refusi e frasi da calibrare meglio. Capita sempre. Anche per questo post.
    Era già ampiamente chiara la prima versione, ma da alcune intelligenti considerazioni di Filippo Ronco su Twitter ho ritenuto giusto specificare e rimarcare alcuni concetti. Non aveva senso dare adito a malintesi.
    Parliamo comunque di variazioni minime e aggiornamenti effettuati nell’arco di mezzora.
    Figuriamoci se mi metto ad attaccare ad minchiam i vini naturali, dopo due libri, due blog e tutto quel che ho fatto.
    Serietà e onestà intellettuale, ragazzi. Qui non amo dare spazio a chi crea casi sul nulla. Sono un insulto all’intelligenza.
    Post analoghi non verranno pubblicati.

  3. Francesco Maule ha detto:

    che bello! sono in Loira ed or ora parto e vado a cena a casa di Cyril!
    ciaooo

  4. Claudio ha detto:

    Bè oddio, le variazioni saranno state anche minime a livello quantitativo ma importanti a livello di significato, visto che tra le altre cose nella versione originale la parola “debole” non veniva mai utilizzata, nè nel titolo nè nel testo, dando quindi adito al pensiero che l’esempio classico di vino naturale fosse quello di un “vino senza personalità, neutro e scolastico”. Siccome in questi giorni di post-Nossiter c’è stata un pò una corsa nell’ammazzare il mondo del vino naturale, a chi non conosce bene te, i tuoi libri ed i tuoi blog poteva dare l’impressione che ti stessi accodando. Paradossalmente non sarei intervenuto se il post non fosse stato modificato perchè so come la pensi e se mi sono avvicinato a quei vini lo devo anche a te. Pure per questo sono contento dell’aggiornamento. Tutto qua, nessun caso.

  5. Andrea Scanzi ha detto:

    @Claudio. Ho aggiunto il “(debole)” tra parentesi proprio per sgomberare il campo da ogni equivoco. Ma è comunque insultante, e pure un po’ stupido, se qualcuno si è fatto venire anche solo il dubbio. Conoscendo i miei libri, il mio stile, la mia produzione (compresa la mia posizione sul pallosissimo “caso Nossiter”, che è in realtà un non-caso). Grazie. @Francesco: Salutalo. 🙂

  6. Francesco Maule ha detto:

    Caro Andrea,
    ierisera gliel’ho raccontato, ci siamo fatti delle belle risate.

    Era una degustazione vera e propria, e molto seria. Oltre a me ed Erica c’erano Cyril e suo padre, un giovane produttore, un distributore di vino dalla Bretagna e il responsabile del ristorante ed il somellier de Le Chateau Richeaux, della famiglia Rollinger, 3 stelle michelin storico in Bretagna ( http://www.maisons-de-bricourt.com/ ). Belle teste insomma.

    Oltre ai rossi nuovi, del 2011, dalla botte, di Cyril e a qualche bianco tra Jura e Gambellara, il fulcro della degustazione (cieca) sono stati 5 rossi della Loira dell’annata 2005: 2 gamay, 2 grolleau, 1 pinot d’aunis, vitigni minori, diresti tu.
    Il piu’ fresco, vivo e buono e’ risultato il Grolle 2005 del buon Cyril: ancora molto espressivo, per nulla ossidato o stra-evoluto, mutava nel bicchiere in modo fantastico.

    Tutti vitigni minori, diresti tu, ma tra le discussioni fatte la piu’ interessante e’ stata sulla nobilta’ e importanza di qualsiasi vitigno: non esistono vitigni minori! Se un produttore lavora bene, da’ importanza alle sue vigne, non fa vini piacioni (troppi vini rossi in Francia oggi li fanno con fermentazione carbonica, come in Beaujolais, per fare vini facili, fruttati e piacioni. E questi non lo erano) e non usa chimica in cantina, il vino risultera’ buono e durevole nel tempo.

    Forse la bottiglia non ti sara’ piaciuta, ma l’acqua rossa con l’alcool proprio non ci sta. Forse e’ stata un’annata minore, forse tante cose. Ma l’acqua rossa e il vitigno minore (che si’, usano da qualche anno per fare il rose’ che si vende meglio ma e’ triste…) non ci stanno.

    Siamo comunque contenti che tu abbia scritto di noi, avro’ occasione di farti sentire altre gran belle cose del buon Cyril.

    A presto
    Francesco

  7. Andrea Scanzi ha detto:

    Francesco, delle bottiglie di rosso (vendute da Arkè) che hai voluto gentilmente inviarmi, al prezzo forfettario di 10 euro cadauno, le uniche realmente convincenti erano quelle di Colleoni. Non le ho bevute tutte (mi mancano il Ruchè e il Grignolino), ma le altre andavano dal deludente (Dolcetto di Ovada) al sei politico (Cyril).
    Se il livello è quello, c’è da migliorare. Io sarò sicuramente molto difficile con i rossi, che bevo sempre meno, ma le bottiglie degustate erano oneste quanto debolucce.
    L’associazione – e la rassegna – VinNatur mirano alto. E spesso mirano giusto. Dovete esigere il massimo. E non posso dirti che il rame è oro, così, solo per amicizia.
    Mi fa piacere che abbiate fatto delle grasse risate con De Moing (cit). Io, a berlo, invece mi son divertito poco.
    Il tuo accenno al “vitigno minore” è un tentativo bislacco di fare polemica. Io adoro i vitigni minori, ne parlo sempre nei libri e in questo blog: li ho chiamati Vini Outtake. “Minore” è una connotazione oggettiva, non qualitativa.
    Quanto alla immagine “acqua rossa con alcool”: premesso che mi fa sorridere come la comunicazione spesso sia distorta (di tutti i pregi che ho menzionato del vino, hai notato solo quella sintesi ironica), non muto di una virgola l’approccio. Mi va bene il vino “dritto”, non mi dice molto il vino esile (ci sta) che sa di poco (non ci sta) e comunica NULLA.
    E – di grazia – BASTA con ‘sta scusa del “bottiglia sbagliata” o “annata storta”: è troppo facile come alibi e non ci crede più nessuno, via. Spesso – NON sempre – i vini naturali sono sì sani, ma inseguono così tanto la sottrazione da ricordarmi l’acqua. Non dubito che il tuo produttore sia bravo, ma quella bottiglia – bevuta con altri – era tanto sana quanto innocua. E a quel punto tanto vale bere (appunto) l’acqua. Costa meno e non fa nemmeno ingrassare.
    I bianchi della vostra Biancara, quanto ben fatto, sono sani. Snelli. Bevibili. Digeribili. Ma anche emozionanti, “buoni”, particolari, vivi. Quel Grolle Noir non comunicava nulla. O quasi.
    Va da sé, opinione personale.
    Lieto di ricredermi con degustazioni successive.

  8. barbara ha detto:

    Sai cosa mi piace di te Andrea? Che dici sempre quello che pensi! Che bello leggere le parole di un uomo libero, nel mondo del vino, poi… 🙂

  9. Andrea Ugolotti ha detto:

    Buonasera Andrea, dice che il grolleau è un vitigno minore, mi potrebbe dire quali sono i vitigni maggiori? grazie

  10. Francesco Maule ha detto:

    Hai ragione, devo migliorarmi e non voglio le lodi solo per l’amicizia.
    E’ vero che ne hai anche parlato bene del grolleau, non sono scemo e non ho visto solo “l’acqua rossa con l’alcool”, che continuo a ritenere infelice.
    Ti ho riportato la discussione sui vitigni minori per via della serata trascorsa a casa del buon Cyril, di cui saro’ ben felice di farti assagiare qualcos’altro.
    Che dire? Ho contrattacato, tu mi hai ribombardato…va cosi’ e mi piace.
    Solo una cosa, per concludere, che dovro’ imparare io a far distinguere alle persone: arke’, la Biancara e VinNatur son tre cose diverse che succedono e crescono nella stessa sede, ma son tre cose distinte.
    Ciao, ancora dalla Loira!

  11. ivan ha detto:

    chardonnay-pinot bianco-sangiovese-nebbiolo-pinot nero-cabernet-merlot-sauvignon blanc-sirah-aglianico-riesling, e molti altri che hanno avuto una diffusione di gran lunga superiori ad altri vitigni. Non vuol dire che siano superiori qualitativamente a prescindere, ma in termini quantitavi sono sicuramente maggiori.

  12. Andrea Scanzi ha detto:

    Ringrazio Ivan per avere risposto al mio posto, e per avermi dato conferma che esiste ancora Vita sui Pianeta Blog. Saper leggere, se si vuole, non è difficile.
    @Francesco. Macché “bombardato”, via. 🙂 So bene che Biancara, Arkè e VinNatur sono cose ben distinte. Hai fatto bene a specificare. La critica (rispettosa) era rivolta al livello medio dei rossi di Arké. NON alla Biancara (anche se sai bene quanto della vostra produzione preferisca i bianchi) e non a VinNatur (che contempla anche ottimi rossi).
    Un abbraccio.

  13. Andrea Ugolotti ha detto:

    Ribuonasera Andrea, vedo, con un po’ di dispiacere, che non ha risposto alla mia domanda.
    Volevo solo capire meglio il suo metodo di giudizio e fare due chiacchiere sulla Loira, regione dove ho avuto la fortuna di abitare e lavorare.
    Resto in attesa di un Suo riscontro rifugiato in una nevosa Montalcino…

  14. Andrea Scanzi ha detto:

    Le avevo risposto prim’ancora della sua domanda, spiegando a Francesco Maule il concetto (elementare) di “vitigno minore”, e ha poi risposto al mio posto (come ampiamente specificato) il lettore Ivan.

  15. Andrea Ugolotti ha detto:

    la mia sbadataggine non mi aveva permesso di leggere la risposta ancor prima della mia domanda…. rileggendo la risposta di Ivan capisco che parliamo forse di qualità ma sicuramente di quantità….quanti anni ho buttato al vento….

  16. Francesco Maule ha detto:

    Migliorero’, suvvia!
    Certo, come suggerisce Andrea (non Scanzi), una bella discussione sui vitigni rossi della Loira ci starebbe: grolleau, cabernet franc, cabernet sauvignon, pinot noir, pinot d’aunis, gamay.
    In quei luoghi e a quelle latitudini, con quei terreni, vini vibranti e pieni come in Piemonte o in Roussillon o in Abruzzo, non verranno mai; piuttosto fini, con acidita’ ed aromi diversi…
    Raccontaci un po’, Andrea!

  17. Alessandro, Enea ha detto:

    Oggi ho bevuto un Grolle Noire, purtroppo per lui ho aperto prima un Bruno Rocca Rabajà del 1987, vino straordinario per i suoi 24 anni, 5 anni di barrique, non so se anche all’epoca è stata usata, poichè dal gusto sembra proveniente da una botte più grande. I sentori di questo barbaresco sono straordinari sia all’olfatto che al gusto; è un vino persistente rispetto al Grolle Noire, che ho trovato corto ma allo stesso tempo di facile bevibilità e lo consiglio a tutti nonostante sia un vino naturale, non apprezzato dalla maggior parte dei bevitori. Considero comunque il Grolle Noire un vino egregio.
    Dato che non compare l’annata e avendolo acquistato anni fa con il marchio Triple A, spero che con il marchio Arkè sia uguale.
    Cordiali saluti
    Enea

  18. Andrea Scanzi ha detto:

    Concordo sul corto, facile beva e sul consigliarlo. Un po’ meno sul definirlo egregio.
    L’annata si capisce dall’etichetta, in piccolo a sinistra, ma di sicuro non è peggiorato passando da Triple A ad Arkè. Casomai si può beccare un’annata ancora più corta, come accaduto a me, ma lì è fortuna e natura.

  19. Corrado Tedeschi ha detto:

    L’ultima volta che sono andato a trovare Angiolino Maule ho fatto, come sempre, incetta di bottiglie (buone) della Biancara e ci ho aggiunto un cartone dalla selezione Arké, composto anche grazie ai consigli di Francesco. Una delle bottiglie che mi ha raccomandato era, manco a dirlo, il Grolle Noir (09) di Le Moing. L’ho aperta ieri sera perché il dibattito mi ha incuriosito e volevo interpretare la scarsa emozione che ti ha trasmesso. Tendo a parteggiare per i bravi vigneron quindi mi sono imposto la massima obiettività e, limando gli eccessi, posso dire di sentirmi sostanzialmente d’accordo. Piacevole, non largo, di beva facile e golosa, ma qualcosa mi manca, forse per un niente di sapidità, forse per la chiusura repentina indotta da un tannino un pò rugoso. Mi ha ricordato, e questo tradisce la mia provenienza, qualche tentativo (anche ben riuscito) di “tirare” un vino fermo con i vitigni del lambrusco. Forse il grolleau non è nato per tali obiettivi ed è la causa di questa sensazione incompiuta. Detto ciò, a tavola, senza impegnarlo troppo, si è comportato bene e mi sono dovuto imporre di lasciarne un pò per il riassaggio di rito.

  20. Francesco Maule ha detto:

    e bravo Corrado! assaggeremo il 2010 a Villa Favorita e vedremo come sara’!

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