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Que viva Abruzzo

lunedì, Novembre 22nd, 2010

Ho scoperto tardi l’Abruzzo e me ne sono innamorato. Ho un debole per le terre povere e selvagge, che nascondono perle intatte. E’ qualcosa che mi scatta quando sono in Carnia e, per motivazioni non poi così distante, proprio in Abruzzo.
Martedì scorso, con Gianni Mura e altri amici, ho partecipato a Pescara al convegno – dedicato alla convivialità – con cui è stata inaugurata l’associazione Qualità Abruzzo. Una maniera attraverso la quale ristoratori e pasticceri si sono riuniti per salvaguardare e valorizzare il territorio.
E’ stata una giornata molto piacevole e non posso che ringraziare chi mi ha invitato, a partire da Andrea Beccaceci e Luca Panunzio.
Dopo il convegno, si è svolta la cena a Villa Maiella. Un celebre slowfood a Guardiagrele, nel chietino. La cucina abruzzese è molto carnivora, c’è tanto agnello (che mi vanto di non avere mai mangiato) e quindi potevo essere fuori contesto. Tutt’altro. Splendide le pallotte cacio e uova al sugo di pomodoro (provate durante l’aperitivo), i formaggi, i ravioli con burrata e tartufo bianco, le uova strapazzate (pure quelle con tartufo bianco). Un posto da provare subito, anche in virtù della bella veduta e della gentilezza del patron Peppino Tinari e di sua moglie Angela.
I vini, in qualche “imposti” dal Consorzio delle Colline Teramane, non ci hanno cambiato la vita (non erano esattamente le etichette più ispirate), ma il finale per pochi intimi col Villa Gemma 2001 (mi pare) di Masciarelli e soprattutto col Montepulciano d’Abruzzo Valentini 2000 (ancora giovanissimo) è stato prodigioso. Segnalo anche la presenza di una sala sigari, perfetta per i radical chic come me che ogni tanto si tolgono quello sfizio.
Mi piace la gentilezza senza fronzoli che trovi in questi posti, l’orgoglio di chi in Abruzzo c’è nato. E mi piace andare per luoghi sconosciuti. Il presidente regionale di Slow Food mi ha consigliato, per il pranzo del giorno dopo, una visita a Pacentro. Uno dei borghi più belli d’Italia, quasi inaccessibile. La strada era pure interrotta. Otto chilometri dopo Sulmona, affacciato sulla Valle Peligna, ai piedi del Morrone. Per la cronaca gossippara, era da Pacentro che veniva anche il padre di Madonna (intesa come cantante).
Qui troverete la Taverna De Li Caldora, posto incantevole. Peccato non sia entrato nell’associazione Qualità Abruzzo (ho intuito che tra qualche ristoratore c’era – e rimane – della ruggine). Bella carta dei vini, menu a voce raccontato dal proprietario Carmine Cercone. Dopo di lui, mi ha detto, il ristorante chiuderà perché i figli hanno altri interessi: quanto patrimonio perderemo, quante storie simili ho incontrato e incontro. Quanto la mia generazione (e successive) non sembra all’altezza delle precedenti.
Il prezzo finale, 25 euro, è stato ridicolo e forse è dipeso da un favore personale verso il giornalista “celebre”. Non credo, il rapporto qualità/prezzo mi era sembrato invidiabile a prescindere. Come la cucina. Inderogabili gli antipasti, che da soli saziano, dall’insalata di baccalà e prezzemolo al fritto di fiori di zucca. Anche qui ho provato l’uovo in camicia con tartufo bianco e, per una volta, mi sono fatto imporre il dolce (il Pan dell’Orso). Da bere, un tranquillo Montepulciano d’Abruzzo Marina Cvetic 2007 di Masciarelli – a margine: sta crescendo la mia stima per l’azienda Torre dei Beati).
Sarò felice di tornare in Abruzzo, ancora a Pescara, già venerdì.  A breve dirò perché. Nel frattempo, grazie ancora a chi mi ha invitato.