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Piodilei Pio Cesare 2007

martedì, Giugno 1st, 2010

Chardonnay e bianchi piemontesi. Rischio nel rischio.
E’ molto raro trovare Chardonnay realmente appaganti, per una serie di motivi. Vitigno (apparentemente) facile per antonomasia, che si presta alla barrique, morbido e dai sentori di frutta tropicale e matura, solo a Chablis sembra poter ambire (e neanche sempre) a un vino che abbia anche eleganza e freschezza.
Al tempo stesso, il Piemonte non è certo noto per i bianchi. Li ha, e a volte straordinari (Erbaluce, Timorasso, Nascetta, poi Gavi e Arneis), ma per la maggior parte non fai che imbatterti in vitigni internazionali senz’anima. Chardonnay su tutti. Di Elio Grasso ho ad esempio grande stima, ma il loro Educato non mi fa impazzire.
L’altro giorno ho finalmente provato il Piodilei di Pio Cesare. L’azienza storica, nel cuore di Alba, produce vini da più di 100 anni. Un anno fa ho avuto modo di conoscere Paolo Fenocchio, enologo dell’azienda. I suoi non sono vini rigorosamente tradizionali, per questo non troppo amati dai vinoveristi. Alcune etichette mi piacciono, altre meno. D’estate, ad esempio, trovo “divertentissimo” il Nebbio, sorta di Novello da uve Nebbiolo che sopporta anche le basse temperature per via dei pochi tannini. Va giù che è un piacere.
Il Piodilei è probabilmente lo Chardonnay più celebre di Langa. O giù di lì. Prezzo sui 17 euro. Lo scetticismo è d’obbligo: il solito vino morbidone, perfetto per gli americani? No. Certo somiglia più al Cervaro della Sala che non a uno Chablis droit come impostazione, ma io e i vari commensali lo abbiamo bevuto con gusto. E’ morbido, di notevole struttura, quasi opulento, ma i profumi – ricchissimi – sono splendidi. Banana, pesca gialla, albicocca, cannella, rosa gialla appassita, tabacco dolce (e chi più ne ha più ne metta, tanto non potrà smentirvi nessuno).
Il legno nuovo c’è, ma dopo tre anni (era una 2007) comincia a smaltirsi e bene si integra con gli aromi del varietale. L’acidità è buona. Non è un vino statico, anzi si evolve e ha bella persistenza. Chiude con dolcezza, senza stuccare.
Un vino che non berrei tutti i giorni, come mai berrei tutti i giorni uno Chardonnay (“vitigno prosaico”, direbbe Paul Giamatti in Sideways), ma ben fatto, felicemente moderno e perfetto per stupire una tavolata di commensali appassionati ma non troppo smaliziati (e integralisti).
Provatelo e fatemi sapere, anche – soprattutto? – se non siete d’accordo.