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Pico RuleZ (Maule e dintorni)

lunedì, Agosto 22nd, 2011

Angiolino Maule divide. Come sempre capita quando si parla di caratteri forti.
A lui ho dedicato uno dei capitoli – credo – più riusciti de Il vino degli altri. Quando uscì, Angiolino non sapeva se apprezzarlo o meno. Neanche lui era abituato a trovare riportato tutto quello che aveva detto. Quel che dovrebbe essere prassi, in Italia è anomalia.
Angiolino convocò d’urgenza la famiglia, fece leggere a tutti il capitolo. Si trattò di appurare se avevo scritto la verità (nel senso di “virgolettati reali”) oppure no. Così era avvenuto. Per questo venni esentato dagli strali, che invece altri mi riservarono (salvo poi pentirsene, chi più e chi meno).
Questa è però la sfera personale. E’ irrilevante che a me Angiolino piaccia, al di là della sua prodigiosa logorrea quando si tratta di parlare – otto ore almeno – di lieviti autoctoni e solforosa. E’ un pioniere narciso, ha tempra e talento, è tanto dotato quanto spigoloso. Non può non piacermi. Lo ritengo un amico, prezioso come tutti gli amici.
L’importante è però qui capire se siano meritevoli i vini della sua azienda di Gambellara (Vicenza), La Biancara. Dividono, anche loro. I rossi non li sento da un po’, il Recioto è ottimo ma non amo i vini dolci. Quindi parliamo di bianchi.
Ho sempre avuto un debole per il Pico, la sua Garganega macerata e deluxe. In particolare le versioni cru, quando cioè imbottiglia i vigneti separatamente e non tramite blend: Monte di Mezzo, Faldeo, Taibane.
Quando scrissi il libro, mi imbattei – mi pare – nell’annata 2007 (o 2006?). Il Faldeo era difettato, il Monte di Mezzo neutro, il Taibane prodigioso.
L’altro giorno mi sono fatto inviare dal figlio Francesco un po’ di Pico e Sassaia (la Garganega base). A proposito: devo ancora pagare il bonifico, la Maule family abbia la compiacenza di perdonare l’odioso ritardo.
In molti sostengono che il Sassaia sia oggi superiore al Pico. Pur costando la metà o giù di lì. Ancora più semplice, fresco, vero. Di sicuro sono vini che colpiscono per la genuinità, per la polpa, per non essere minimamente furbetti. Mai strani, però. Al contrario: essenziali. Il Sassaia 2010, non macerato, spicca per mineralità e bevibilità. Costa sui 5 euro ed è un vino decisamente adorabile.
Mi sono divertito poi a fare un raffronto sui tre Pico 2009. Gli ultimi arrivati. Stavolta non ho trovato cru difettati. Il Monte di Mezzo si conferma il più umile: piacevole, ma non ti stracci le vesti quando lo bevi. Il Taibane mi aveva convinto di più due anni fa, ma ribadisce una personalità eclettica che vira su frutta tropicale e sapidità pronunciata.
La sorpresa è stata il Faldeo, forse il migliore: per freschezza, allungo, naso, equilibrio, semplicità.
Ci sono vini che lascio per le grandi occasioni e altri che amo bere di continuo. Il Pico, come pure il Sassaia, nella mia cantina non possono mancare. Di loro apprezzo la bevibilità quotidiana: merce rara.