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Lini Oreste e Figli

domenica, Giugno 13th, 2010

Ho scoperto molte etichette dopo Elogio dell’invecchiamento. Il senso del capitolo sui vini outtake è anche questo: la dimostrazione di una ricerca continua. Il tributo a bottiglie non abbastanza note.
Si sa (credo) quanto io ami i Lambrusco. Una delle ultime folgorazioni è stata Lini. Un’azienda storica, che festeggia quest’anno il centenario, poco fuori Correggio. A Canolo, per l’esattezza. Sulla vecchia strada (“Vecchia Canolo”, non a caso). Ci sono stato una prima volta nel settembre scorso, mentre scrivevo Il vino degli altri.
Ero diretto a Cologno Monzese, dovevo parlare con Don Brachino (ahhhhhh) e Barbara D’Urso (ehhhhhhh) per una mia comparsata a Domenica Cinque (uhhhhhhhhhhh). La mia depressione era tale che dovevo far media con qualcosa di positivo. Per quello passai da Lini, senza dire chi fossi o cose simili.
Un’azienda deve essere gentile con te a prescindere di quanto tu sia o non sia noto. Furono gentili.
Sono tornato da Lini giovedì scorso, rispettando un invito di Alicia Lini (foto). Ero reduce dalla serata-evento alla Compagnia del Taglio, protrattasi fino alle 3 e mezzo di notte tra vini e libagioni. Non ero esattamente il ritratto migliore di me stesso. Ciò nonostante, e non per merito mio, è stato un pranzo meraviglioso.
Delle visite in aziende, più della cantina in sé (che può essere noiosissima), mi piace osservare i volti dei vignerons. Ascoltare le loro storie. Ogni produttore di talento ha tratti unici che si ripercuotono nei suoi vini. Ho riscontrato questo aspetto “simbionte” anche in Lini.
Il Lambrusco Reggiano è più cremoso e corposo di quello Modenese. Dipende dalla tradizione e dai diversi tipi di Lambrusco (Sorbara nel Modenese, anzitutto Salamino nel Reggiano). Questa tendenza a fare Lambrusco “cappuccinati” trova massimo sfogo in alcune zone (non tutte) del Parmense, puntualmente celebrate dal Profetta della Fruttuosità Luca “Logisma” Maroni.
Trovare Lambrusco Reggiani eleganti, oltre che rossissimi, non è facile. Lini è un buon approdo. Uno dei migliori. Se declinare il Sorbara a Metodo Classico è prassi quasi comune di alcune aziende modenesi (Bellei, Cavicchioli, Chiarli, Fiorini), non così è per il Reggiano. Lini opera a pochi passi dal confine con Modena e può quindi disporre di uve con giusta acidità e sapidità. Da qui l’idea, abbastanza eretica, di fare Metodo Classico con Lambrusco Salamino.
La loro cantina sembra uno scherzo champagnista in terra d’Emilia. Il plotone di Metodo Classico, sui 15 euro a bottiglia, contempla un Rosso che nasce proprio da uve Salamino. Lo trovo uno degli azzardi reggiani più eleganti e riusciti, persino più affascinante dei pur buoni Metodo Classico Bianco e Rosè. Questi ultimi vengono da uve Pinot Nero. Qua il vitigno-Kiarostami non può avere la complessità della Montagna di Reims o la matrice boschiva di certe enclavi nell’Alto Adige. E’ un Pinot Nero – dall’Oltrepo’ Pavese – più esile, onestissimo nel suo perlage e con una finezza accattivante.
Da amante del Lambrusco, trovo però che la cartina al tornasole di queste aziende siano i loro vini frizzanti. Il Lambrusco propriamente detto: quello “vero”, per intendersi. Non il Metodo Classico estetizzante, ma quello di cui parla anche Luciano Ligabue (che non per nulla è di Correggio e adora Lini). In questo senso, se voglio bere Reggiano, uno dei miei approdi sicuri è l’accoppiata Lambrusco Scuro + Lambrusco Rosè. Bottiglie da 6-7 euro fatte con tutti i crismi, riuscitissime.
Della giornata di giovedì, ho quindi un bel ricordo. Per la qualità dei prodotti, per la bellezza anche architettonica dell’acetaia (l’azienda produce Aceti Balsamici Tradizionali sontuosi), per la bontà del pranzo in sé a base di pesce crudo. Per la gentilezza della famiglia Lini (responsabile anche dei vini della cantina di Quistello, di cui parlo in Elogio). Per la dicotomia tra “vecchia” e “nuova” generazione, la prima più rigorosa e meno attenta al marketing, la seconda (comprensibilmente) interessata anche a conquistare il consenso di guide e giurati (inutile dire che, da buon 36enne snob e rigoroso, sono più vicino al primo approccio).
Un’ultima considerazione. Durante il pranzo ho avuto modo di bere bottiglie di Metodo Classico Bianco appena sboccato e senza ancora l’aggiunta di sciroppo di dosaggio. Dei veri e propri Lini “pas dosè”. L’azienda non ha ancora voglia di metterle sul mercato, nemmeno in piccole quantità. Commercialmente posso capirlo, ma è un peccato. Il Millesimato 2005, in particolare, era un gioiellino. Io ci farei più di un pensiero.