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Islay Super Heavy – High Spirits

giovedì, Aprile 12th, 2012

Bevo ormai di rado superalcolici. Li ho sempre amati meno del vino e, più in generale, ho molto diminuito con gli alcolici (vino compreso).
Avere però un negozio fornitissimo, e molto competente, come Le Carovaniere ad Arezzo non aiuta. Per “fortuna”, ad Arezzo non ci sono quasi mai. Altrimenti cadrei spesso in tentazione.
Qualche giorno fa sono andato in negozio da Francesco Mattonetti. Ho comprato varie cose, tra cui gli imperdibili sale rosa delle Ande e sale affumicato dell’Ontario (quando c’è da comprare una cazzata, sono sempre in prima fila).
Gli unici superalcolici che ancora mi concedo sono whisky e Calvados. Niente grappa, Cognac, Armagnac, Rum, etc. Il Calvados scelto è stato un Le Compte 12 anni. Devo ancora aprirlo, ma non ho dubbi: era già più che dignitoso il 5 anni e il 12 anni era la bevanda-figa che servivano nelle business class del Concorde.
Riguardo ai whisky, ho un debole dichiarato per i torbati. Questa storia secondo cui i veri whisky non devono essere torbati è una sciocchezza. E’ come per la barrique: tutto sta in come la usi (e il whisky, a differenza del vino, è un prodotto largamente costruito dall’uomo. Come la birra).
Dipende dalla distilleria, dal luogo, dal gusto di chi lo ha fatto – e di chi poi lo beve.
Stavoltta ho optato per un Whisky Vatted. Un whisky “italo-scozzese”, nel senso che a imbottigliarlo è stato un italiano: Nadi Fiore, ora proprietario di High Spirits (a Rimini) e tra i primi imbottigliatori di whisky italiani nei Sessanta. Silvano Samaroli è divenuto famoso ovunque, Fiore è più noto in Scozia che in Italia. Eppure cominciarono assieme.
La bottiglia scelta, tra le molte possibili, è stata una Islay Super Heavy. “Super Heavy (Peat)” sta per torbatissimo. Cento per cento Islay selection. La zona di Islay, nell’arcipelago delle Ebridi, è quella più torbata. Nel 2006 le distillerie ancora attive erano otto (le mie preferite, e non solo mie): Bowmore, Caol Ila, Bruichladdich, Kilchoman e Bunnahäbhain  (leggermente torbati, anche se esistono eccezioni); e poi Lagavulin, Ardbeg e Laphroaig (più torbati e marini).
Il costo dell’Islay Super Heavy è di 60 euro, la gradazione 46 gradi.
Non è solo un Blended Malt, ma un Vatted Malt (o “whisky da tino”:”vat” vuol dire “tino”). Il Vatted viene fatto da malti diversi, sì, ma anche provenienti da distillerie diverse. Lo si fa per tipicizzare una zona di produzione o, più spesso, per calibrare varie caratteristiche. Come si legge sul portale Whisky.it, “Uno dei più famosi vatted in commercio (..) sposa insieme quattro diversi malti: uno per il profumo, uno per il sapore, uno per il corpo e l’ultimo per la sua proprietà di fonderli tutti e quattro in un sapore armonico e pastoso”.
Nadi Fiore non ama whisky troppo torbati, ma in quel periodo ne faceva. O gli venivano. Il Super Heavy in oggetto è fatto da malti del 1988, invecchiati 19 anni: 55% Bowmore ’88, 45% Laphroaig ’88, 5% Caol Ila ’88.
L’unico difetto – al di là del prezzo: questi whisky non sono mai economici – è l’etichetta. Fiore scattava foto in Scozia e poi le attaccava sulle bottiglie. Senza troppo gusto. C’è perfino un whisky, nella sua collezione, con la foto del furgone del latte immortalato da dietro.
A parte questo, è uno dei migliori whisky che ho bevuto. Lo metto appena sotto il Bunnahabhain 1997 Wilson & Morgan  Barrel Selection Heavy Peat, che avevo recensito mesi fa (e che ho citato citato sia ne I cani lo sanno che in Happy birthday, Nebraska).
Se amate il whisky, cercatelo.

P.S. La bottiglia è già a metà perché ho commensali che l’alcol lo trangugiano. Non è colpa mia (cit).