Non lo ribevevo da un po’, Josko Gravner. L’ho fatto per l’ultimo dell’anno, con una Ribolla 2004. E ieri sera, con il bianco che ha smesso di vinificare: il Breg Anfora, annata 2003.
Ormai è un vino raro, preziosissimo, perché l’ultima annata sarà la 2012 (che uscirà tra sette anni). Anche a febbraio dello scorso anno, quando lo conobbi, Josko mi raccontò che ormai l’unico vitigno su cui avrebbe investito tempo ed energie sarebbe stata la Ribolla Gialla. Condivido, nel mio piccolo. Ma – al tempo stesso – mi spiace che il Breg Bianco Anfora non verrà più fatto. Se non altro, ci attendono ancora sette annate da degustare (dalla 2006 in giù).
Il Breg è (era) un blend. Maggioranza Sauvignon Blanc. Nel 2003, annata calda (14.5% gradi alcolici), la percentuale fu questa: Sauvignon 38, Pinot Grigio 28, Chardonnay 26, 8 Riesling. In rete si trova tra le 50 e le 60 euro.
E’ (era) un vino strepitoso. L’ho (abbiamo) bevuto con un piacere quasi commovente, nelle ciotole Gravner che lui stesso si è fatto creare appositamente. Quel colore aranciato, così invitante. I profumi ricchissimi, oltremodo complessi e invitamti, di frutta e miele, spezie e fiori appassiti, balsamico e tabacco. Il gusto armonico, di una persistenza prodigiosa. Vino personalissimo, con acidità e mineralità salvifiche, e una morbidezza naturale. Se esiste un vino della vita, somiglia a questo.
So bene che i bianchi macerativi di Gravner non siano da tutti i giorni. Non ignoro che molti li reputino estremi. Troppo impegnativi. Io li ritengo la vetta, la cima, l’apoteosi: l’approdo ultimo del buon bevitore. E’ come per la chitarra di Stevie Ray Vaughan, il piano di Keith Jarrett o la cinepresa di Kubrick: quando hai toccato quei vertici espressivi lì, e ti ci sei abituato, non puoi più tornare indietro.
Josko Gravner è uno dei più grandi pionieri del Novecento italiano.
P.S. Due sere dopo ho bevuto il Breg 2004. Uh.