E’ arrivata l’estate (cit) e sto facendo scorta di bianchi. A giorni mi arriveranno una trentina di Champagne “vigneronnati” da C-Comme (l’enoteca di Epernay), sono in attesa di alcuni vini outtake che voi stessi mi avete consigliato (grazie) e il Verdicchio di Ampelio Bucci è la solita garanzia (soprattutto il base, che ormai preferisco al Villa Bucci).
Proprio Ampelio, verso cui ho grande stima e di cui parlo in Elogio, mi aveva consigliato, settimane fa, il Capichera. Un Vermentino di Gallura tra i più blasonati, che ho acquistato a un’Enoteca di Castiglione della Pescaia attorno ai 20 euro.
Mi aspettavo grandi cose, ma non mi ha convinto. Sin dal colore, profondo e carico, dai riflessi dorati marcati, ho avuto la sensazione di un vinone, fatalmente troppo moderno.
L’annata era la 2006.
Al naso, più ancora dei fiori e frutti gialli, la frutta tropicale: banana su tutte. Ma non solo: quel sentore vanigliato da legno nuovo, o da barrique non ancora smaltita appieno, nonostante fossero passati 4 anni dalla vendemmia.
In bocca mi è parso – ma posso sbagliare – il classico vino che conquista le guide al primo sorso, ma che già al secondo fatichi a bere. Quel tipico effetto-chewing gum, dolcino e morbidone. Debito di freschezza e mineralità, eccesso di opulenza.
Neanche la chiusura è convincente: la progressione è statica, la persistenza non troppo fine. Un Vino Stancante, oserei dire.
Il Capichera, da più di vent’anni, fa la la storia del Vermentino sardo. E’ etichetta plurilodata, le vigne poggiano sul tipico terreno Gallurese originato dal disfacimento granitico. Una gran bella sinergia.
Proprio per tutte queste potenzialità, innegabili, ne sono rimasto un po’ deluso.