Le donne hanno una marcia in più, non c’è niente da fare. Quelle migliori, almeno.
Qualche giorno fa, recensendo il libro della premiata ditta Clerici & Vespa, Vino e cucina, ho ironizzato su alcune scelte. Ad esempio mi ha fatto sorridere come Vespa abbia citato il Paleo Bianco a proposito dell’azienda Le Macchiole. Così scrivevo il 30 marzo sul Fatto Quotidiano: “(Vespa) in alcuni casi consiglia il vino palesemente meno riuscito di aziende prestigiose: menzionare il Paleo Bianco de Le Macchiole, abbinameno o non abbinamento, è come consigliare a un musicofilo Self Portrait, il disco peggiore di Bob Dylan”.
Qualche giorno fa, a casa, mi è arrivato un piccolo pacco. Conteneva due bottiglie. Di Paleo Bianco, appunto. Annata 2010. Nel biglietto, la proprietaria Cinzia Merli ha scritto ironicamente: “Lo so che è il mio disco peggiore, ma ci sto lavorando, nei limiti del possibile. Spero si capisca. Cinzia“.
Una replica fine, tra persone che si stimano. Colpito e affondato.
Stimo molto Cinzia, al punto da averle dedicato un capitolo de Il vino degli altri e da avere scritto due piccole pagine di presentazione in un suo libro destinato ai clienti migliori. Quelle pagine terminavano così: “Il Paleo è Le Macchiole e Le Macchiole è Cinzia Merli. Eroina, e vigneron, che si concede ancora il lusso quasi osceno del romanticismo. Talento cristallino. Timidezza conturbante. Incanto, nel bicchiere e nell’anima“.
E’ ciò che penso del suo lavoro a Bolgheri, con una piccola azienda trasversalmente lodaya, che punta sui monovitigni – in totale controtendenza con i blend fighetti di Bolgheri – e raggiunge la piena eccellenza nei rossi. Soprattutto nel Cabernet Franc del Paleo, che costa meno di Messorio e Scrio ma a mio avviso li supera (al di là della differenza dei vitigni).
Il Paleo Bianco, oggettivamente, è il vino “peggiore”. E non lo scrivo perché Robert Parker ha dato 90/100 all’annata 2008 (recensione che potrebbe equivalere al bacio della morte). Non è economico (le ultime annate si trovano a 25 euro, la 2008 a 58 on-line). Viene da vitigni (Chardonnay e Sauvignon Blanc) che a Bolgheri si adattano, ma non sino in fondo. Tutto qua. Ciò non toglie che, nel caso de Le Macchiole, il concetto di “peggiore” è appunto lo stesso di un Bob Dylan o di un film di Martin Scorsese: The Aviator non è un capolavoro, ma resta comunque da vedere.
Come da vedere, anzi da bere, resta il Paleo Bianco. Piacevole, di discreta mineralità, ben fatto.
Un bacio a Cinzia, e grazie.
P.S. Anticipo la battuta di molti: no, di solito quando critico un vino non me lo spediscono a casa per farmi cambiare idea. Tutt’altro. In caso contrario, passerei la vita a scrivere che odio Gravner, Roddolo, Rinaldi e Valentini. (E Le Macchiole).
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con stile,se l’e’ cavata con stile egregio Scanzi.il concetto di “peggiore” nel confronto Paleo b.-Dylan le ha concesso un uscita con stile.avesse citato la copertina di Saved neppure la gentile signora del vino l’avrebbe perdonata:)
25 Marzo SUMMA 2012:
mi avvicino a Le Macchiole Messorio ultima annata, non mi convince come non mi ha convinto il 2003 regalatomi da un amico dicendomi che era superiore al Masseto; nemmeno mi convince lo Scrio, ma il Paleo rosso lo adoro.
Non ho assaggiato il Paleo Bianco e neanche sento la voglia; Robert Parker, che è un grande degustatore, molte volte sopravvaluta certi vini per il mio gusto, spero che si renda conto che a volte alcuni dei suoi punteggi non sono congrui.
In riferimento alle donne per l’over drive enogastronomico non ci sono dubbi, sono le numero uno.
Il rispetto per il critico, il rispetto per il proprio lavoro e per la propria creatura. Con classe, eleganza ed educazione. Ovviamente ripagate!
Francesco@ Concordo con lei sull’abilità del Sig. Scanzi.
Avevo completamente rimosso l’esistenza di “quella” copertina 🙂