Coulèe de Serrant 2005

Ecco un vino mitico, sacro, celebrato (e un po’ odiato). Uno dei bianchi più famosi del mondo. La Coulèe de Serrant di Nicolas Joly. Il guru della biodinamica. Il maestro, da qualcuno poi abbandonato, dei vinonaturalisti.
L’ho bevuto ieri sera con alcuni amici. Abbiamo mangiato una fonduta di formaggio, per l’esattezza una raclette.
Il primo vino è stato un Pas Dosè Cavalleri 2006, fresco e citrico, dritto e femmina. Bello.
L’annata della Coulèe de Serrant era la 2005. Ce l’avevo in cantina da tre anni. La Coulèe è il vino di punta di Joly, superiore al Les Vieux Clos (appellation Savennières) e al Clos de la Bergerie (appellation Savennières-Roche aux Moines).
La Coulèe de Serrant, anche appellation, è monopolio di Joly. Un vino che fa solo lui, da sette ettari e vigne di almeno 35-40 anni di età. Ventimila bottiglie circa l’anno, per un prodotto che su eBay si trova sulle 70 euro e al ristorante mai sotto le 90-100.
Gli altri vini di Joly, tutti da Chenin Blanc, si trovano sui 30-35 euro (Vieux Clos) e 50-60 euro (Bergerie). Sono meno ambiziosi, ma anche più facili da bere.
Recensire la Coulèe de Serrant è molto difficile. E’ un bianco che ha connotazioni proprie e assai diverse da altri Chenin Blanc che pure amo, come quelli di Vouvray (sempre Loira, ma molto più ad est di Savennières). Ho sempre pensato che fosse macerativo – l’ho anche scritto – e Joly dice di no. Non lo è. Quindi sbagliavo io (buuuuuu).
Il prezzo è impegnativo e non posso dirvi che li valga innegabilmente. Per me sì, ma è una bottiglia che va compresa e che occorre approcciare con umiltà e competenza.
E’ un vino che cambia, enormemente, con il passare dei minuti e delle ore. Se esiste un “vino da meditazione”, definizione che peraltro odio, questo lo è: andrebbe forse bevuto da solo, sorseggiato a lungo, quasi come un whisky.
L’annata 2005 si è presentata con un leggero effetto ossidativo, tipico anche della zona dei bianchi dello Jura. Ne avrei fatto a meno, non amando l’ossidazione (seppur tenue). Questo, unito alla forte gradazione alcolica (15 gradi), rende la Coulèe de Serrant un vino che non ammette vie di mezzo e che richiede impegno vero. Non è il mio vino della vita e non lo si beve tutti i giorni. Non solo per il prezzo.
Di Vouvray potrei nutrirmi diuturnamente, di Coulèe de Serrant no.
La bevibilità è comunque notevole, perché a fronte dell’alcolicità importante c’è un mix di freschezza e mineralità straordinario.
Le note olfattive cambiano di continuo, dal fruttato sciroppato iniziale – tipico di un vino dolce passito – alla speziatura, allo iodato, al mentolato, al tabacco, ai fiori gialli appassiti, al miele. E ancora, e ancora. Ogni minuto muta, varia, si evolve: esperienza emozionante.
Ha grande persistenza, equilibrio tutto suo, armonia eretica e complessità quasi commovente per un bianco.
Purtroppo era l’ultima bottiglia che avevo. Già mi manca.

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13 Responses to “Coulèe de Serrant 2005”

  1. A suo tempo, quando provai la prima volta La Coulèe 2005- forse quattro anni fa- rimasi inizialmente perplesso nel vedere quale gradazione “sorprendente” veniva dichiarata da Joly. Ricordo anche un frutto molto maturo ed esuberante a sovrastare (apparentemente) ogni sfacciata acidità, ma ogni considerazione dubbiosa morì come al solito di fronte alla mineralità esasperata. Termine usato spesso a sproposito ma non in questo caso. Vino di grande personalità. Da riprovare, sicuramente.

  2. KIARA ha detto:

    Con questo articolo l’invito alla ‘meditazione’ é servito su un piatto d’argento..Kia

  3. Francesco Maule ha detto:

    ah, e i solfiti e le filtrazioni non li sentivi Andrea?

  4. quandoseinatononpuoipiùnasconderti ha detto:

    “E’ noto che la Coulée non è fatta con la macerazione sulle bucce, (…)” (Sandro Sangiorgi, miniature di Maggio 2007, http://www.porthos.it/index.php?option=com_content&task=view&id=394&Itemid=391)
    Lo stesso Joly nel suo libro più celebre “Il Vino tra cielo e terra” (curato dallo stesso Sangiorgi) dice esplicitamente di non fare macerazione. Intervenuto a Gorizia per un dibattito sulla biodinamica qualche anno fa, venne incalzato da un giovane produttore supermaceratore con la domanda: “ma se la buccia è parte dell’uva, perchè lei non fa macerazione?”. Risposta: “ne marche pas”
    il semplice colore carico poi non ne fa un “orange wine”: lo chenin invecchia caricandosi di oro antico

  5. Superciuk ha detto:

    Ho bevuto il 2003 perché io amo l’ossidazione, provero’ ad aprire la cassa del 2005 vi faro’ sapere.

  6. Carlo Tabarrini ha detto:

    Altra esperienza da fare. Spero.

  7. Andrea Scanzi ha detto:

    @Quandoseinatoetc. Grazie per la specifica. Nella mia testa continuo a pensare alla Coulèe de Serrant come a un macerativo, perché (pur non essendolo) gli somiglia in tutto. Avevo già corretto il refuso, ma grazie comunque.

  8. quandoseinatononpuoipiùnasconderti ha detto:

    @Andrea Scanzi io invertirei l’ordine dei fattori: sono i macerativi che somigliano in tutto a dei vini maturi, solo che anzichè essere il risultato di una lenta evoluzione, il carattere evoluto viene “provocato” da una tecnica di cantina, appunto la macerazione. Esattamente come un orologio rotto segna due volte al giorno l’ora esatta, così anche i vini macerati fotografano una condizione di maturazione che resta più o meno identica dalla gioventù alla vecchiaia, e che risulta coerente con l’età anagrafica per un periodo limitato di tempo, coincidente di solito con l’uscita sul mercato. E’ un pò come per certe persone che sembrano nate per avere – che so – 60 anni, e tutto il periodo antecedente sembra puramente preparatorio… io per esempio non mi immagino Mario Monti a 18 anni che cazzeggia con gli amici.

  9. Andrea Scanzi ha detto:

    Il tuo è un messaggio bellissimo. Non lo condivido sino in fondo (un po’ sì), ma è davvero splendido. 🙂

  10. Giovanni Corazzol ha detto:

    @quandoseinatononpuoipiùnasconderti: diventiamo amici?

  11. Giovanni Corazzol ha detto:

    PS: bevuto giusti ieri chenin del 1994 del domaine aux moines. acidità spaventosa, poi miele, liquirizia, tanta roba. la vulgata dice che le due signore (madre/figlia) condividono con Jolie quel che resta del Savennieres. dati i tempi segnalo che la bottiglia è costata 30 euri.

  12. quandoseinatononpuoipiùnasconderti ha detto:

    @Giovanni Corazzol “lo sono contrario all’amicizia: è una combutta tra pochi, una complicità antisociale” diceva Stefano Satta Flores in “C’eravamo Tanto Amati”…scherzo, e condivido la tua valutazione di Domaine Aux Moins, ho conosciuto la figlia da cui ho comprato qualche bottiglia di annate giovani e vecchie: è un vino molto interessante, tra l’altro Roche Aux Moines è protetto da Appellation esattamente al pari di Coulée de Serrant, li separa un muretto…i prezzi sono commoventi, in un ristorante delle mie parti si trova attorno ai 17 €, a me Madamoiselle De LaRoche l’ha venduto a 10€ (a prescindere dall’annata). Da buon italiano ho chiesto alla signorina in questione se conoscesse Joly, mi ha risposto con uno sguardo di rimprovero, non ho ancora capito se fosse rivolto a me o a Joly…

  13. Daniele Tincati ha detto:

    Ho assaggiato il 2007 lo scorso anno a Cerea. Mi sono avvicinato con soggezione, cercando però di restare lucido. Non avevo scorto ossidazioni. Mi ha affascinato a tal punto che ho dovuto chiedere un secondo assaggio per verificare se stavo sognando o era vero. Come dici tu cambia in continuazione, incredibile la differenza dei profumi tra bicchiere fermo e dopo la rotazione. Condivido pienamente la difficoltà nel vederlo in accompagnamento al pasto, probabilmente è troppo per qualsiasi cosa.
    Invece a Merano ho assaggiato il Roche aux Moines del Domaine aux Moines citato da Corazzol. Li ho trovati profondamente diversi. Assaggiato 2004 e 1994. Mi sono sembrati più magri del Serrant. Poi il 1994 che ho assaggiato io ( probabilmente c’era qualcosa che non andava ) era sì ancora molto fresco e non male in bocca, ma i profumi erano molto “didattici”. La prima impressione è stata quella di infilare la testa in un fustino di detersivo, vi ricordate quelli degli anni 70, quando nel coperchio c’erano i regali ?

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