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Beaujolais Vignes Centenaires Beaujolais-Villages 2016 – Clotaire Michal

domenica, Gennaio 6th, 2019

IMG_9237Chissà perché non scrivo più di vino, anche se continuo a berlo e a berlo bene. Occorre che, prima o poi, ponga rimedio sul serio. Meno politica, più vino: non solo nel privato, ché quello accade già da sempre, ma pure nel pubblico. Cioè nel lavoro. Cioè anche qui.
Comunque.
Ieri sera son tornato dall’Inghilterra. Ho visto Hinckley, e dunque la Triumph, e poi Cambridge, e quindi anche e soprattutto Syd Barrett. Ero stanco morto, pile finite e la Mesmeric Lady era tornata pure lei alla base dopo i nostri giorni nelle Midlands britanniche. Corro qualche chilometrico, giusto per non sentirmi in colpa dei tre giorni senza jogging nel Regno Unito, e appronto (cazzo di parola è, “appronto”?) una cena frugale. Serve un vino. Mi torna alla mente un rosso anomalo, quindi adatto a uno come me che al 90% beve bianchi. E’ un Beaujolais e dunque un Gamay. Vino e vitigno di cui in Italia si conosce più che altro la versione Nouveau, ovvero – brutalizzando – il “novello”. Ricordo che, una volta, Berlusconi definì il marginalissimo calciatore Ibou Ba come “una bella bottiglia di Beaujolais frizzante“. E già questo basta per tumulare in eterno la versione novello (anche se ne conosco di discrete).
La bottiglia che ho aperto ieri è una mirabile Vignes Centenaires, annata 2016, di Michal Clotaire. L’ho presa un anno fa all’Only Wine di Città di Castello. Di quella giornata ricordo non pochi stivali femminili meravigliosamente ben portati, due dei quali giusto accanto a me, fondamenta fascinose di un’amica non certo meno sensuale. Anche se non sembra, e pur circondato da siffatte esplosioni di femminea bellezza, ricordo bene anche alcuni vini lì scoperti. Tipo questo. Merito di Luca Martini, sommelier aretino di giusta fama mondiale, che al suo banco aveva questi Gamay sublimi e alcuni Riesling della Mosella che saccheggiai con cupidigia. Martini racconta così il suo amico francese: “Dal 2008 al 2012, Clotaire produce St. Joseph da uve Syrah ma non è pienamente soddisfatto della sua terra ,della sua vita. Nel 2013 compra una proprietà a sud di Broilly, precisamente a St Etienne la Varenne, in un posto baciato da dio. Lui lo chiama il suo “diamante grezzo” io ho visto e sentito l’energia che questo fazzoletto di terra di 3,5 ettari può donare. Esposizione a sud, vigne vecchie o meglio… più di un secolo sono la partenza che ha fatto scattare questa nuova avventura. Un’avventura che parla di rispetto, di fermentazioni a grappolo intero ,di solforose bassissime e interazione tra legno (vecchio) ed acciaio di grande lavoro in vigna e rispetto in cantina ..come dice Clotaire il vino lo fa il lavoro in vigna“. Credo costi sui 30 euro, forse meno ma non credo.
E adesso torno alla bottiglia bevuta ieri. Prodigiosa, di quel prodigio verticale che poggia quasi tutto su acidità e sapidità. Alcolicità contenuta (12.5 gradi), elegante e persistente, lampone croccante e spezie garbate, su tutte il pepe. Una nota balsamica e una bevibilità suprema, infatti la bottiglia è quasi finita (che è sempre il segnale più inequivocabile in merito alla bontà o meno di un vino).
Da tutto ciò ne conseguono, a cascata, alcune riflessioni. 1. Durante queste feste, ma più che altro durante questi anni di silenzio, tanti (gran) vini potevo ben recensirli. 2. Luca Martini mi ha dato una bella dritta: thank you, man. 3. Only Wine è una rassegna a cui sono legato e quest’anno ci inventeremo probabilmente un mio intervento ad hoc. 4. Il Gamay, non per nulla ritenuto da alcuni un “piccolo Pinot Noir“, a volte sa essere un vino sexy. Tipo certi Champagne Blanc de Blancs. Quello di ieri lo era. 5. Spero che, da queste parti, ci vedremo più spesso.