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Franciacorta: sì o no?

lunedì, Luglio 2nd, 2012

Qualche settimana fa ho comprato un Franciacorta in una enoteca di Milano. Il posto si chiama Vino al vino, via Spontini angolo Piazza Bacone, zona corso Buenos Aires. Discreta enoteca, con mescita e cucina semplice.
Ci tornerò con più calma.
Non c’era una grande scelta di Metodo Classico, Cavalleri e Haderburg li conosco sin troppo bene. Così, su consiglio del proprietario, ho comprato un Franciacorta Nature di Enrico Gatti. Venti euro, forse qualcosa più, non ricordo bene.
85 percento Chardonnay e 15 Pinot Nero. Ventiquattro mesi sui lieviti. L’azienda è ad Erbusco.
L’ho bevuto con amici. Com’era? Discreto. Non puoi dire che è cattivo, non puoi dire che ti fa impazzire. Piacevole, ma anche un po’ scontato e scolastico.
Ecco: questa stessa recensione posso spenderla per la stragrande maggioranza di Franciacorta bevuti negli anni. Non voglio dire, come pensano molti vinoveristi, che i Franciacorta sono automaticamente “industriali” e quindi rappresentano “il male”. Generalizzazioni manichee, che non sopporto. Ammetto però che, tolti i soliti nomi, le aziende in grado di incendiarmi sono poche. Non mi dispiacciono, ma si attestano quasi tutti tra il 6- e il 6+.
A parte Cavalleri; a parte Faccoli (che mi piace molto); a parte Colline della Stella di Andrea Arici (Pas Dosé) e Il Pendio, di cui ricordo con piacere Il Contestatore; a parte altri 2-3 nomi (che vi prego di fare, anche solo per aiutare chi visita questo blog); a parte le versioni deluxe (e non esattamente economiche) dei nomi più griffati tipo Ca’ del Bosco e Uberti (Sublimis); a parte alternativi che dividono (Casa Caterina); a parte i vari panda qua e là, come la mettiamo?
Voi, se bevete Franciacorta (non Oltrepò Pavese o Trento: Franciacorta), cosa bevete?