Archive for the ‘Degustazioni’ Category

Morgon 2015 Cote du Py – Domaine Joubert

domenica, Marzo 22nd, 2020

Schermata 2020-03-22 alle 20.09.48Segnalazione obbligatoria per questo strepitoso Morgon. L’ho trovato nella distribuzione di Storie di Vite, e l’ho amato oltremodo. A chi mi segue su Facebook, dico che è esattamente il vino che ho aperto durante la diretta di sabato 21 marzo dedicata a Gianni Mura.
Chi mi legge da anni sa come io sia più bianchista che rossista, e da questi ultimi cerchi anzitutto verticalità, freschezza e mineralità. Quindi il Gamay, che è il vitigno dell’appellation Morgon, è perfetto. In questo caso la sottozona, di gran pregio, è Cote du Py. Terreni di scisti argillo-calcarei, 15 giorni di macerazione carbonica. Questa annata 2015 di Domaine Joubert mi ha esaltato: così fresco, così naturale, così complesso (nelle sue accezioni migliori). Davvero un rosso prodigioso, che migliora di bicchiere in bicchiere, di sorso in sorso, di ora in ora.
Non posso non consigliarvelo.

Ansonica 2018 – Calabretta

sabato, Marzo 21st, 2020

Schermata 2020-03-21 alle 20.40.15Devo ad Adriano Aiello e Ivan De Chiara la scoperta, ahimè tardiva, di questa splendida Ansonica. E’ la loro distribuzione Storie di Vite a portare in Italia questo nettare e, a quel che so, è stato proprio Adriano (caro amico tennistofilo da anni) a “lanciarlo” definitivamente su scala nazionale.
Conosco Ansonica encomiabili dell’Isola del Giglio, vitigno che si trova ancor di più in Sicilia (col nome di Inzolia). In Calabria figura nell’uvaggio della DOC Bivongi in provincia di Reggio Calabria.
Farla a Cirò in provincia di Crotone, per giunta in purezza, è un bell’azzardo. Che Cataldo Calabretta persegue con successo. Cataldo è alla quarta generazione di una famiglia di viticoltori cirotana. Uve in regime biologica, cantina ristrutturata con le sorelle. Usa ancora i palmenti, le vecchie vasche in cemento.
La sua Ansonica in purezza viene da vigne vecchie 30 anni. Mosto fiore affinato sulle fecce fini per 6 mesi in vasche d’acciaio (leggo da una recensione de Ilcalicediebe). Nel bicchiere ammalia sin dal giallo dorato, che può però celare una vocazione piaciona e furbastra. Al contrario: l’Ansonica di Calabretta si rivela dritta e schietta, orgogliosamente marina e decisamente salina. Fiori e frutta gialli, sì, ma pure – e soprattutto – mineralità, note iodate e un che della mitologica “pietra focaia” (che non sembra, ma esiste). Mi è piaciuta decisamente. Persino (molto) più di quanto credessi. Bravi Cataldo, bravo Aiello, brava Storie di Vite.

Vespaiò – Il Moralizzatore

giovedì, Marzo 19th, 2020

Schermata 2020-03-19 alle 17.11.51Ho sempre amato i vini dei ragazzi del Moralizzatore. Siamo a Carmignano del Brenta, luogo che mi ricorda una delle pochissime date teatrali non andatemi bene negli ultimi anni. Enrico e Andrea, uno veterinario e l’altro farmacista, fanno vini allegri. Nel senso letterale: sono schietti, veri, naturali e divertenti. Ricordo, ma posso sbagliare, che inizialmente il loro rifermentato si chiamava “Friuliè” o qualcosa dal genere. Mi piaceva molto. Ora c’è il Vespaiò, 60% Vespaiola e 40% Tai. Sta a contatto con le bucce per sei ore e poi rifermenta con il mosto vitale. Bevibilità glou glou totale.
A me piace molto anche il Brespa, che è il fratello più serio e fa una macerazione di due giorni sulle bucce. Stavolta Vespaiola in purezza. Prezzi sempre assai onesti e contenuti. Non ho mai provato i rossi fermi, che mi attraggono meno, mentre ho puntato e presto proverò il Cabaret Rosè (Cabernet Sauvignon vinificato in rosa).
Se cercate un’azienda semplice e seria, Il Moralizzatore non potrà deludervi.

Riesling Trocken “von der Fels” 2018 – Keller

mercoledì, Marzo 18th, 2020

Schermata 2020-03-18 alle 12.40.01Mi sono imbattuto in un Riesling tedesco strepitoso. E’ opera del grande Klaus Peter Keller, maestro dei Trocken (secchi) nella zona del Rheinessen, teoricamente meno vocata della Saar. Per certi versi Keller sta alla Rheinessen come Egon Muller alla Saar: sono due maestri, e dietro di loro (per fortuna) si è creata una nutrita selva di allievi.
Il capolavoro di Keller è il Riesling G-Max, uno dei vini più cari e mitici del mondo. Io mi sono fermato molto prima, provando uno dei suoi Trocken “base” (si fa per dire). L’ho scoperto grazie a Luca Martini, che li distribuisce in Italia. Si chiama “von der Fels”, annata 2018. Credo che in enoteca si trovi poco sotto i 30 euro.
Vecchie viti e rese estremamente basse: sono alcune delle caratteristiche chiave di Keller. Questo “von der Fals” brilla per una mineralità prodigiosa, che sconfina in una sapidità “totale” e davvero conturbante. Complesso e lungo, con la beva migliore dei Riesling migliori. Purtroppo il Riesling (che sia Francia o Germania) non ha mai solfiti troppo bassi, ma qui siamo dalle parti della naturalità. In breve: un Riesling Trocken irresistibile.

Una piccola azienda dal grande talento: Angol d’amig

sabato, Marzo 14th, 2020

97b74a77-1b05-4b5b-989d-1d64fb65ca58Ultimo tra tanti, dopo tanto sentirne parlare mi sono finalmente imbattuto nell’azienda Angol d’amig. Tanti me ne avevano parlato, tutti bene: avevano ragione. Eccome.
Angol d’amig fa parte di Vini veri. Siamo a Vaciglio, provincia di Modena. Azienda fondata nel 2013, 15mila bottiglie prodotte. Soprattutto Lambrusco (Sorbara ma non solo) e Trebbiano di Spagna, una tipologia che di solito a Modena viene “declassata” per fare l’aceto balsamico tradizionale, ma che qui (per fortuna) dà vita a strepitosi rifermentati e spumanti.
Angol d’amig vuol dire “angolo dell’amico” ed è un progetto di Marco Lanzotti, che dopo anni nel settore della ristorazione ha deciso di tentare l’avventura del vino. E’ arrivato a Castelvetro di Modena dall’azienda biologica San Polo, ha affittato un piccolo appezzamento di terra e ci ha provato. Così, qualche anno fa, ne ha parlato Barbara Brandoli: “Vinificare come atto di contrasto all’indifferenza. Conosco Marco Lanzotti da alcuni anni, allora lavorava in sala nel mio ristorante preferito di Modena e capitava spesso che, finita la cena, m’intrattenessi con lui ad assaggiare e a parlare di vini prolungando l’orario di chiusura del locale. Di Marco mi colpirono la spontaneità quasi ingenua e la curiosità innata che sapeva trasformare in entusiasmo contagioso. Un ragazzo f1c89849-ba5f-4e0b-979d-f699256455b1speciale che, come me, ha sempre avuto la passione per il vino, in particolare per quello naturale. E così, di passione in passione, non mi ha stupito apprendere che dopo aver lasciato il lavoro in sala, un paio d’anni fa, Marco ha avuto la fortunata intuizione di provare a fare un vino tutto suo. Una bellissima storia di vita, incontri, viaggi e assaggi in cantine in giro per l’Italia. Un’ esperienza vissuta in prima persona, con l’anima e il cuore aperto che, non potevano che portare ad una consapevolezza chiara come quella di sentirsi pronto per diventare prima viticultore e poi piccolo produttore. Così, quando hai un sogno nel quale credi fortemente, la vita ti aiuta a realizzarlo e ti crea le condizioni favorevoli perché ciò si avveri. Per Marco ha significato arrivare a Castelvetro di Modena nell’azienda agricola a coltivazione biologica San Polo e poter affittare un pezzo di vigna da curare e un angolo di cantina dove vinificare. Il progetto prenderà poi il nome di “Angol d’Amig” (l’angolo dell’amico) che sarà a tutti gli effetti un posto che permetterà a Marco di esprimersi attraverso il suo lavoro in vigna, il suo raccolto e la vinificazione che avverrà in giare di terracotta”.
Scoprire i vini che produce Lanzotti non è facile: non c’è un sito. E neanche è facile reperire i suoi vini: sono pochi. Come dicevo all’inizio, li si può dividere da una parte in frizzanti e rifermentati, la cosiddetta linea base, e dall’altra in spumanti Metodo Classico, che Marco vende ancora da sboccare: devi tenerli a testa in giù in frigo, tramite un contenitore ad hoc che ti vende lui, e poi devi aprirli seguendo poche facili accortezze (ci riesco anch’io, tranquilli!) per eliminare le “fecce” depositatesi nel frattempo nel collo della bottiglia.
Dell prima categoria fa parte il Rosso, assemblaggio di Lambrusco Grasparossa, Maestri e Trebbiano di Spagna. Lanzotti lo faceva già nel 2013, sua prima annata, e non so se nel tempo abbia cambiato nome. C’è poi il Sandrone, un assemblaggio di Lambrusco Grasparossa, Sorbara e Salamino equamente divisi (tutti al 33.3%). Mi hanno ben parlato anche dello Scaramusc, che ha lo stesso uvaggio del Sandrone e potrebbe dunque essere lo stesso vino con un nuovo nome nell’annata 2018. Alla fine sono riuscito a farmelo spedire dalla Enoteca Galli di Senigallia: davvero splendido. Un Lambrusco schietto e “animale”, alla maniera di Vittorio Graziano, con una gradazione alcolica davvero bassa (10.5%).
Io ho avuto modo di provare, grazie ai ristoranti La pieve e Lievito madre di Arezzo, i due spumanti Metodo Classico. Il primo è il Qui e ora, un Trebbiano di Spagna in purezza: l’ho trovato prodigioso, conturbante e alieno. Per fare un vino così, servono talento a chili e follia mediamente alta. Non meno meritevole di lode mi è parso La Banda, un Lambrusco di Sorbara in purezza riletto attraverso il Metodo Classico. Grande eleganza, grande beva: e purtroppo pochissime bottiglie (nel 2016 erano solo 665).
Sicuramente l’avete scoperto prima di me, ma Marco Lanzotti è bravo parecchio.

Fiurin – Valli Unite

giovedì, Marzo 12th, 2020

28354285-1b9b-4125-a946-1761e36864faIl vino di cui vi parlo oggi mi è piaciuto da morire. Esce solo in bottiglie magnum, ma ha un prezzo decisamente contenuto. Classico vino da tutti i giorni, glou glou nell’accezione più nobile e sincera. Si chiama Fiurin e l’azienda è Valli Unite. Fa parte del VinNatur di Angiolino Maule. La seguo da un po’ e non mi ha mai tradito. Siamo a Costa Vescovato, Alessandria. Quindi anzitutto (ma non solo) Timorasso. Il vigneron è Alessandro Poretti, giovane e con le idee chiare: “Fare vini naturali significa in primo luogo essere onesti con se stessi“.
Di Valli Unite sono noti anzitutto i Timorasso. Francesco Maule, figlio di Angiolino, è a capo della distribuzione Arkè che ha in catalogo anche i vini di Valle Unite. Il suo lavoro, come quello di sua moglie Erica e del grande Gianpaolo Giacobbo, è meritorio. Francesco mi fa sempre prendere “per forza” il San Vito, una selezione di Timorasso dalle vigne più vecchie: bel vino, ma per i miei gusti sin troppo carico e con quella nota ossidativa “alla Jura” che proprio non è nelle mie corde. Preferisco, sempre per stare sul Timorasso, il Derthona (da vigne più giovani, dunque il “base”) e il Montesoro (macerato: il mio preferito).
Divertente il Brut and the Beast, un rifermentato senza pretese 80% Cortese e 20% Malvasia. Gradevolissimo il Ciapè, Cortese in purezza solo acciaio.
E poi c’è questo Fiorin. Ho aperto la magnum con la mia compagna e non vi dico quanto ci abbiamo messo a finirla, perché un po’ (ma solo un po’) ci vergogniamo. Blend a maggioranza Cortese con un po’ di Timorasso. Leggera rifermentazione, che gli dà i crismi di un vino quasi-fermo con chiaro effetto pétillant. Affinamento in acciaio, lieviti indigeni e no solfiti aggiunti. Note floreali, come lascia intuire il nome, ma non è quello che più vi colpirà: è la bevibilità suprema. La gentilezza, la piacevolezza. La freschezza, il garbo. Vino riuscitissimo: ci è piaciuto da morire.

Sialis Pinot Grigio 2015 – Terpin

mercoledì, Marzo 11th, 2020

IMG_6240Franco Terpin è una garanzia: da sempre. Di stanza a San Floriano del Collio, nel goriziano, produce vini naturali semplicemente strepitosi. Adoro la sua linea base, chiamata ironicamente “Quinto quarto”. E adoro la sua serie gold, per esempio il Jakot (ovvero Tokay al contrario) e la Ribolla Gialla. Uomo di poco parole, dice: “Il vino naturale ti fa stare bene con gli altri e con te stesso“.
L’altra sera, con Mesmeric Lady, ho aperto il Pinot Grigio Sialis 2015: tutti in piedi!
Pinot Grigio in purezza, frutto del micro vigneto “Sialis” da vigne di 70 anni. Macerazione di 10 giorni, grande estrazione dalle bucce e colore rosa (scuro). E’ uno dei migliori macerati italiani. La parola che più lo fotografa è “maestoso”. Al naso è invitante come pochi, al gusto rivela una persistenza chilometrica. Che capolavoro.

Oran-G – Il Cavallino

martedì, Marzo 10th, 2020

Schermata 2020-03-10 alle 16.09.01Da qualche anno l‘azienda Il Cavallino è una delle mie (non poche) certezze nel mondo dei vini naturali. Si trova in Val Liona, nel vicentino. Produce anche rossi, ma eccelle anzitutto nella declinazione della Garganega. Il vigneron è Sauro Maule, fa parte di VinNatur e ha per maestro Angiolino Maule, ma non sono parenti.
I suoi vini che più adoro sono lo Sgass, un rifermentato in bottiglia metà Durella e metà Garganega; il Pri, selezione della migliore Garganega dell’azienda proveniente da vigneti di 50 anni di età. E poi l’Oran-G. Maule lo descrive brevemente così nel suo sito: “Selezione da vigne vecchie (45 anni) di Garganega in purezza con 6 mesi di macerazione in acciaio; affinamento in legno per 12 mesi (botte da 10 hl), senza solforosa“. E’ un macerato scontroso e impegnativo, che parte senza concedersi per poi esibire tutto il suo fascino. Lungo, fresco, minerale. Di gran carattere e bella beva, ottimo carattere e un equilibrio tutto suo. Chi si diverte coi sentori olfattivi, ci troverà per esempio ginestra e liquirizia. In bocca è un piacere che invade e pervade. Imperdibile.

Rosso sui lieviti frizzante – Furlani

domenica, Marzo 8th, 2020

Schermata 2020-03-08 alle 17.46.58Nel loro sito, si definiscono così: “Cantina Furlani e’ giovane e dinamica, un riuscito binomio di tradizione e avanguardia. La produzione rimane totalmente artigianale ed al suo interno si svolgono tutte le delicate fasi della vinificazione. L’azienda agricola ha un estensione di vari ettari di vigneto, appezzamenti che raggiungono i 720 metri slm, in parte sulle pendici della Vigolana ed in parte sulle colline sovrastanti la città di Trento, dalle quali uve si ricavano vini naturali, semplici, raffinati e di forte personalita’. Uve coltivate e vinificate con passione, sempre nel rispetto della natura, dell’ambiente e degli animali“.
Furlani è un’azienda trentina che conosco da un po’ e ritengo una garanzia, perlomeno nei rifermemtati. Li ho provati quasi tutti (le bottiglie non sono poche, le etichette però tante) e devo dire che non ne sono mai rimasto deluso. Dallo spumante Alpino, forse il loro vino più ambizioso. all’Alpino Macerato sui lieviti frizzante (ottimo), passando per il Macerato sui lieviti (viva!) e lo spumante Alpino Antico.
Domenica scorsa, nel meritorio ristorante Officina Panini Gourmet di Arezzo, ho provato per la prima volta il Rosso sui lieviti frizzante. Un rifermentato senza troppe pretese, naturale come gli altri vini prodotti da Furlani, derivante da un blend di uve autoctone rosse provenienti da vigne con oltre 35 anni di età. Siam sempre lì: grande beva, estrema piacevolezza, effetto glou glou e gran rapporto qualità/prezzo. Lo consiglio, come tutti i vini prodotti da Furlani.

Il pergola 2017 – Giacomo Baraldo

sabato, Marzo 7th, 2020

IMG_5997Segnatevi questo nome, sempre che non lo conosciate già: Giacomo Baraldo. Tommas Ino Ciuffoletti, su Intravino, l’ha raccontato molto bene. Siamo a due passi da San Casciano dei Bagni. Baraldo è un gran bel talento. Così Intravino: “Ha iniziato a lavorare ancor prima di finire gli studi e che, se vicinissimo a casa ha fatto una vendemmia a Trinoro, ha poi preso a girare il mondo per vigne e cantine“. Il bar/hotel del paese è della sua famiglia. A Intravino si è raccontato con parole chiare: “Nel 2012, dopo che mi sono laureato, volevo viaggiare. Così, ho rifiutato una bella offerta qua in Italia e sono andato a Bordeaux, nelle Graves, dove sono stato 3 mesi. Sono tornato in Italia, ma ormai avevo preso una strada che mi portava fuori e così sono tornato a Margaux, per poi iniziare la tiritera delle due vendemmie all’anno. Finché non m’è arrivata una chiamata dalla Borgogna, da De Montille, dove avevo già lavorato nel 2014 e 2015, facendo cantina e potatura. Nel 2016 il loro aiuto-enologo stava lasciando l’azienda e così mi hanno chiesto di andare su”. Della Borgogna parla con gratitudine – “lì ho imparato a lavorare coi bianchi, con le fecce, i travasi, le sfecciature, ho imparato ad annusare le botti di rosso” – e gli chiedo di raccontarmi di ogni posto dov’è stato durante, come la chiama lui, la tiritera. La Nuova Zelanda (dove tuttora collabora con l’azienda Greystone, sulle Omihi hills vicino Christchurch), “lì ho imparato a fare i vini come avevo studiato all’università, in modo molto preciso e utilizzando questa tecnica della fermentazione in vigna, che poi ho usato anche qui”. La Patagonia, “beh lì ho imparato a non fare troppo affidamento sugli altri! E a fare delle vinifcazioni a strati, ovvero con grappoli interi e diraspati sovrapposti su più strati … cosa che peraltro ho provato a fare anche qui”. Ripete questa frase per la seconda volta e penso che nel suo caso, parlare di “bagaglio d’esperienza” non sia solo una formula retorica. Chiude il tour tornando a Bordeaux: “anche lì mi sono capitati vini più didattici, ma intanto ho imparato il francese. E non è poco”.
Ho scoperto i suoi vini grazie a Luca Martini e sua sorella Giulia. Luca distribuisce una piccola selezione di grandi vini (naturali) italiani e non solo, tra i quali quel Garay andaluso che vi ho già raccontato e che adoro sempre più nelle sue quattro declinazioni del vitigno Zanema. Baraldo è una scoperta della sorella Giulia, che trovate in sala nell’ottimo ristorante di famiglia “Da Giovanna” ad Arezzo.
Baraldo, con la sua piccola produzione a suo nome, si è fatto notare anzitutto per il suo Sangiovese “Il bossolo”. Fa anche un rosso con altri vitigni rossi, “Il bossoletto”. Le sue vigne vivono in un microclima del tutto particolare, perché sono a pochi metri “dalle antiche vasche in pietra che raccolgono l’acqua delle vicine sorgenti termali. Un’acqua diversa da quella, ad esempio, di Saturnia (che è a base di zolfo) e che raggiunge i 39°, influendo in modo localizzato anche sul microclima del posto”.
Io però mi sono imbattuto in un vino diverso, sempre suo e ancora più prezioso. Per ora trovarlo è quasi impossibile, perché la prima annata (2017) consta di appena 240 bottiglie. E’ un macerato di Pulcinculo in purezza, che è poi uno dei tanti nomi (o comunque un parente strettissimo) di un vitigno altrove chiamato così: greco bianco di Perugia, greco spoletino, pulce, greco gentile, pignoletto, grechetto bianco, uva di San Martino, strozzavolpe. Il macerato di Baraldo si chiama “Il pergola” ed è un macerato di rara eleganza e bella beva, persistente e di carattere, slanciato e per nulla seduto, di grande freschezza e ancor più grande mineralità. A Intravino, prim’ancora di farlo, l’ha raccontato così: “Lungo un costone del Monte Cetona, ad una bella altitudine, metterò una selezione di Pulcinculo fatta da due pergole che sono proprio qui, sotto la piazza, per farci un macerato (a maggio usciranno le prima 240 bottiglie di macerato, 2017, “Il Pergola” ndr)”.
Ve lo consiglio (se lo trovate). E se non lo trovate, bevete qualsiasi cosa di Baraldo: il ragazzo ha talento, rispetto e fantasia.