Facce da mandillà

Venerdì e sabato ho presentato Gaber se fosse Gaber a Scarperia e Novara. Nel secondo luogo c’era il pienone, nel primo il teatro era gremito a metà.
Gli organizzatori di Scarperia, in pieno Mugello, sono stati coraggiosi. E l’azzardo ha pagato in parte.
La loro Associazione Culturale si chiama Arzach. Sono stati particolarmente decisi nel chiamarmi: in un mese hanno organizzato tutto.
A Scarperia ho trovato un gruppo di amici sui cinquantanni, gaberiani dagli albori, con tanto di rarissima collezione di vinili e 45 giri in bella mostra. Per certi versi, sembrava di stare dentro i primi film di Francesco Nuti e/o Alessandro Benvenuti. Mancava solo che qualcuno dicesse: “O tu sposti la chiesa, o tu vinci al Totocalcio, o tu vai ni’ Pperù“.
Una delle cose belle dei viaggi, delle tournèe, degli spettacoli, degli incontri letterari: è proprio la possibilità di incontrare un’umanità varia. E per nulla avariata. Piccoli avamposti di persone che ci credono e che resistono.
Marco Bogani è il presidente di Arzach. Il datore di luci (cit) dello spettacolo è stato il fotografo Fabio Innocenti.
A fine serata, comunque felici per la resa artistica e per la soddisfazione dei presenti, mi hanno regalato un cd da loro prodotto. Le cover di Fabrizio De André, rilette in chiave blueseggiante, dalla Band Aut. Un gruppo di sei e a volte sette elementi. Musicisti del Mugello, in gran parte.
Il cd si intitola Facce da mandillà. Hanno scelto il repertorio in dialetto di De André, tranne Quello che non ho, La ballata dell’eroe, Nella mia ora di libertà e fiume Sand Creek.
E’ un disco semiclandestino, che conosceranno in pochi, ma è dignitosissimo. Alcune versuoni, come Jamin-a, Mègu Megun e Sinàn Capudàn Pascià, sono decisamente riuscite.
Ascoltandolo, mi è tornato in mente l’effetto che mi hanno suscitato di recente dei dischi “minori” (ma assai meritevoli): Asincrono di Luigi Mariano, This Man di Sergio Marazzi, il tributo al Signor G dei Flexus. Quanti artisti e opere quasi sconosciute esistono, in Italia, sepolti dall’incuria degli addetti ai lavori e dalla crisi economica?
Troppe. E’ una cosa bella, perché vuol dire che qualcosa di vivo c’è ancora. Persino in Italia: questa Italia. Ma è anche una cosa brutta, perché la meritocrazia ce la scordiamo e questi artisti non vivono d’aria.
Nel mio piccolo: grazie. E complimenti.

2 Comments

  1. che poi, alla fine non te l’ho mica chiesto, cosa vuol dire Mandilla, se lo sai e me lo scrivi mi fai un favore, è la mia firma anonima (e saresti l’unico a saperlo) quando scrivo commenti o post un pò al limite di tutto.

    Ciao Andrea.

  2. Ciao Andrea, noi ci conosciamo in quanto scrivevamo insieme sul Mucchio selvaggio con Daniela direttrice, forse nel 1995 non ricordo. Tu firmavi una rubrica Andrea Rui Scanzi, per il tuo affetto che volevi esprimere, giustamente, al grande giocatore Andrea Rui Costa, dai piedi d’oro e l’intelligenza dll’olandese Cruiff. Perché sono qui? Perché mi serviva di sapere cosa significasse Mandilla, che è anche nel testo di Faber, Creuza de ma, e Google m’ha portato nel tuo blog. Bello, l’avevo già visto, ma non avevo avuto l’occasione di dirtelo. Fa nulla, te lo scrivo adesso.

    Hai fatto un bel pò di strada, ti vedo dappertutto. Io invece sono un malato terminale di quel virus che ha amazzato tanti mie amici. Ho 54 anni e mi facevo le pere fino al 1983, e ora campo falavorando come editing per due case editrici, una di Milano, l’altra di Rimini, Bevivino e Guaraldi. Ho una pensione di 299 euro e faccio fatica anche economicamente, per fortuna m’aiuta mia mamma che un pò di soldini da parte li ha. Mio padre è morto nel 2005 il 3 gennaio all’1,30 del pomeriggio. Tutto qua. Non ci siamo mai visti, o meglio tu non hai visto me, io, come dicevo ti vedo e ti leggo spesso, ben per te, un pò triste per me. Ma non è un problema, tanto non è questa la vera vita. La chiudo qui che è meglio. Un abbraccio, se posso, e complimenti per il blog e per il resto. Matteo.

    Ps: ho 5 blog, e dirtelo mi vergogno.

Rispondi a matteoCancel Reply