Il fascino discreto del fumetto italiano

zagorNon senza un’affascinante stranezza, e per certi versi inspiegabilmente, il fumetto italiano resiste. Nell’era della post-modernità, dove tutto è liquido e leggero, rapido e possibilmente impalpabile, l’arte più dichiaratamente anacronistica mantiene il suo fascino. Com’è possibile? Per certi versi, sarebbe come se gli italiani si ostinassero ad ascoltare musica solo e soltanto in vinile. Un approccio ben diverso da quello reale. Eppure, con il passare degli anni, anche il vinile ha ritrovato fascino. Conquistandosi la sua nicchia di mercato. Il fumetto italiano, di fatto, il fascino non lo ha mai smarrito. Certo, alcune testate hanno dovuto chiudere e nel frattempo i prezzi sono aumentati. Uno Zagor mensile inedito costa 3.20 euro, il quadrimestrale Agenzia Alfa 6.80 Euro. La crisi c’è anche qui. Il fumetto però sopravvive, nonostante l’agonia di tutto ciò che è cartaceo e nonostante la palese “antichità” di qualcosa che non può né mai vorrà essere “al passo coi tempi”. Dopo i fasti degli Anni Ottanta e Novanta, cerniera temporale che ha visto nascere alcune testate mitiche (Martin Mystere, Dylan Dog, Nathan Never), a metà Duemila il riflusso pareva inesorabile. Eroi e antieroi sono caduti come birilli: il poliziotto Nick Raider, l’inquieto Lazarus Ledd (edito da Star Comics, nel 2015 uscirà un albo eccezionale che chiuderà la saga), Magico Vento (attualmente ristampato). Pubblicazioni mensile sono diventate bimestrali (Martin Mystere). Il settore, però, ha tenuto. E anzi si è moltiplicato. La martinmysterediversificazione è uno degli abracadabra adottati dalla Sergio Bonelli Editore: se la crisi morde, l’unico modo per dribblarla non è nascondersi bensì intensificare uscite e progetti. Ogni mese, ma più che altro ogni settimana, le edicole vengono invase dai “bonellidi”, i fumetti con il formato eternato dalla Bonelli. Serie eterne e autoconclusive (lo “zombie buono” Lukas, serie di 24 episodi). Biografie sui generis (Caravaggio) e nuovi arrivati che raccontano l’Africa del 19esimo secolo (Adam Wild, ideato dall’ottimo Gianfranco Manfredi, ex cantautore e già inventore di Magico Vento). Quali sono i motivi di questo successo? In primo luogo la qualità di autori e disegnatori: la scuola italiana ha poco da invidiare alle altre e occorre talento autentico per avere (almeno) una buona idea ogni mese. E’ poi verosimile che, per una strana alleanza tra carta e piccolo schermo, l’esplosione delle serie tivù abbia – per rimbalzo, per osmosi – contribuito a far riscoprire anche la serialità del fumetto. Quasi che, nell’era attuale, il disimpegno dovesse essere a puntate e non bruciarsi in un attimo. Tanto nel dramma quanto nell’avventura, tanto nel giallo quanto nell’horror. Il fumetto italiano, bonellide e non solo (si pensi all’autoprodotto Lady Mafia), abbraccia ogni genere. Talora ha la pretesa encomiabile di denunciare (le graphic novel di Beccogiallo) e più spesso costituisce una evasione intelligente. Adatta a tutti i gusti. Vuoi l’horror che non ha imbarazzo nel commuovere e commuoversi? C’è Dylan Dog. Vuoi l’horror cinico, alla Walking Dead o Revenants? Ecco Lukas. Hai appena visto Interstellar di Nolan? Molte cose le trovavi già in Nathan Never (e prim’ancora in Isaac Asimov e Stanley Kubrick). Sei un nostalgico di Indiana Jones e non ne puoi più di Voyager e derivati? Il buon vecchio zio Martyn Mistere è sempre lì. Il fumetto pare poi l’unica arte disposta a dare ancora spazio all’avventura: quella pura, quella per cui il West non è mai morto. Tex Willer è nato nel 1948, ma non è mica invecchiato. E così Zagor, nato nel 1961 e mai così in forma (il livello della produzione, da tre anni a questa parte, sta toccando vette rare). Il fascino del fumetto si è tramandato di generazione in generazione: piaceva a quella di Francesco Guccini, un appassionato del genere, e a quella Luciano Ligabue, che infatti citava Zagor nel primo disco del 1990. Piace però anche a molti ventenni attuali, che affollano le tante mostre e rassegne. Ad aiutare questa longevità inattesa ha contribuito anche la possibilità, tipica del fumetto, di poter essere ostinatamente anacronistico: di fregarsene degli aggiornamenti. Lo stesso restyling di Dylan Dog, dopo 28 anni di immutabilità, non si è certo rivelato brutale. Non solo: consapevole che il rischio di inceppare un giocattolo pressoché perfetto fosse alto, la Bonelli ha deciso di mantenere una collana “Old Boy”, all’interno della quale Dylan Dog è ancora senza cellulare e l’ispettore Bloch non è andato in pensione. Né mai ci andrà. Ulteriore forza dei “bonellidi” sono le spalle: non è soltanto il protagonista a funzionare ma anche l’amico fedele e spesso bizzarro (Groucho, Cico, Kit Carson, Java). Longevo e variegato, ispirato e anacronistico, seriale e pressoché immortale, il fumetto italiano è una macchina del tempo arrugginita come la De Lorean di Ritorno al futuro. Solo che, più spesso, preferisce tornare al passato. Quasi mai al presente. Ogni tavola è una piccola madeleine di carta, in grado di regalarti ogni volta l’incanto di una mezzora con molti sogni e pochi patemi. (Il Fatto Quotidiano, 22 novembre 2014).

4 Comments

  1. Ottimo spunto. Da appassianota di fumetti Bonelli ti suggerisco la lettura di Gea di Luca Enoch e di Lilith dello stesso autore. Specialmente la seconda, dove i riferimenti storici e sociali delle varie epoche che si affrontano sono molto ben affrontati.

    Infine ti segnalo Dragonero, una serie “appena” partita che “copre” un settore di nicchia molto particolare per le corde bonelliane: il fantasy.

  2. Non dimentichiamo ‘Julia’ di Berardi: protagonista femminile intelligente e indipendente.

  3. Sì, ricordo di aver commentato nel tuo blog sul Fatto Quotidiano ad un post (spero di aver azzeccato le preposizioni) dello stesso argomento, giusto tre anni fa.
    Non credo però di averti mai parlato del fumetto che mi ha davvero rivoluzionato la mente: Lanciostory. Un caleidoscopio di trame, stili, punti di vista. La potenza delle immagini. Come faccio a raccontarti tutto quello che ho letto e imparato? Non posso neanche citare qualche titolo perché non ne ricordo manco uno, a parte L’Eternauta, una storia a puntate diventata cult. Ma posso raccontarti una delle storie che più mi sono rimaste impresse.
    Si svolge in un futuro post atomico in cui la razza umana è riuscita a sopravvivere alla Terza Guerra Mondiale. La società sembra aver raggiunto pace e prosperità, le scene che si susseguono, una vignetta dopo l’altra, sono idilliache: serenità, gentilezza, rispetto, solidarietà. Tutto perfetto.
    La trama si concentra su una coppia, lei è incinta ma c’è una strana inquietudine che si insinua tra un sorriso e una carezza, una preoccupazione che stona con tutto il resto.
    Poco a poco la verità viene a galla.
    La razza umana si è salvata, sì, ma a che prezzo. A causa delle radiazioni, le nuove generazioni hanno sembianze mostruose e sono incapaci di sopportare sia la propria vista che quella altrui. La psiche è alterata da uno stato di iperaggressività che spinge facilmente all’uccisione. La convivenza pacifica è impossibile, la procreazione minacciata sotto vari aspetti.
    Per risolvere la situazione e scongiurare l’estinzione, quei pochi scienziati ancora dotati di senno riescono ad inventare un dispositivo in grado di emettere onde che irradiate nell’etere vanno a stimolare una ghiandola del cervello preposta alla funzione ipnotica: praticamente gli abitanti della Terra si convincono di essere belli, bravi e buoni.
    L’illusione non è solo funzionale alla sopravvivenza, aiuta a ristabilire la normalità mentale in attesa di quella fisica tramite il riassetto genetico.
    Ma c’è un problema. Il dispositivo deve essere spento durante la notte per dare alla ghiandola la possibilità di rigenerarsi. Per questo motivo al tramonto le strade si spopolano, solo qualche temerario vi si avventura con mantello e cappuccio alzato: sa di rischiare la vita se si imbatte in un suo simile.
    La nostra coppia intanto, ancora bella e perfetta, è a casa e si appresta ad andare a letto. Suona una sirena: è il segnale che il dispositivo ipnotico sta per essere disattivato. Le luci vengono spente. Lei non riesce a dormire, ha paura, sa che le probabilità di sopravvivere al parto sono poche se il nascituro, come spesso accade, verrà alla luce prematuro: dotato di artigli e zanne e di una carica aggressiva notevole, potrebbe squarciarle il ventre in maniera irrimediabile.
    Lei ha paura. Nel buio, chiama il marito ma la voce ha un suono gutturale, gracchiante. Orribile. E dal buio prorompe una voce altrettanto orribile che urla: “Ziiittaaaaaaa!”.

    Cos’è che hai scritto, “pochi patemi”? 🙂
    E vabbè Andrea, se mi è rimasta impressa un motivo ci deve pur essere!
    Scusa se ti ho addolorato l’anima. Non pubblicare il commento così almeno salviamo l’anima altrui. Grazie.

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