Stefano Cucchi, l’ingiustizia e l’impotenza

cucchi2Ricordo come, anche a scuola, provassi una strana e contraddittoria invidia per i compagni che sapevano farsi scivolare tutto addosso. Anche quando accadeva qualcosa di brutto (agli altri, mica a loro), neanche pochi minuti e la vita ricominciava già. Come nulla fosse. Mi è tornato alla mente in questi giorni, funestati dalla sentenza che non ha dato giustizia a Stefano Cucchi e dalle dichiarazioni del Sap, lo stesso sindacato che plaudì chi era stato condannato in via definitiva per la morte di un innocente. Vedo gli altri vivere come se nulla fosse accaduto, e penso che a me non riesce. E non mi riesce anzitutto quando ho la sensazione netta dello Stato che si autoassolve dopo aver commesso crimini irricevibili. E’ una sensazione che in Italia conosciamo bene. E’ quella che avevo ed ho quando penso alla macelleria messicana della Diaz, alla mattanza di Bolzaneto. E’ quella che non è stata placata dalle condanne-bonsai per il martirio di Federico Aldrovandi. E’ una sensazione che certo non se ne va quando penso a Stefano Cucchi, Giuseppe Uva, Riccardo Magherini, Marcello Lonzi, Riccardo Rasman, Aldo Bianzino e troppi altri. Io funziono in maniera diversa e forse sbagliata: io non dimentico, faccio fatica ad adattarmi. Io non mi trincero dietro il politichese del “le sentenze si rispettano” (tu quoque, Di Maio), perché anche quella di Sacco e Vanzetti era una sentenza. Io, fossi stato il Presidente del Consiglio, qualcosa di chiaro avrei detto e scritto (anche solo un tweet). Io penso allo strazio indicibile delle famiglie di chi è stato ammazzato senza colpe, magari dopo un arresto per una legge incostituzionale come la Fini-Giovanardi (quanto è incurabilmente caricaturale uno Stato che le leggi le lascia scrivere a uno come Giovanardi?). Io piango e non me ne vergogno. Io spesso non perdono e certo ricordo con rabbia, come mi ha insegnato John Osborne qualche decennio fa. Oggi come ieri, tra le lacrime e l’impotenza, continuo a provare dolore: resta lì e non se ne va, perché non se ne può andare. Volevo e voglio giustizia. Anzitutto per chi è morto come il blasfemo di Fabrizio De André: “Non mi uccise la morte, ma due guardie bigotte/ mi cercarono l’anima a forza di botte”.

10 Comments

  1. Guardando chi ci governa ci si accorge ormai troppo spesso che l’impunibilitá è reale e giornaliera.il legislatore e chi dovrebbe far rispettare le leggi si “deve”quindi circondare di persone e di episodi simili cosí che l’impunibilitá diventi una normalità a cui nessuno piú fará caso.

  2. Tutto tristemente vero.Rivivo con il tuo articolo le sensazioni di una vita intera,a cominciare proprio dalla scuola, la scuola del “basta che non capiti a me”…ed ora sono felice di essere ancora capace di sentire le ingiustizie e di indignarmi al cospetto dell’indifferenza altrui. La vicenda di Cucchi ci chiama tutti in causa,nessuno escluso.

  3. La legge degli uomini non è sicuramente sempre “giusta” e spesso non è uguale per tutti.Manzoni fa dire a uno dei personaggi del suo Romanzo “non c’è giustizia a questo mondo”.Io aggiungo che non c’è neanche sensibilità e siamo spesso portati a sottovalutare,a esorcizzare le ingiustizie quando non ci toccano in prima persona.La compassione,nel senso etimologico,è di pochi e spesso dipende più che da un fatto connaturato,anche dalla cultura di ciascuno,quella cultura che le Istituzioni,la famiglia,la scuola dovrebbero promuovere.Purtroppo la nostra società sta allevando ‘anime morte’ che non sanno piangere.Meglio per loro?Non so.So invece che l’animo mio è sempre turbato e mi sento infelice per non poter urlare al mondo:Sono anche io la mamma di Stefano Cucchi!

  4. Mi consola sapere che non sono l’unica a provare gli stessi sentimenti.Come ieri,quando la foto di Stefano campeggiava in prima pagina sul Fatto,e le lacrime sono scese automaticamente.Ancora oggi,a distanza di 13 anni,quando mi capita di passare davanti la caserma di Bolzaneto mi si chiude lo stomaco.Ogni volta la stessa domanda:ma tutti quelli che abitano affianco,quella notte che hanno udito il viavai del massacro in atto,chi avrebbero dovuto chiamare per raccontare la loro paura?La polizia?.Stessa cosa per l’irruzione alla Diaz.Ci si sente impotenti perché si ha la netta percezione che domani,per una banale fatalità,il prossimo potresti essere tu.Per la cronaca,visto che ho una figlia da tutelare,ho deciso che tutte le volte che esco con le amiche,torno a casa in bolla!Fidarsi è bene non fidarsi è meglio.

  5. sono triste angosciata questa societa’ al capolinea spietata con i deboli clemente con i potenti , da che mondo e’mondo funziona cosi cosa dovra’ succedere perche’ cambino le cose non lo so , ma io ci voglio credere .Un caro saluto e grazie per le belle parole

  6. E’ comunque la legge. Giusta o sbagliata è la legge in vigore.
    Quello che invece dovremmo far capire a chi la legge la deve fare rispettare, è che ci sono altre leggi che devono rispettare loro. La prima di tutte è il rispetto della persona umana. E in qualità di tutori della legge è loro obbligo avere orecchie dure. Intendo dire che, una persona legata, per giunta gracile, potrebbe con le parole avere lanciato le più gravi parole e avere apostrofato con gli epiteti più sconci i suoi carcerieri. Questo non giustifica alcun ricorso a qualunque tipo di violenza.
    Non voglio difendere i giudici, vedremo poi le motivazioni, ma anche se l’evidenza, non siamo mica fessi, dimostra che hanno usato le mani e i piedi per ferire il povero giovane, i giudici devono, riscrivo devono attenersi alle certificazioni. E le prove scritte certificate della violenza, certamente non sono sufficienti a dimostrare la colpevolezza di agenti e contorni. Per lo meno l’incuria, ammettendo per assurdo che sia caduto dalle scale, è già una grave colpa. Ma ancor più grave l’atteggiamento spocchioso, tipico dello psicopatico che, avendo gravi carenze affettive e sindrome da inderiorità, vestendo la divisa, acquistano, esacerbandola, la sindrome da superiorità. Ma una perizia psichiatrica a tutto lo staff, no ?

  7. Tutte le persone che hanno concorso alla morte ignobile del povero Stefano Cucchi, sono pagati da noi. Poliziotti, guardie, medici e infermieri, secondini, tutta gente che prende uno stipendio grazie al fatto che noi paghiamo le tasse. Come se la mano che ha ucciso Stefano l’avessimo armata noi. Ma anche il Giudice che ha sentenziato che Stefano non l’ha ucciso nessuno ed è morto per Disgrazia ricevuta, lo paghiamo noi. Un esempio orrendo di come vengono spesi i nostri soldi. E non se ne parla mai. Ci si ferma alle opere incompiute o agli sprechi e ai privilegi della politica e dei burocrati. Tutto giusto, ma ci sono anche tanti casi Cucchi in giro. Tante persone che pagano drammaticamente sulla propria pelle incompetenza e menefreghismo inauditi, se non addirittura dolo, dello Stato. E siccome quelle sciagure da Terzo Mondo le paghiamo noi, abbiamo diritto di chiederne conto. Abbiamo diritto di sapere chi ha ucciso Stefano, e abbiamo diritto di ottenere che tutti i responsabili vengano licenziati perché non degni di servire lo Stato di un paese civile.

    Tommaso Merlo
    http://tommasomerlo.ilcannocchiale.it/post/2821673.html

  8. Io provo solo un fortissimo senso di angoscia misto ad ‘ impotenza. Ho un figlio oggi quindicenne, potrebbe capitare anche a lui di prendere delle strade complicate. Potrebbe capitare anche a lui una sera qualsiasi ďi fare brutti incontri.

    • L’eventualità che possa capitare ad uno qualsiasi di noi spaventa perché L’INGIUSTIZIA E’ IL MALE ASSOLUTO, quello che crea sofferenza inguaribile.
      L’assurdo è che bisogna rincorrere il riconoscimento di un sacrosanto diritto come se questo perdesse ogni volta le sue caratteristiche e bisognasse sempre affannarsi a farlo rispettare come tale. Quando successe al povero Aldo Bianzino che non conoscevo vissi con orrore gli eventi legati al suo ingiusto arresto, eventi che lo portarono ad una morte prematura poche manciate di ore dopo essere stato brutalmente trasferito in carcere. Chi può dimenticare? Le famiglie di queste persone sono distrutte, come continuare a vivere con fiducia? La fiducia è il problema da risolvere e, dopo esperienze così devastanti, non ci si azzarda a vivere con leggerezza per il riflesso sulla nostra persona del terribile dolore
      altrui. Un affettuoso abbraccio alla famiglia di Stefano Cucchi

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