Non è tempo per noi (Nanopress)

Non-è-tempo-per-noi-spotNon è tempo per noi è il libro che Andrea Scanzi ha dedicato alla generazione dei quarantenni di oggi: eccone la nostra recensione. Il giornalista del Fatto Quotidiano (ma anche esperto di vini, scrittore, conduttore televisivo, opinionista, attore teatrale, e chi più ne ha più ne metta) passa in rassegna personaggi che, in un modo o nell’altro, hanno contraddistinto la propria generazione: figure della politica, ma anche della televisione, della cultura o dello sport.
Dai versi di Jovanotti si passa al nervosismo di Paolo Cané; dalla carriera politica di Angelino Alfano alle imprese su strada di Marco Pantani; dalle performance, sul piccolo e sul grande schermo, di Ambra Angiolini ai best seller scritti da Fabio Volo. Non può mancare, naturalmente, un accenno al (quasi) quarantenne più famoso d’Italia, cioè Matteo Renzi, rinominato “Renzie Fonzie in Pieraccioni“, autore – suo malgrado – di una rottamazione disinnescata e quindi moderata. Non è tempo per noi richiama, evidentemente, il titolo di una celebre canzone di Luciano Ligabue (di più di venti anni fa: come passa il tempo).
Per Scanzi, “il complotto ce lo siamo fatti da soli. E vuol dire che ci va bene così. Perché è proprio la retrovia che ci piace: così possiamo lamentarci di quelli in prima fila che non si spostano mai e si tengono le luci della ribalta tutte per loro“. Come dire che la generazione dei quarantenni di oggi viene dipinta in un quadro tutt’altro che idilliaco: tra critiche (molte) e ironia (altrettanta), Scanzi – con il suo consueto stile sarcastico ma perfettamente comprensibile, anche grazie a una grammatica perfetta – rivela una grande empatia nei confronti degli argomenti illustrati. Non che tutto sia a tinte fosche: basti pensare a come viene descritto Paolo Sorrentino, il regista de La grande bellezza, che secondo Scanzi è il simbolo di quello che la sua generazione avrebbe dovuto e potuto essere. Scanzi, grillologo e gaberologo, non lesina citazioni del Signor G., sia dirette che indirette, prendendo spunto in particolar modo dal disco del 2001 La mia generazione ha perso. La generazione di Andrea Scanzi, forse, non ha ancora perso, ma sta comunque pareggiando a un minuto dal termine della partita: per questo deve provare a risollevarsi, pensando anche ai suoiesponenti più rappresentativi (Nanopress)

Merita di essere letto, questo Non è tempo per noi: non è detto che ci si trovi d’accordo con le tesi illustrate, ma il libro offre spunti decisamente stimolanti.

4 Comments

  1. 750.000 commenti in attesa di vaglio e sentenza e il mio Moderatore preferito (e sì dài, te verrai salvato) ne sceglie proprio due dei miei? Va bene soddisfare le richieste di attenzione, ma qui da uno strapuntino si rischia di passare ad una poltrona a quattro piazze…. troppa grazia sant’ Antonio!
    Uffa e mannaggia, proprio oggi che avevo deciso di scatenare i miei pensieri più reconditi confidando che si perdessero nelle oscurità inconfessate dell’universo virtuale…. va be’ su, come non scritto.
    Ah, è vero: effettivamente, non l’ho scritto.

  2. Bah. Dalle parti del Fatto si vede ancora rosso nonostante qualche segnale di distensione: dalla minaccia di “bannazione” (ma anche bannamento. E pure bannatura, se v’aggrada) si è passati a quella di “segnalazione” (e a chi, di grazia?).
    Dal canto nostro, noipopolodelweb aspettiamo con fiducia la “rottamazione” di quella categoria che va sotto il nome di “moderatori” (io, al posto di categoria, avrei usato la parola “specie” ma gli altri hanno obiettato che la questione poteva ricordare vagamente la “soluzione finale”).
    Quindi, eccomi qui a imperversare, tanto, fulmine più fulmine meno….
    Allora, dov’ero rimasta nella disamina cavolorandomica del tuo libro? Un attimo che mi sono persa… ah sì, dalle parti di Lost, zona “serie televisive”.
    Non l’ho seguita dall’inizio e quei pochi episodi che ho visto (neanche in sequenza) mi hanno dato l’impressione di un ritmo scandito male: troppe scene in cui i personaggi sembrano in continua, snervante attesa di qualcosa. E i flashback sembrano più compulsare il passato che cercare di ricostruire qualcosa di interrotto, di irrisolto.
    Mi fermo qui perché, come ho già detto, non ho visto la serie dall’inizio e sicuramente ho beccato gli episodi peggiori.
    Mi piacerebbe parlarti delle meraviglie della serie Star Trek Tng ma mi sembra di aver capito che la fantascienza poco ti garba.
    Passo allora a rievocare una serie che mi è rimasta nel cuore: “Un medico fra gli orsi” (no, non c’entra niente Un medico in famiglia di cui posso salvare al massimo la prima stagione).
    Certo, non tutti gli episodi di Northern Exposure, nome originale della serie, erano al top della qualità ma alcuni riuscivano davvero a squarciarti la mente.
    Te ne racconto brevemente uno.
    La protagonista della serie, una brunetta tutto pepe che interpreta il ruolo di una donna risoluta, autonoma, emancipata (pilota un aereo), un giorno si trova al bar del paese a discutere della possibilità, a cui lei è favorevolissima, di mandare le donne soldato al fronte. Mentre polemizza con il suo solito piglio, lanciata in una retorica in bilico fra patriottismo e femminismo(era difficile non darle ragione, davvero difficile), una donna seduta al bancone interviene in tutt’altro tono per dire la sua. Non ricordo le parole precise (il discorso era lungo) ma te ne faccio un intenso riassunto:
    “Perché per avere quel rispetto e quella considerazione cui ho diritto non tanto come donna ma come essere umano devo indossare una divisa e uccidere ‘al pari degli uomini’?”.
    Una bella sberla “calata” con il garbo del dubbio. Mi sono ritrovata a riflettere parecchio sulla cosa nei giorni successivi. Da allora la parola “equilibrio” ha assunto per me un fascino inconsueto. E vagamente paradivino. Sarà per questo che ne sono ancora ben lontana.
    Mmh… questa chiosa da proprio di scusa.
    Va bene. Basta. Chiuso.
    Vado a trapanarmi tra capo collo e gengive un’altra puntata sanremese.

  3. Uff, sono qui per fare un altro mea culpa (madonna dell’addolorata e degli sbuffi, la prossima volta che dovrò controllare la pressione me ne andrò direttamente dal gommista).
    In questi ultimi giorni non sono stata molto bene per un fastidioso mal di schiena.
    Ho dovuto diminuire di parecchio le consuete attività quotidiane quindi per non scemirmi definitivamente fra Internet e televisione dietro le vicissitudini paramanzoniane, ho deciso di riprendere in mano il tuo libro per una seconda lettura.
    Quando sono arrivata alla parte in cui si parla della morte di Enrico Berlinguer ho fatto un salto. L’avevo completamente rimossa.
    Purtroppo la mia memoria è questa: talvolta fissa in modo indelebile, altre volte rielabora, altre ancora rimuove.
    Nel caso specifico, probabilmente la parola chiave che ha scatenato la rimozione è stata “sacrificio”, ancora più insopportabile perché nel caso di Berlinguer è stato plateale e definitivo.
    Per salvare il piacere della lettura devo aver preso inconsapevolmente quella parte seppellendola nel buio della mia coscienza, spogliandola del suo contesto. Ed è rimasta lì a sedimentare sopra un focolaio magmatico finché non ho letto la tua intervista a Veltroni in cui veniva rievocato con dovizia di particolari il “sacrificio” di Berlinguer.
    L’esplosione è stata automatica: quella parte rimossa, carica di forza primigenia e priva di bagaglio mnemonico, è venuta fuori in tutta la sua dirompenza dialettica. Non mi ero resa conto che mentre colpivo Veltroni stavo in realtà falciando anche te.
    Mi spiace che tu abbia recepito il mio punto di vista in modo così disastroso.
    Mi spiace ma, molto probabilmente e mio malgrado, accadrà ancora perché ci sarà sempre una parte di me pronta ad aggirare le mie difese per poter continuare ad esprimersi con la veemenza che oramai ti è ben nota.

  4. Io penso che andrea scanzi sia una delle penne migliori dei nostri giorni. Posso condividere o meno quello che pensa, ma penso che se fosse possibile lo metterei senza alcun dubbio a capo di una formazione politica che aiutasse quei pochi italiani che pensano con la loro testa.
    Complimenti senza fronzoli e spero che non scompaia come troppo spesso succede alle persone in gamba. Grazie ancora

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