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Vino di Anna – Palmento 2014

mercoledì, Novembre 16th, 2016

schermata-2016-11-16-alle-19-59-44E’ abbastanza curioso come scriva ormai pochissimo in questo blog, sebbene cerchi e scandagli il mondo del vino molto più di prima. Ormai ho trovato le mie fonti, i miei locali, i miei distributori. Perle su perle. Il tempo è sempre meno e lo sapete, ma in fondo per raccontare un vino possono bastare anche poche parole. Quindi riproviamoci.
Curiosamente il vino che mi ha fatto tornare la voglia di scrivere qui, sperando che il post non resti troppo isolato, è stato un rosso. Dico “curiosamente” perché il 98% dei vini che bevo e compro, da ormai quattro anni, è bianco. Sia esso surlì, petillant, frizzante, cremant, Metodo Classico o Champagne. E invece domenica sera mi sono imbattuto in questo Vino di Anna Palmento 2014. Ero con Perfect 39 ed ero alla Cieca di Via Vittadini, uno dei luoghi che mi fa amare Milano, ormai mia seconda casa dopo Arezzo (sempre ammesso che un tipo ramingo come me possa parlare di casa, ma questo mi porterebbe lontano e adesso vorrei essere breve). Dopo la solita girandola di bianchi, avverto l’inusuale desiderio di bere un rosso. Rosso dei miei, eh, quindi Pinot Noir o parenti più o meno stretti. Tipo il Nerello Mascalese. Così Michele, il proprietario, mi propone questo classico “rosso che però in fondo non è così rosso”.
Il Palmento 2014, con l’annata nascosta nel numero romano sull’etichetta (XIV), è il classico vino che nelle commissioni viene segato subito. Se lo incontri a un corso da sommelier, ti dicono di bombardarlo. Ci sta: al naso la volatile ti invade e l’acetica regna. Il vino non è filtrato e si presenta quindi pure torbido. Per forza che è “solo” un vino da tavola.
Anna Martens non è certo nata coi vini naturali, avendo lavorato per Ornellaia. Poi però si è invaghita dell’Etna e si è inventata questo vino naturale, laddove la parola “naturale” vuol dire “solo per bevitori parecchio impavidi”. Lo stesso uvaggio è una stravagante sciarada: Nerello Mascalese, ma anche Nerello Cappuccio e Grenache. Fin qui classico uvaggio da Etna Rosso, poi però trovi anche uve bianche come Minella, Catarratto e Insolia.
Fin qui, me ne rendo conto, sembra che stia descrivendo una follia sbilenca e dunque sgradevole. Al contrario: ne avrei bevuto a secchi. Un vino glou glou, che ha al tempo stesso carattere e personalità. L’acidità mitiga la componente alcolica, i profumi rimbalzano come dentro un flipper e il corpo è quello di quei vini felicemente polposi che sanno proprio – e veramente – di uva. Per certi versi mi ha ricordato un Menjebel che non se la tira e per altri il prodigioso Pikadè di Pane e Vino.
Quindi, riassumendo: cercatelo, bevetelo. E godete tutti.