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Ribelle 2018 – Camillo Donati

venerdì, Aprile 24th, 2020

Schermata 2020-04-24 alle 14.31.13Camillo Donati è da anni una garanzia all’interno dei vini naturali. E non solo dei vini naturali. I suoi rifermentati in bottiglia hanno grazia, ispirazione e carattere. E hanno pure un carattere “garbato” che li rende perfetti anche come vini “introduttivi” per far capire ai diffidenti il mondo dei vini naturali. Donati è rigoroso, ma non estremo a caso. C’è, nel suo lavoro, una grande passionalità razionale.
Credo di avere provato almeno una volta ogni sua etichetta. Mai ne sono rimasto deluso: anzi. Mi mancava questa splendida Ribelle, accattivante sin dall’azzurro dell’etichetta. Inizialmente Donati la produceva solo come magnum, ora la realizza anche in bottiglie da 0,75. E’ una Barbera anomala, perché vinificata in bianco. Il contatto con le bucce è minio. Ne risulta un inedito rosato che, sin dal primo bicchiere, esalta e conquista. Camillo la racconta così: “Questo vino nasce da un’idea che ci è venuta nel 2016, osservando e prendendo atto dell’ennesima annata calda e siccitosa. Già da anni “urliamo” ai quattro venti di come il clima sia drasticamente cambiato (..) e di come le viti facciano fatica ad adattarsi a queste nuove stagioni, ma negli ultimi 10 anni, a parte la parentesi 2014, tutto questo è peggiorato ulteriormente, diventando una vera e propria tendenza. Alcuni vitigni stanno rispondendo meglio di altri a questi mutamenti climatici e tra quelli che stanno facendo più “fatica” c’è sicuramente il barbera. (..) Per noi, che tentiamo di fare vini frizzanti, quando ti trovi gradazioni di 15°/16° gradi alcoolici, diventa impossibile pensare che questo vino possa rifermentare in bottiglia. Ecco, quindi Ribelle! Ribelle, avrete già capito, è Barbera! Barbera raccolta molto in anticipo, ancor prima della Malvasia! Pigiamo l’uva direttamente in pressa e solo lo sgrondo prima di pressare, viene utilizzato per Ribelle, lasciandolo poi fermentare spontaneamente, in botte d’acciaio, senza le bucce. Semplicemente tutto qui“.
E ancora: “In questo modo abbiamo ottenuto un vino che ha una gradazione alcolica più bassa, che permetterà ai propri lieviti di portare avanti una rifermentazione in bottiglia, ma cosa ancor più importante, così abbiamo ritrovato la grande bevibilità del barbera che negli ultimi anni era andata perduta! Ovviamente è un barbera molto diverso rispetto al fratello che otteniamo vendemmiandone l’uva 20 giorni dopo e vinificandolo sulle bucce per alcuni giorni, ma a noi il risultato è piaciuto moltissimo, proprio per la sua semplicità ed estrema bevibilità. Ancora una volta Barbera ci ha commossi! Ecco perché il nome di questo vino non poteva essere che Ribelle! Barbera che vuole ribellarsi a questi cambiamenti climatici, Barbera che contro ogni logica apparente si veste di rosa e resiste!”.
Non c’ altro da dire. Anzi una cosa sì: i rifermentati in bottiglia di Camillo Donati andrebbero decretati Patrimonio Unesco.

Una piccola azienda dal grande talento: Angol d’amig

sabato, Marzo 14th, 2020

97b74a77-1b05-4b5b-989d-1d64fb65ca58Ultimo tra tanti, dopo tanto sentirne parlare mi sono finalmente imbattuto nell’azienda Angol d’amig. Tanti me ne avevano parlato, tutti bene: avevano ragione. Eccome.
Angol d’amig fa parte di Vini veri. Siamo a Vaciglio, provincia di Modena. Azienda fondata nel 2013, 15mila bottiglie prodotte. Soprattutto Lambrusco (Sorbara ma non solo) e Trebbiano di Spagna, una tipologia che di solito a Modena viene “declassata” per fare l’aceto balsamico tradizionale, ma che qui (per fortuna) dà vita a strepitosi rifermentati e spumanti.
Angol d’amig vuol dire “angolo dell’amico” ed è un progetto di Marco Lanzotti, che dopo anni nel settore della ristorazione ha deciso di tentare l’avventura del vino. E’ arrivato a Castelvetro di Modena dall’azienda biologica San Polo, ha affittato un piccolo appezzamento di terra e ci ha provato. Così, qualche anno fa, ne ha parlato Barbara Brandoli: “Vinificare come atto di contrasto all’indifferenza. Conosco Marco Lanzotti da alcuni anni, allora lavorava in sala nel mio ristorante preferito di Modena e capitava spesso che, finita la cena, m’intrattenessi con lui ad assaggiare e a parlare di vini prolungando l’orario di chiusura del locale. Di Marco mi colpirono la spontaneità quasi ingenua e la curiosità innata che sapeva trasformare in entusiasmo contagioso. Un ragazzo f1c89849-ba5f-4e0b-979d-f699256455b1speciale che, come me, ha sempre avuto la passione per il vino, in particolare per quello naturale. E così, di passione in passione, non mi ha stupito apprendere che dopo aver lasciato il lavoro in sala, un paio d’anni fa, Marco ha avuto la fortunata intuizione di provare a fare un vino tutto suo. Una bellissima storia di vita, incontri, viaggi e assaggi in cantine in giro per l’Italia. Un’ esperienza vissuta in prima persona, con l’anima e il cuore aperto che, non potevano che portare ad una consapevolezza chiara come quella di sentirsi pronto per diventare prima viticultore e poi piccolo produttore. Così, quando hai un sogno nel quale credi fortemente, la vita ti aiuta a realizzarlo e ti crea le condizioni favorevoli perché ciò si avveri. Per Marco ha significato arrivare a Castelvetro di Modena nell’azienda agricola a coltivazione biologica San Polo e poter affittare un pezzo di vigna da curare e un angolo di cantina dove vinificare. Il progetto prenderà poi il nome di “Angol d’Amig” (l’angolo dell’amico) che sarà a tutti gli effetti un posto che permetterà a Marco di esprimersi attraverso il suo lavoro in vigna, il suo raccolto e la vinificazione che avverrà in giare di terracotta”.
Scoprire i vini che produce Lanzotti non è facile: non c’è un sito. E neanche è facile reperire i suoi vini: sono pochi. Come dicevo all’inizio, li si può dividere da una parte in frizzanti e rifermentati, la cosiddetta linea base, e dall’altra in spumanti Metodo Classico, che Marco vende ancora da sboccare: devi tenerli a testa in giù in frigo, tramite un contenitore ad hoc che ti vende lui, e poi devi aprirli seguendo poche facili accortezze (ci riesco anch’io, tranquilli!) per eliminare le “fecce” depositatesi nel frattempo nel collo della bottiglia.
Dell prima categoria fa parte il Rosso, assemblaggio di Lambrusco Grasparossa, Maestri e Trebbiano di Spagna. Lanzotti lo faceva già nel 2013, sua prima annata, e non so se nel tempo abbia cambiato nome. C’è poi il Sandrone, un assemblaggio di Lambrusco Grasparossa, Sorbara e Salamino equamente divisi (tutti al 33.3%). Mi hanno ben parlato anche dello Scaramusc, che ha lo stesso uvaggio del Sandrone e potrebbe dunque essere lo stesso vino con un nuovo nome nell’annata 2018. Alla fine sono riuscito a farmelo spedire dalla Enoteca Galli di Senigallia: davvero splendido. Un Lambrusco schietto e “animale”, alla maniera di Vittorio Graziano, con una gradazione alcolica davvero bassa (10.5%).
Io ho avuto modo di provare, grazie ai ristoranti La pieve e Lievito madre di Arezzo, i due spumanti Metodo Classico. Il primo è il Qui e ora, un Trebbiano di Spagna in purezza: l’ho trovato prodigioso, conturbante e alieno. Per fare un vino così, servono talento a chili e follia mediamente alta. Non meno meritevole di lode mi è parso La Banda, un Lambrusco di Sorbara in purezza riletto attraverso il Metodo Classico. Grande eleganza, grande beva: e purtroppo pochissime bottiglie (nel 2016 erano solo 665).
Sicuramente l’avete scoperto prima di me, ma Marco Lanzotti è bravo parecchio.