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Champagne Jacques Beaufort

giovedì, Giugno 17th, 2010

Abbandonate ogni indugio, voi ch’entrate, e consegnatevi con ardimento al godimento.
Questo è uno Champagne che non accetta vie di mezzo: o lo si ama, o lo si odia.
Giulia Cavalleri, nume tutelare delle Bollicine italiane e di chi scrive, ne Il vino degli altri mi ricordava di come gli Champagne di Jacques Beaufort siano spesso straordinari ma a volte deludenti. Rientra nel personaggio, di cui parlo (con smisurata stima) nel libro.
Beaufort è prima mito e poi vigneron. Trent’anni fa o giù di lì si è convertito interamente al biologico, dopo un’allergia che lo colpì e che lui ritenne un segno del destino: la Chimica era il Demonio, Biologico (vero) e Biodinamico (vero) la salvezza. L’uomo è così, biblico e senza mezze misure.
Da qui un percorso che non ha eguali nella Champagne (nemmeno Selosse). Da qui l’esigenza e il piacere di andare a trovarlo ad Ambonnay. Molti lo hanno fatto, dopo avere letto le mie pagine. E nessuno ne è rimasto deluso. Come con Flavio Roddolo, cui peraltro somiglia.
L’altra sera ho bevuto un Polisy Millesimato 2004 di Jacques Beaufort (ma sull’etichetta c’è scritto Andrè). In Italia lo distrubuiva Sarfati, i prezzi non sono abbordabili. I mitici Demi Sec, che in Champagne fa quasi solo Jacques, hanno prezzi impossibili. E così certe annate Grand Cru di Ambonnay.
Questo Polisy, dall’area meno nobile (ma anche meno conosciuta) dell’Aube, si trovano in Italia sui 50 euro. Sono Champagne a maggioranza Pinot Noir, quindi più boschivi e difficili, che Beaufort sa declinare come pochi.
E’ vero che i suoi non sono vini per tutti. Ma è anche vero che, se entri nella sua lunghezza d’onda, e non è così difficile (se non per il portafogli), le emozioni sono indescrivibili.
Da lui, un anno fa, avevo bevuto decine di bottiglie, una verticale straordinaria arrivata fino ad annate lontane come la ’90. Ammetto di amare più Ambonnay di Polisy, e di preferire il Blanc des Blancs al Blanc des Noirs (o comunque a maggioranza Pinot Noir), ma a uno Champagne non puoi chiedere di più.
All’esame visivo il Polisy 2004 ha uno splendido giallo dorato, brillante, per nulla sporcato o increspato (si tende a dire che tutti i Beaufort hanno depositi e sono bruttini: falso). La bollicina è fine ma quasi si nasconde, piccola e numerosa. Esploderà, anzi accarezzerà, in bocca.
Il naso è stupendo. Salmastro, minerale. Fiori e frutti gialli, delicati. Un naso importante, quasi da rosso, con sentori di sottobosco e pietra focaia.
Poi, il gusto. Ecco: dovessi indicare una bottiglia che rappresenta perfettamente l’idea di dinamismo in un vino, sceglierei Beaufort. All’inizio è decisamente fresco, quasi acidulo. Si deve aprire. Poi, per nulla statico, comincia a muoversi, a evolversi: a vivere. Raramente un vino mi è cambiato così tanto (in meglio) in due ore. E’ cresciuta la sapidità, la mineralità, l’eleganza, l’equilibrio. Il vino camminava , pulsava durante la cena. Persistenza lunghissima, bevibilità straripante. Emozioni continue.
I difetti? Due. Il prezzo e l’etichetta (un po’ triste e incasinata). A parte questo, solo applausi.