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Metti una cena alla Tana

domenica, Aprile 18th, 2010

Uno dei miei riti è festeggiare l’uscita dei libri alla Tana degli Orsi, luogo del cuore e dell’anima di Pratovecchio. Lo cito spesso, sia in Elogio che ne Il vino degli altri. E’ un posto meraviglioso, gli unici difetti sono la lontananza (da casa mia) e la musica a volte troppo alta (ma ultimamente non c’è: bene).
Venerdì scorso ho festeggiato con alcuni amici, i soliti. Eravamo cinque. C’era Chef Cumino, Giallu Gori, rigoroso sbagliatore di vini e tronfio consumatore di spezie esecrabili. C’era Alberto Fucci, detto Rambino, che sta alla degustazione come io alle infradito. C’era Gabriele Mori, bevitore dalla tolleranza alcolica superomica e feticista del cellulare (conosco feticismi migliori). E c’era Massi Bertozzi, che ultimamente fa la spola tra Italia e New York, e fossi in lui non so se tra le due sceglierei la prima.
In questi casi i vini li scelgo io. Credo che a loro vada bene. E se non gli va bene pazienza.
Queste cene sono sacre. Il rituale è quasi sempre lo stesso. L’aperitivo offerto da Simone e Caterina (i proprietari della Tana), il lattaiolo prima del dolce (che non prendo mai, ma in queste cene sì). Prima di andare, sapevo che avrei subito la mitraglia per la mia scelta – ribadita dall’ultimo libro di Safran Foer – di essere (tornare) vegetariano. La mitraglia c’è stata: e mi ha ribadito le convinzioni. Nulla mi convince più degli assolutismi altrui. L’agnello e il capretto mangiateli voi: io preferisco vivere (e far vivere).
E’ stata una galleria di vini sontuosa. Ecco la progressione.
Franciacorta Dosage Zero Faccoli 2004. Faccoli è una piccola azienda in Franciacorta, tra le poche che piacciono ai vinoveristi. Il suo vino migliore è forse l’Extra Brut. Questo Dosage Zero, cioè un Pas Dosè, è stata la rivelazione della serata. Costo 22 euro. Non brillava in perlage (sticazzi) e per progressione, ma era meraviglioso per acidità, eleganza, profumi (non solo lievito) e capacità finale di detergere.
Riesling Castel Juval 2007. Un piccolo capolavoro, a mio avviso il migliore Riesling italiano con Falkenstein (entrambi della Val Venosta). Nel libro ne parlo. Adoro i Riesling, soprattutto della Mosella. Castel Juval (proprietà di Reinhold Messner, bassa produzione) è un gioiellino, anche naturalistico. La 2007 è stata un’annata straordinaria, la degustazione l’ha dimostrata. Sapido e minerale, fresco ed equilibrato, profumi complessi (e non aveva neanche 3 anni). Una bottiglia da 18 euro (se il ricarico è onesto, e qui lo è). Applausi. Unico dispiacere: il Riesling, se fatto bene, andrebbe atteso per anni. Altrimenti è sempre un po’ un infanticidio.
Sassella Rocce Rosse Ar.Pe.Pe. 1997. Ah, i vini di Pelizzatti Perego. Sia lode ad Arturo e ai suoi figli. Sia lode alla Valtellina vera e alla Chiavennasca (Nebbiolo) d’altura, viticoltura eroica che qui non segue le mode (Sfursat). I vini di Ar.Pe.Pe. brillano per drittezza, eleganza e personalità. Un vino di 13 anni a 26 euro. Rapporto qualità/prezzo da spellarsi le mani. Bevibilità suprema. C’mon.
Barolo Brunate-Le Coste Rinaldi 2004. Rinaldi non si discute: si ama. Anche quando fa il burbero (lui e i suoi vini). Il Barolo paradigmatico. Io forse preferisco l’altro, il Cannubi-Boschis, e questo 2004 era senz’altro giovane (perdonami, Beppe) ma che creatura meravigliosa. Costo 38 euro: li vale e per un Barolo è poco.
Passito di Pantelleria Ferrandes 2005. Ecco, io per i vini dolci – come noto – non ho un debole. Non mangio quasi mai dolci e non bevo quasi mai vini dolci. Il mio preferito è il Tokaj, poi lo Sciacchetrà (chi ha letto il libro lo sa). E il Sol di Cerruti. Fare passiti di pregio è un’arte quasi scomparsa. Ferrandes, altro vinoverista, la conosce. Prezzo 26 euro (bottiglia da 0,375 lt).
Buona domenica a tutti.