Ops, sto quasi diventando vegano

Muscolo-di-Grano-009Sono vegetariano dal 2001. Ho avuto delle fasi, molto brevi, in cui ho ricominciato a mangiare un po’ di carne. E’ accaduto tra il 2009 e il 2010, durante la stesura de Il vino degli altri, quando mi capitava di essere all’estero e partecipare a degustazioni. Dal 2010, leggendo Se niente importa di Jonathan Safran Foer, sono tornato vegetariano. Atipico e discutibile, perché due o tre volte al mese mangio ancora pesce (al ristorante; a casa non lo compro).
Ogni tanto mi è capitato di partecipare a festival vegani, presentando per esempio il mio libro I cani lo sanno nel 2011. Mi incuriosiva sapere come facessero a vivere senza neanche uova e formaggi. A febbraio di quest’anno mi sono messo a dieta, non per motivi clinici ma per un puro desiderio estetico: banalmente, avevo messo su 3 o 4 chili di troppo per i miei gusti. Ho azzerato ogni forma di grassi e a distanza di quasi quattro mesi – e oltre dieci chili in meno – non posso dire che dolci, formaggi o salse mi manchino. Per niente. Ho praticamente smesso anche di mangiare pane e pasta, e non ricordo neanche più quando è stata l’ultima volta che ho aggiunto olio o burro a un piatto. L’unico peccato che mi concedo è il vino. E continuerò a concedermelo. Il vegetariano ha un grande difetto alimentare: se non sta attento, si rimpinza di formaggi e si ritrova in un amen sovrappeso e con colesterolo e trigliceridi a mille. E’ per questo che ho cominciato a comprare prodotti per vegetariani e vegani. Li si trova anche all’ipermercato, ormai. Dalla cotoletta di soia surgelata ai burger di miglio, di soia, di farro, di spinaci. Fino alle (mini)cotolette alla milanese di seitan o al tofu classico o aromatizzato, passando per il seitan fresco o alla piastra. I carnivori, che hanno sempre questo atteggiamento da bulli quando si trovano davanti un vegano, sono convinti che queste pietanze facciano schifo e rispondono col sempiterno “fatti una fiorentina”: al contrario, sono prodotti quasi sempre buonissimi. Ho capito perché i vegani stanno bene: perché mangiano sano, sì, ma pure perché mangiano bene. Ho studiato e provato molti alimenti vegani e di seguito mi divertirò a riportare una elencazione breve delle varie tipologie.
Soia. E’ alla base di quasi tutti i prodotti per vegetariani e vegani. La si trova come burger, cotoletta alla milanese, affettato vegetale e negli ingredienti di quasi tutti i prodotto sotto elencati. Oltre al rischio ogm, la soia presenta forse altre controindicazioni. Si legge per esempio su Medicinenon: “Durante la dinastia Chou (dal 1134 al 246 AC) la soia era considerata uno dei cinque grani sacri, insieme a orzo, frumento, miglio e riso. Tuttavia, il pittogramma per la soia, che risale ai tempi precedenti, indica che non è stata mai impiegata come alimento, perché mentre i pittogrammi per gli altri quattro grani mostrano la struttura del seme e dello stelo della pianta, il pittogramma per la soia mostra la struttura della radice“.
Tofu. Di fatto è il formaggio di soia. Insipido e poco invitante se non aromatizzato, rientra anche lui nella composizione di molti burger vegetali.
Seitan. E’ ricavato dal glutine del grano di tipo tenero, o farro, o khorasan. Molto proteico e per nulla grasso. Viene cotto ed insaporito in acqua con salsa di soia (shoyu o tamari), alga kombu e sale. Ricco di glutine e dunque non per celiaci. L’alta concentrazione di glutine è anche il suo limite, perché l’organismo umano non possiede gli enzimi necessari alla scissione del glutine e una dose alta di seitan può quindi – a lungo andare – rivelarsi controproducente (assottigliamento delle pareti dell’intestino, gonfiore, intolleranza e celiachia nei casi peggiori). Il seitan si può fare da soli, ma ci vogliono tre giorni di ferie. Rientra anche lui nella composizione di burger e cotolette alla milanese (ottime). Tali piatti hanno grassi attorno al 10% circa come media. E’ spesso il componente decisivo – con la soia – anche degli affettati vegetali.

mopurAffettati vegetali. Sembra un controsenso, in realtà ce ne sono di tutti i tipi. Freschi, affumicati, aromatizzati con la canapa. La bresaola vegetale, il wurstel vegetale (alcune marche sono prodigiose), il salame, la soppressata e il chorizo (alcune varianti sono incredibilmente buone). Il colore rossastro è dato dalla paprika. I grassi sono attorno al 15%. Due ottime marke sono Wheaty Topas e Vegourmet.
Formaggi di soia. Quasi sempre deludenti. Dei prodotti per vegani, sono quelli che mi convincono di meno. Chi vuole, comunque, può provare il Cheddar vegano o il parmigiano vegan da grattugiare.
Muscolo di grano. Un marchio inventato da un signore calabrese a cui avevano diagnosticato il diabete. Lui non è rimasto a guardare e si è inventato una linea di prodotti dal gusto simile alle cose che lo avevano fatto ammalare, però leggere e dunque mangiabili. Anche per un diabetico. Un genio. Il muscolo di grano è a base di farina di frumento pregiato, arricchita con farina di legumi (soia, lenticchie, piselli ecc.), olio e aromi vari. My Personal Trainer, molto utile in questo settore, spiega le sue particolarità nutritive: “Il muscolo di grano viene commercializzato in formati di diverse dimensioni e sapori, che ricalcano la forma dei tradizionali alimenti carnei: bistecche, filetti, spezzatini, tagli per arrosto, affettati ecc, da passare in padella. Grazie all’integrazione delle proteine dei cereali con quelle dei legumi, il muscolo di grano vanta un buon valore biologico, dato che le carenze delle varie farine vengono colmate reciprocamente. Il frumento è infatti povero di lisina, mentre i legumi sono poveri di amminoacidi solforati (metionina e cisteina). Per la presenza di glutine, il muscolo di grano, non è però adatto all’alimentazione del celiaco, mentre le proteine della soia lo rendono controindicato alle persone allergiche a questa leguminosa“. Come gli altri prodotti per vegani, si possono degustare cuocendoli in padella o in forno, oppure cucinandoli come se fossero carne. I grassi sono praticamente inesistenti (0.75%) e il prodotto genera sazietà. Esempio: gli “straccetti” di Muscolo di grano sono composti da glutine di frumento, farina di legumi (lenticchie), farina di soia, erbe aromatiche (alloro, menta), peperoncino, melanzane, acqua e sale marino. L’origine calabrese dell’inventore e dell’azienda fa sì che il peperoncino sia onnipresente, ma non invadente, e che esista pure la ‘nduja. C’è il sito ufficiale e li si può acquistare anche qui. E’ il sito che utilizzo per rifornirmi, non solo di Muscolo di grano.
Mopur. Simile al Muscolo di grano, lo si può acquistare per esempio qui. Il mopur, anche detto “carne vegetale”, è ottenuto dalla lavorazione del frumento, dei ceci e dell’olio vegetale (compreso l’olio d’oliva extravergine), fermentato poi con lievito naturale. Attraverso un processo di fermentazione abbatte la presenza di glutine di circa il 40%: questo lo rende ancora più digeribile del seitan, che è comunque fatto non da legumi e grano ma solo dal glutine del grano cotto. I legumi usati per il mopur, spesso farina di ceci, garantiscono il giusto apporto tanto di tempehcarboidrati (grano) quanto di proteine (legumi). Lipidi sotto il 10% e senso di sazietà garantito. Salsicce, bistecca, filetto, spezzatino, arrosto, carpaccio fresco e stagionato: strepitosi. Mopur, 
in sanscrito, identifica lo spirito che presiede alla germinazione dei semi di terra e di acqua. E’ altamente proteico.
Lupini. Medaglioni di lupini, salame di lupini, arrosto di lupini. Perfino la maionese di lupini. Davvero buonissimi. Li trovate per esempio qui.
Tempeh. Anche detto “carne di soia”, è fatto con i semi di soia fermentati. Più esattamente è un alimento fermentato ricavato dai semi di soia gialla, molto popolare in Indonesia e in altre nazioni del sud-est asiatico. In qualche modo simile al tofu, ma leggermente più saporito, si presenta con i semi di soia chiaramente visibili nel prodotto e quasi miniaturizzati uno accanto all’altro. Come spiega sempre My Personal Trainer, “per produrre il tempeh è necessario cuocere parzialmente i semi di soia; in seguito si procede con l’aggiunta di aceto e poi con l’inoculazione di microorganismi fermentanti. Questi sono rappresentati fondamentalmente da un micete (muffa) appartenente alla famiglia Mucoraceae“. I grassi sono sotto il 10% e il prodotto è conservato in salamoia. E’ discreto ma non indimenticabile.
Raw Food. Cibo crudo. La cottura dei cibi, tra le altre cose, uccide gli enzimi digestivi, modifica il pH (acidificando il cibo) e rende la digeribilità più difficoltosa. Il movimento Raw Food è nato negli Stati Uniti. Barrette, gallette, cioccolata modicana, crackers. La galassia vegana è variegata e sconfinata. In rete si trova di tutto. E’ un bel cercare e un bel mangiare, sano e leggero ma senza soffrire (io no, almeno). Purtroppo la stragrande maggioranza dei ristoranti non è minimamente attrezzata e la risposta più frequente, per uno come me che viaggia molto e dunque spesso mangia fuori, è sempre la stessa: “Ah, è vegetariano? Tranquillo, abbiamo tanti formaggi e pesce“. L’Italia, anche in questo senso, è indietro anni luce. Non sto dicendo che sono vegano (anche se adesso qualcuno lo scriverà). Sto dicendo che, adesso che ho scoperto tardivamente questo mondo, essere vegetariani tout court – e al tempo stesso restare magri – è più facile. La trovo anche una scelta coerente col mio avvicinamento al mondo dei vini naturali: se vuoi bere sano, non vedo perché parallelamente devi mangiare per nulla sano. Neanche ho più sensi di colpa quando guardo i miei cani. Non cerco certo proseliti né intendo ergermi dalla parte del giusto: ma sto meglio. In tutti i sensi.

Vamos.

P.S. Tutte le foto ritraggono prodotti rigorosamente vegetali.

 

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10 Responses to “Ops, sto quasi diventando vegano”

  1. simone ha detto:

    Ma come si fa a chiamare bistecca, filetto… cibo che non è fatto con i suddetti tagli?

  2. Fabio ha detto:

    Ma dove il trovi tutti questi prodotti, io qualche problemino a trovarli ce l’ho…online?

  3. claudia ha detto:

    Un piccolo ragguaglio sui formaggi freschi di tofu aromatizzati alle erbe.
    I migliori che ho assaggiato sono confezionati in vaschette e si presentano bianchi, morbidi e spalmabili, tipo robiola. Eviterei invece accuratamente quelli in formato panetto. Ne ho acquistato uno proprio oggi per curiosità: praticamente è come il tofu al naturale con l’aggiunta di punteggiature di colore verde. Non saprei in quale altro modo definirle perché questa versione di preteso formaggio fresco, che non è né morbido né spalmabile, non-sa-di-niente. Il tofu ha mantenuto intatta la sua caratteristica sciapo-mimetica senza concedersi neanche all’odore, davvero molto vago, delle presunte erbette. L’ho arrangiato come condimento per la pasta insieme a una selva di funghi champignon. Assaggerò domani, quando il tofu avrà “conosciuto”, rielaborato e – spero – legato con gli altri ingredienti della salsa.

  4. claudia ha detto:

    Ah, voglio precisare una cosa: quando dico che il panetto di tofu non è morbido intendo dire in questo contesto che non ha compattezza alla pressione (come un panino appena sfornato) e non si avvolge intorno al dito come la cioccolata: infatti si sgrana, come il polistirolo, materiale che a me non dà proprio l’idea di morbidezza nel suo insieme benché le palline possano dare questa sensazione.

  5. claudia ha detto:

    Ps Faccio rapporto sull’assaggio della pasta: non era male ma non mi ha convinto del tutto (stessa sensazione quando ho provato a fare le olive ripiene con il tofu).
    Sono arrivata alla conclusione che il tofu si sposa bene con i cibi acidi, come il pomodoro, e purtroppo nella mia salsa non c’era niente di acido (non si direbbe, vero? :-)) anzi, tutto tendeva al basico-dolciastro (olio, latte, funghi). E meno male che non ho aggiunto carote nel soffritto, come nell’intenzione iniziale, limitandomi all’aglio e al prezzemolo per insaporire.

  6. claudia ha detto:

    Fra un po’ mi approprierò del blog per usucapione.

  7. Flachi10 ha detto:

    Ciao Andrea,
    mi piace più leggerti qui che in qualsiasi altro contesto. Ti rispondo, chissà se leggi i commenti oppure ora che sei “famoso” non li caghi.
    Pur essendomi avvicinato molto al mondo vegetariano/vegano non trovo corretto, a carattere generale, estremizzarsi e precludersi totalmente di mangiare un alimento. Da un punto di vista etico e ambientalista se tutti mangiassimo 3 etti di carne a settimana (IN TOTALE) e 3 etti di pesce non ci sarebbe bisogno di allevamenti intensivi, steroidi per il bestiame. Così come nel vino, se la gente si limitasse a bere “poco” e bene scegliendo etichette a prezzi più alti ci sarebbe meno schifezza in giro.
    Detto questo, io e mia moglie ci regoliamo così e siamo in perfetta forma (fisica e mentale). Di media:
    colazione: cereali integrali con latte di soia, miele e bacche di goji (ricche di antiossidanti)
    pranzo: 120 grammi di burghul/pasta integrale/riso integrale (i cibi integrali hanno indice glicemico più basso rispetto a quelli raffinati) conditi con tonno in scatola (una volta a settimana) o pomodori freschi o piselli o olio a crudo e parmigiano o pesto di agrumi (arance, basilico, mandorle, olio, pomodorini)
    spuntini: frutta a volontà (sopratutto mirtilli, more, kiwi, fragole e tutto quello che è di stagione. Vivendo ad Abu Dhabi abbiamo una vasta scelta perchè frutta e verdura provengono da differenti parti del mondo dove le stagioni sono differenti a pari mesi. Ovviamente il km zero non esiste). Cioccolata fondente ad alta % e mandorle (entrambi fonte di magnesio)
    cena: pochissimi carboidrati. Tantissimi misti di verdure in padella alla Thailandese, una sera salmone organico, una sera Wagyu australiano, una sera uova bio, una sera pizza fatta in casa con farine biologiche integrali, una sera sushi homemade, una sera verdure masala all’indiana (ti consiglio di approfondire la loro cucina se vuoi diventare vegetariano al 100%).

    Altri ottimi piatti vegetariani/vegani (comunque senza carne e pesce) che ti consiglio sono l’hummus (fatto con ceci e tahina), gazpacho (senza pane) e sopratutto Guacamole !!!

  8. clo ha detto:

    Mangiare sano non è prerogativa di chi è vegetariano o vegano, ed essere vegetariano o finanche vegano non significa necessariamente nutrirsi bene.

    Questo parallelo tra “vegano” e “mi nutro correttamente” è del tutto campata per aria e anche un po’ fastidiosa (visto che si sente ripetere da veg saputelli a ogni pié sospinto).Tu probabilmente sei un vegano che si nutre bene, ma non è detto che lo siano tutti i vegani, come non è detto che tutti gli onnivori mangino male.

    Personalmente ho iniziato a mangiare meglio, eliminando o riducendo drasticamente gli zuccheri, salumi e formaggi. Non bevo una bibita gassata dal 2011 (si, ricordo esattamente il momento in cui buttai via le bottigliette che avevo in frigo), superalcolici decisamente di rado, il vino più spesso, anche se non tutti i giorni. La carne rimane ma sempre scelta con cura, e poca. Mangio pesce – ma non limito alla triade tonno/pesce spada/branzino, preferendo scegliere pesci piccoli, come sarde, triglie e alici. La pasta resta, come anche il pane, di solito con pasta madre e farine integrali magari macinate a pietra. E ovviamente ci sono moltissime verdure, legumi e frutta.

    Peraltro, se – da quello che leggo – hai eliminato i carboidrati (pane e pasta) e tutti i grassi o quasi (olio) – non mi sembra sia una questione di essere vegano, ma di essere a dieta stretta. O forse macrobiotico.

    Ah, sul raw food, francamente, ti sbagli. Non è affatto vero che il cibo crudo mantiene sempre le sue qualità meglio di quello cotto. Dipende dal cibo. Ci sono alcune verdure che sono meglio assimilate se mangiate da cotte, come, ad esempio, le carote. Quindi, ancora una volta, non è questione di essere crudariani o vegani o altro, ma di scegliere correttamente come nutrirsi.

    Da ultimo, il seitan e il tofu li conosco e li ho mangiati, ma – come dici tu – sono alimenti neutri, semplici veicoli proteici per spezie e aromi che danno a loro sapore. Certo, mi nutrono, ma dire che sono buoni, è come dire “che buona la paprika, la soia, la menta, etc”. Al contrario, un pesce anche fatto al vapore, con un filo d’olio d’oliva a freddo, è buonissimo. Ma anche una melanzana al forno con un po’ d’olio e sale mi piace da morire. Non sto sminuendo nulla, sia chiaro, e certamente ci sono ottimi prodotti. Ma rimangono surrogati, e quindi per definizione inferiori al prodotto a cui si “ispirano” (altrimenti perchè non chiamarli col loro nome: “mi sono fatto una fetta di seitan alla milanese, spettacolo”).

    In india ho mangiato vegetariano-vegano (non era vegano perchè spesso usano ghee nelle preparazioni) per tutto il mio soggiorno (tre settimane), senza nessuna difficoltà, tutto meraviglioso. E ti assicuro che lì se gli proponi “salumi vegetali” te li tirano (giustamente) dietro.

  9. clo ha detto:

    PS se hai letto Foer, avrai letto anche Pollan, e il discorso che fa sull’importanza della cultura gastronomica per nutrirsi correttamente, e di come negli States le varie “mode” e diete siano il sintomo di una grande confusione e assenza, appunto, di una vera e propria cultura del mangiare (bene).
    Non è un caso, quindi, che il movimento “raw food” sia nato negli US, dove si sono susseguite mode low-fat, no-carb, paleo-diet, per poi accorgersi solo ora che si rimpinzano di zucchero (ma senza grassi) da anni.

  10. claudia ha detto:

    Parliamo di cose serie va’, caro il mio pescio-vegano 😉

    Ricordo di averti scritto da qualche parte che la mia brama di cucina alternativa si blocca quando si tratta di preparare dolci, preferendo quelli tradizionali. Probabilmente il riconoscimento di questo limite ha infastidito qualche remoto angolo del mio cervello inducendolo a caricarsi come una molla per superare in un colpo solo tutte le barriere dei miei condizionamenti (mamma mia, ho davvero una brutta immagine della mia testa).
    In poche parole, qualche giorno fa mi è venuta una voglia pazzesca di dolce pur non avendo, guarda la coincidenza, niente in casa (pensa, mi auto-ordisco complotti da sola).
    Giusto zucchero e frutta.
    “Che m’invento, mannaggia?”
    Prima che potessi ripensarci, ho agguantato latte di soia e olio di riso e li ho versati in un contenitore cilindrico, ci ho spremuto dentro il succo di un limone e di un’arancia, ho aggiunto due cucchiai colmi di zucchero poi ho preso il frullatore a immersione e ho montato il tutto: praticamente ho fatto la maionese dolce! e pure vegana!!!
    Prima di assaggiarla ho incrociato le dita. E mi sono sorpresa non poco nel constatare che era più buona di quanto m’aspettassi (e va bene, m’aspettavo una schifezza).
    Sembrava di mangiare una specie di gelato allo yogurt dal gusto strano ma gradevole.
    Qualche giorno dopo l’ho usata per farcire dei croissant di farina integrale e la sensazione di mangiare una crema allo yogurt si è decuplicata: buonissimi.
    Certo, è moooolto calorica ma si potrebbe aggiustare con una panna vegetale a basso contenuto calorico.
    Intanto a me si è spalancato un orizzonte di nuove prospettive: per esempio, mantenendo come base il latte di soia, potrei sostituire l’olio di riso con olio di mandorle e invece di limone e arancia usare un liquore tipo Amaretto; oppure olio di nocciole per fare, con l’aggiunta di cacao in polvere, un surrogato della nutella.
    D’accordo, riconosco che l’olio di riso, mandorle o nocciole non sono alimenti così alternativi ma per arrivare a preparare una torta con crema di seitan e glassa di tempeh mi sa tanto che mi dovrà venire qualcosa di più dei classici cinque minuti….

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