Lady Sfuso e il pattume

Un lettore, Michele Malavasi, mi ha segnalato l’articolo di una blogger, non esattamente affettuoso, a me dedicato. E’ di tale Eleonora Guerini, che ovviamente non conosco, ma che dal tenore della sua replica (non si sa bene a che cosa) appartiene verosimilmente alla pletora di addetti ai lavori che se la suonano e se la cantano. Quelli che se la presero per l’ironia leggera di Elogio dell’invecchiamento nei confronti dei sommelier-tromboni (ah, lesa maestà). Quelli che, se li leggi, diventi astemio e sugli esperti-di-vino la pensi come Antonio Albanese in quel monumentale sketch.
Non è una piccola categoria: per coloro che, con toni caricaturalmente autoreferenziali, credevano di essere depositari del Verbo di Enolandia, il successo di un cazzaro (cit) come me, per giunta addetto ai lavori di straforo (nel senso che solitamente mi occupo d’altro), è stato un colpo inferto al cuore. Da cui non si riprenderanno mai. Mi ricorda i vecchi americani incartapecoriti quando gli arrivò in faccia la beat generation. Loro scomunicavano, e nel frattempo il loro mondo non c’era già più (sveglia, Eleonor Rigby: time is not on your side).
In questo senso, Eleonora Guerini assurge pienamente a ciò che io definisco marker al contrario, come Filippo Facci in politica: se loro scrivono una cosa, e tu non la condividi, allora puoi stare tranquillo. E gridare anche C’mon.
Va da sé che, se mi mettessi a replicare a tutti quelli che ce l’hanno con me, non solo farei notte, ma avrei pure l’impudenza di rendere mediamente celebri giornalisti frustrati e opinion maker conniventi.
Perché, allora, questo post? A) Perché sono uno zuzzurellone. B) Perché adoro commentare gli spifferi. c) Perché lo scritto di Eleonora Guerini è emblematico (e vedrete a breve di cosa).
Tale Guerini, con hybris invero notevole (persino superiore alla mia), si firma – in un blog gamberorossiano frequentato come le conferenze stampa di Tabacci alle tre del mattino – “Lady Wine”. Mica niente: Lady Wine. La Signora e Sultana del Vino. Sticazzi e oibò. Mi pare un po’ troppo. Urge una diminutio. Chiamiamola, qui, Lady Sfuso (ed è un nomignolo affettuoso: avessi inseguito la cattiveria, avrei tolto la prima “s” e declinato il participio al femminile).
Perché Lady Sfuso ce l’ha con me? Per la solita pagina 131 (chepppalle). Lei ha letto solo quella pagina, e non benissimo, ma le è stato sufficiente per far tuonare le trombe del giudizio universale contro me e il “giornalismo taroccato”. Daje.
Fin dalle prime battute, Lady Sfuso ci fa capire con indicibile arguzia che lei è donna molto impegnata (“solo oggi sono in grado di rispondere”) e  conosce – come nessun altro – i produttori. Per questo li difende. Anzitutto quelli di Brancaia, che chiama per nome (“Barbara Widmer, proprietaria insieme a Martin“).
In quanto conoscitrice, anzi amica, di tutti i produttori, Ella li tutela. A prescindere, per Dna. E’ la difesa corporativa di un sistema che dà a tanti da bere e da mangiare, ladies and gentlemen. Il suo sembra (sembra: magari sbaglio io) l’articolo di Nicola Porro dopo un editoriale di Marco Travaglio che parla di una inchiesta (reale) su Silvio Berlusconi. La sempiterna difesa d’ufficio, non richiesta e con poche idee (ma fieramente confuse).
Si faccia ora una seria esegesi del pensiero – in dieci punti – di Lady Sfuso. Ascoltiamola.

1) “Immagino che questo libro (il mio, NdA) riscuota i favori di tutti gli intransigenti del vino, quelli per cui esistono SOLO Poggio di Sotto e Bruno Giacosa”.
Lady Sfuso esordisce con cipiglio, insultando tutti i lettori del libro (ma va capita: non avendo pubblico, non sa di cosa parla), reputandoli dei bacucconi integralisti che si eccitano con Porthos e bevono solo Joly. Il fatto che Il vino degli altri sia un libro tutt’altro che “cattivo” o “scandalistico”, bensì passionale e ironico, e che tali ironie vadano a toccare pure i “vinoveristi”, chiaramente per Lady Sfuso è irrilevante. Come lo è il mio continuo sottolineare che “il vino migliore non esiste”, che la Toscana NON è  solo quella degli scandali e che non esistono certezze inconfutabili.

2) “Quello che è accaduto tra Scanzi e D’Alessandro è, dal mio modesto punto di vista, pattume giornalistico”. Brrrrr: che impeto, che verve, che grinta. Lady Sfuso va alla guerra: facce sogna’. Perché pattume, altra parola (desueta) tipica di certi editoriali “garantisti”? Ce lo spiega subito. Ascoltiamola ancora: “Conosco troppo bene il professor D’Alessandro (per forza, lei conosce TUTTI), la sua modestia, la sua colta sensibilità, la sua raffinata e non codarda predilezione per le sfumature per crederlo capace, anche solo per un secondo, di certi toni. E penso che la sua fanciullesca ingenuità sia stata predata dal buon Scanzi (grazie del buon) che, le sue orecchie forse non credevano a quel che sentivano! (più che altro non credo a una sintassi così pietosa e raggelante), non cercando la verità ma lo scoop stava facendo bingo (bastardo che non sono altro)“. 

3) Quindi mi sono inventato tutto, Lady Sfuso? Oppure ho letto nel pensiero? “Intendiamoci io non credo che Scanzi si sia inventato tutto (meno male, va’. Ero in pensiero). Però credo che abbia molto enfatizzato, calcato i toni, facendo apparire D’Alessandro come uno convinto che al mondo ci siano solo il bianco o il nero, i buoni e i cattivi e che lui, dall’alto della sua Cortona, sta lì a dispensare giudizi”. 
Tale intemerata sgangherata presta se non altro il fianco (?) a una specifica. Il punto non è inseguire il plauso di Lady Sfuso (faccio il giornalista da 13 anni e avrei altri punti di riferimento). Lady Sfuso, come tutte le addette ai lavori dotate di straordinario equilibrismo, temono sempre che qualcuno smascheri coperchi indesiderati. Problema suo.
Il punto vero è: D’Alessandro. Secondo la lettura di Lady Sfuso, io sarei stato il Demone Tentatore e lui, in poche parole, un mezzo tontolone. Non mi lusinghi così tanto, Lady Sfuso (e non sia così dozzinale col professor D’Alessandro). Lei ha ragione solo su un punto: è stato un discorso “a ruota libera”. Davvero. Due ore, registrate, all’ora di pranzo. Nel suo studio romano dietro il carcere di Rebibbia. Una chiacchierata tranquilla e serena, come si evince dal capitolo intero a lui dedicato.
Se si legge solo pagina 131, si ha (forse) l’idea di lui come di un manicheo. Affatto. Non solo: io non stavo minimamente cercando lo scoop, ma solo la risposta italiana ai Syrah del Rodano. Non ci pensavo neanche alle inchieste. Per questo, come scrivo chiaramente a pagina 131, la sua “bordata” è arrivata del tutto inattesa. E’ stato D’Alessandro a dirla, non costretto a forza ma spinto – col consueto garbo – da una sua urgenza, appena titillata da una domanda innocua (il suo rapporto di lavoro interrotto con Stefano Chioccioli). Io mi sono limitato, a quel punto, a riportare fedelmente le sue parole. Senza enfatizzarle affatto (anzi). Casomai le hanno enfatizzate (e li capisco) i blogger che lo hanno estratto dal contesto (decisivo) del libro.
In altre parole (e non ci faccio un figurone eroico): lo scoop è merito suo. Io, quel giorno, non lo inseguivo affatto. Né potevo “inventarlo”, non essendo a conoscenza di quanto affermato (dettagli inclusi) dall’intervistato.

4) La cosa affascinante (l’unica, forse) delle reazioni dei più realisti del re è come distolgano l’attenzione dal fatto in sé.  Ovvero: non è importante cosa D’Alessandro abbia detto, e se poi esso sia risultato vero, ma “come” lo abbia detto. Traduco per Lady Sfuso. D’Alessandro (non io) ha detto tre cose. 1) Che esisteva una inchiesta sui vini toscani taroccati. 2) Che questa inchiesta riguardava anche Carlo Ferrini. 3) Che alcune bottiglie di Brancaia sono state sequestrate. Questi tre punti sono stati tutti confermati, non da me ma dai diretti interessati (Ferrini e Brancaia). Capisco che fare giornalismo in Italia sia desueto, ma dovrebbe funzionare così. Se poi D’Alessandro lo abbia detto piangendo (no) o dispiaciuto (sì), è aspetto secondario.

5) “Lui, dall’alto della sua Cortona, sta lì a dispensare giudizi”.  Non so D’Alessandro, ma è esattamente quello che faccio ogni giorno. Organizzo apocalissi e giudizi universali, usando le mie labrador come emissari celesti. I buoni da una parte, i cattivi dall’altra. Le Lady Sfuso nel mezzo. Sempre nel mezzo.

6) “Io credo invece che abbia parlato a ruota libera, probabilmente condividendo preoccupazione, sicuramente non condividendo le pratiche mescolative del mondo del vino italiano, certamente senza quell’arroganza che molti sembrano mostrare sempre più tra critici e produttori”. E’ verissimo. Infatti, chi legge tutto il libro, se ne rende chiaramente conto. Lady Sfuso ha appena rivelato al mondo ciò che il mondo già sapeva. Complimenti per la guittezza.

7) “Faccio un esempio (go Lady Sfuso go). La frase: penso a Barbara Widmer, dell’azienda Brancaia, pure a lei hanno sequestrato del vino (la frase non è così nel libro, e anche questo dimostra quanto Lady Sfuso abbia letto con attenzione pagina 131). Pensiamoci un po’, uno la può dire con le lacrime agli occhi (notate: Lady Sfuso non c’era, ma – conoscendo D’Alessandro e l’umano mondo come nessuno – pretende di saperne più di chi c’era, addirittura interpretando i toni di voce e la prossemica dell’intervistato: i-d-o-l-o); con un tono sommesso (no), preoccupato (), dispiaciuto (verissimo: e dal libro si capisce), magari riconoscendo così il gran lavoro che, vino comprato o meno, uno sa che in quell’azienda si fa; con disprezzo e compiacimento, come a dire le sta proprio bene a quella… (anche questa frase è scritta con punteggiatura e significati random: mi stupisco di come Lady Sfuso non abbia ancora scritto libri sul vino. Sarebbero piacevoli scorribande nel dadaismo). Insomma, lo sappiamo tutti (ma anche no). Il significato di una frase non sta solo nelle parole”. Certo, Lady Sfuso: sta anche nella manipolazione che se ne fa, a proprio piacimento e per interesse personale. Ciò che ha appena fatto. 

8 ) “Detto questo un po’ mi dispiace anche per la questione Brancaia in sé. E’ un vino questo che a me è sempre piaciuto”. Toh, ma va’? Davvero? E che magari ci sia questo, l’amicizia unita a interessi personali (gelosia, fastidio, imbarazzo) dietro tale filippica sgangherata? Per la cronaca, giova ricordare come anche il Dottor D’Alessandro sia amico di Brancaia (come scrivo nel libro). Essere amici non equivale necessariamente a un comportamento ispirato alle arcinote scimmiette.

9) “Ora quello che dicono i Widmer è sacrosanto e corretto (Tavole della Bibbia, oserei dire): l’acquisto di vino sfuso è consentito (mai scritto il contrario). Lo è per le denominazioni così come per gli igt. I produttori sostengono che viene usato solo per la produzione di Brancaia Tre, il vino di pronta beva che raccoglie il vino non utilizzato per la produzione del top di gamma. Il che non solo non costituisce reato ma è anche comprensibile”.
Detto che NESSUNO ha mai detto che è reato, e che il libro non formula sentenze di colpevolezza ma informa (correttamente) i consumatori di una inchiesta, rimando all’analisi di Francesco Arrigoni (Corriere della Sera) e al mio precedente post sulle perplessità della replica di Brancaia. Non ultime, il fatto che l’etichetta non parli di vino sfuso e (ancor più) che tale ammissione sia arrivata obtorto collo, per costrizione. E la “costrizione” era il mio libro, in cui si alludeva a un fatto (bottiglie bloccate/sequestrate) confermato da Brancaia stessa.
Ci sta ancora ascoltando, Lady Sfuso? E’ comodo il pero da cui non è ancora caduta?

10) “Ma purtroppo siamo in Italia, dove tutto si fa e niente si dice. Dove da troppo tempo – un paio di millenni???? (ha fatto la battuta: ridete) – siamo abituati al fatto che quanto ci viene propinato, nel vino, nel cibo, in politica, nell’impresa, spesso non corrisponde poi allo stato delle cose”. 
Saggio di equilibrismo monumentale, quest’ultimo. Genere “fingo di dire qualcosa ma in realtà non mi sbilancio”. In queste cose (almeno in queste), le Lady Sfuso sono insuperabili.

In estrema sintesi: è vero o non è vero che esiste l’inchiesta a cui allude D’Alessandro? E’ vero o non è vero che riguarda anche Ferrini e Brancaia? E’ vero o non è vero che le parole di D’Alessandro si sono rivelate puntuali e credibili? E vero o non è vero che queste cose, e nemmeno qualcosa di minimamente vicino, si è mai letto nel suo blog epocale? E’ vero o non è vero che il libro ribadisce più volte la presunzione d’innocenza?
Non tergiversi o sposti l’attenzione, Lady Sfuso. Questo e solo questo è il punto.
E infine: solo perché una persona ha scritto un libro (anzi due) al suo posto, avendo l’ulteriore colpa di un certo successo, e avendo pure l’ardire di svelare inghippi non esattamente edificanti (che mai pare aver sentito l’impulso di rivelare): solo per tutto questo, c’era bisogno di esporsi così pervicacemente al pubblico ludibrio, vergando un tale exemplum di acquiescenza critica?
Mi stia bene, assai gentile signora, e (non) continui così.

P.S. E ora scusatemi, ma devo organizzare il Giudizio Universale di stasera.

P.P.S. Nell’ultima foto, Eleonora Guerini è premiata come “miglior giornalista” dai noti produttori alternativi Piero Antinori e Lamberto Frescobaldi. Tutto si tiene (cit).

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29 Responses to “Lady Sfuso e il pattume”

  1. Sergio ha detto:

    Ciao Andrea,
    Ti segnalo una cosa curiosa.
    Ultimo film di Vanzina: “La vita è una cosa meravigliosa” con Proietti, Brilli, Salemme e compagnia bella.
    Vi sono un paio di scene in cui, in occasione di importanti ricorrenze, la servitù durante i ricevimenti porta in tavola del Prosecco.
    In ambedue le occasioni la prima la battuta che segue da parte del padrone di casa è, più o meno: “Ma che cosa è questa roba ! Oggi si festeggia una importante ricorrenza. Che ne facciamo di questo Prosecco. Oggi bisogna servire del Franciacorta !”.
    Alla fine del film scorrono i titoli di coda e tra gli “sponsor” ecco comparire il logo del consorzio Franciacorta.
    Tipico esempio di “Product Placement”: avviene in tutti i films.
    Però, dico io; va bene sponsorizzare un prodotto, ma sputtanarne un altro non mi sembra il massimo della correttezza.
    Certo; Il film è una boiata pazzesca, il ministro di Conegliano Zaia forse non l’ha visto, come pure i prosecchisti che, secondo me, avrebbero di che incazzarsi.
    Quasi quasi, glielo segnalo io…
    Certo è che non vedremo mai uno spot televisivo con Bonolis che urla al maestro Laurenti “Questo caffe Illy fa schifo, portami un Lavazza perbacco !”.

    Sergio
    BG

  2. Luca Lopardo ha detto:

    Dio, che noia pazzesca. Parlo del Verbo della esecrabile(cit.) Lady Vinazza. Induce a vigorosa ilarità la supponenza, d’ ignoranza pregna, dei sedicenti detentori della Saggezza. Che bello.

  3. Armando ha detto:

    A proposito di Brancaia, leggete un po’ qui…e quale nome figura tra i migliori vini d’Italia secondo Wine Spectator al 10° posto…
    Tutto torna… grazie apocalittico Scanzi…
    http://vinoalvino.org/blog/2009/11/eno-barzellette-ritornano-gli-ineffabili-top-100-di-wine-spectator.html

  4. max perbellini ha detto:

    Caro Andrea, l’Istituto Idrografico della Marina, qualora si rendano necessarie rettifiche alle varie carte nautiche, per non far sostituire per obsolescenza quelle in circolazione, pubblica gli Avvisi ai Naviganti, in cui sono presenti pezzetti di carta nautica corretti, da applicare, tipo collage, sulla parte della carta da correggere.
    Fai lo stesso anche tu: pubblica alcune pagine 131 corrette secondo il volere del trombone di turno, cosi questi la prende,la incolla sulla pagina 131 originale, legge quello che vuole leggere, csi resta soddisfatto e non rompe più i maroni (intesi parte dell’apparato riproduttivo, non il ministro e il degustatore).

  5. Simone e Zeta ha detto:

    Salve Scanzi, mi chiedevo se fosse prevista una sua visita a Firenze per la presentazione del Suo libro. Mi spiace se fosse già avvenuta, purtroppo non riesco a stare molto nella Mia città. qualore le piacesse l’idea…

  6. FRANCESCA CIANCIO ha detto:

    Gentile andea
    la seguo da tempo. e non solo per il vino. l’apprezzo molto per forma e contenuti ( anche se digerisco un po’ male la sua indole micromegana!!!). Mi spiace per questa sua lettera indirizzata alla guerini ( una r) nessuna difesa di ufficio, le garantisco. La conosco assai poco per farlo. Vorrei solo rimettere a posto le cose, o metterle nel posto giusto. Lei è bravo ed è un giornalista poliedrico, vino ma anche tennis , politica e così via. Il sogno di molti di noi( sono una collega). Poi ci sono i giornalisti di settore. Che spesso sono diventati tali per necessità e mica sempre per scelta. Perchè il mercato è cambiato, perchè magari è più semplice coltivarti una nicchia che gettarti nel mare magnum dell’informazione e annegare. Siamo frustrati per questo? Non credo e comunque un po’ più di rispetto e solidarietà tra colleghi sarebbe carino. Non siamo altrettanto noti? Pazienza, si continua a seguire una passione, il vino, in questo caso, che poi è ciò che conta. LaGuerini fa il suo mestiere da quando era una ragazzina, 20 anni di esperienza non sono pochi credo. Nel suo settore, per quanto piccolo e autoreferenziale, è conosciuta. Questo per dirle solo che sarebbe stato corretto da parte sua prendersi qualche informazione sulla signora prima di sottolineare sempre “una certa….”. Mi creda non difendo la Guerini, difendo la gategoria e anche il gender. Mi pare che la sua risposta sia particolarmente dura ed è rivolta a una donna. Quella indirizzata a Cernilli mi suonava più corretta, dura ma alla pari. Qui ci leggo uno squilibrio che non è da lei, credo

  7. Andrea Scanzi ha detto:

    Gentile sig.ra Ciancio, la giornalista settoriale Guerini (che non rientra comprensibilmente nelle mie letture) mi ha definito giornalista-pattume solo perché ho riportato fedelmente dei virgolettati, vergando poi la solita difesa d’ufficio tipica della “casta”.
    Direi che la persona che ha mancato di rispetto, oltre che di coraggio, non sono certo io.
    Che tal signora sia conosciuta nel suo settore è acclarato. Non per nulla ho messo una foto in cui viene premiata da Frescobaldi e Antinori. Direi anzi che è ben immersa nel sistema. E ci sta con agio.
    Nel momento in cui si scrive su di me il falso, e solo perché ho fatto il mio lavoro, credo di avere il diritto – con ogni mezzo – di difendere il mio operato.
    Se poi la persona che ha scritto tali amenità su di me, peraltro con una prosa invero deludente, è donna o uomo, mi è irrilevante. E’ la parità dei sessi, baby (cit).
    Se il mio è giornalismo-pattume, potrei dire che quello espresso nel post a me rivolto dalla sig.ra Guerini è, a voler essere generosi, opinionismo-rasoterra. Anzi azzerbinato. Ma non lo dico.
    I fatti, signora Ciancio. I fatti. Io ho riportato dei virgolettati. Veri. Che non condivido e non contesto: li ho documentati. Questo e solo questo è il punto.
    Se poi tali virgolettati hanno fatto paura a chi li ha pronunciati, e fatto venire l’orticaria a qualche addetto ai lavori equilibrista, non è colpa mia.
    E tutto questo nel massimo, e mai venuto meno, rispetto della magistratura e delle persone implicate.

  8. rob75 ha detto:

    Noooooo! Quella simpaticona della Guerini ha aperto un blog????!!! Ma se fino all’altroieri schifava internet. Roba da matti, che facce di tolla!!!

  9. eleonora guerini ha detto:

    una bella lezione di giornalismo. e di vita. a volte le docce fredde fanno bene. rispondere punto per punto mi sembra noioso e mi sfiancherebbe anche. in dieci giorno sono finita per ben due volte sotto i ferri – per questo, come dicevo nel blog ci ho messo un po’ a rispondere – e ancora vacillo. forse vacillavo anche quando ho scritto sul mio blog? non lo escluderei. vorrei solo raccontare come sono andate le cose. nessun passo indietro, mi assumo la responsabilità di tutto. solo per chiarire. la mia non era una difesa d’ufficio. di certo non una difesa dei poteri forti, visto che non farei rientrare d’alessandro nella categoria. conosco molto bene massimo d’alessandro perché condividiamo una profonda passione per l’arte. non conosco tutti nel mondo del vino e se anche fosse non la riterrei una cosa di cui vantarsi. quando leggendo il libro sono arrivata alla sua intervista sono rimasta senza parole. non potevo credere che massimo avesse potuto dire parole così dure. ma non dure perché coraggiose, controcorrente. piuttosto una presunzione e un’arroganza che non sono mai state la sua cifra stilistica. sembrava star lì a dispensar giudizi dall’alto di cortona – era a lui che mi riferivo, non certo a lei. solo che scrivendo male non mi son fatta capire. ah, ‘sta stampa di settore! -. gli ho telefonato immediatamente. il libro non l’aveva letto. nemmeno sapeva che fosse uscito. mi ha richiamato un’ora dopo ed era affranto. terribilmente dispiaciuto. mi ha confermato di aver più e meno detto quello che veniva scritto, solo non sentiva quelle parole o meglio il tono che trapelava, come proprio. e il suo rammarico più grande non aveva, come forse invece i più credono, a che fare con la questione dell’indagine in corso. voglio dire, quella è roba che ormai sanno pure i sassi. non sopportava l’idea di essere letto come uno stronzo arrogante senza sensibilità e cultura. e io credo che quando una persona intervistata si sente manipolata c’è qualcosa che non va. in questo senso intendevo pattume giornalistico. e in questo senso non credo lei abbia fatto un bel servizio. e ammetto di aver creduto che in questo passaggio, dalle parole dette alle parole scritte, lei abbia un po’ giocato di furbizia, in modo malizioso. se mi son sbagliata me ne scuso. ma non perché tema le vie legali. per onestà.
    infine. io non sono mai andata a braccetto con i poteri forti del vino. allo stesso tempo non mi piace la nouvelle vague degli ultimi tempi che salva solo il diverso. non appartengo a nessuna chiesa. il mio è un pensiero libero. sbagliato forse, ma libero. chi mi conosce lo sa. e chi crede che io sono solo una statuina cernilliana semplicemente non mi conosce.
    p.s. ho adorato la sua ironia sferzante. spero che possa credere che il nome lady wine nasce con un’intenzione ironica. purtroppo io non scrivo bene come lei ma non si possono avere tutti i talenti. io me la cavo meglio con il naso nel bicchiere.

  10. Andrea Scanzi ha detto:

    Mi dolgo dei suoi problemi clinici. In bocca al lupo.
    Quanto al resto, credo di averle ampiamente risposto. Ho riportato quello che il professor Massimo D’Alessandro, serenamente e liberamente, ha detto (anzi, VOLUTO: sull’inchiesta c’è entrato lui, prendendo a pretesto la domanda su Stefano Chioccioli). Non ho manipolato nulla. Non cercavo scoop (di sicuro non quel giorno). Non ho forzato la mano. Né sono, al di là di una certa piacevolezza fisica, un Diavolo tentatore. E di sicuro, se ho quel potere, non avrei potuto averlo sul signor D’Alessandro. Non pensi che il suo dispiacere (intendo del Professore) nel leggere il libro mi abbia arrecato gioia. Ci sono rimasto male e gliel’ho detto al telefono. Lei, che il libro lo ha letto, sa quanto nel capitolo (e nel Backstage) parli bene di lui e della sua azienda. Quindi non me lo aspettavo.
    Per il resto, Lady Sfuso, lei ha insultato e messo in dubbio la deontologia giornalistica di una persona. E questo è intollerabile. Più che altro: volgare. Intellettualmente volgare.
    Riguardo all’inchiesta, “quella è cosa che sanno anche i sassi”; se la sapevano tutti, gentile Guerini, mi chiedo perché la stampa di settore (cit) abbia aspettato il signor D’Alessandro e Lucifero Scanzi per raccontarla. Cosa aspettavate, l’illuminazione celeste? L’autorizzazione del capotreno? La folgorazione sulla via del Chianti?
    Prendo comunque atto, come mi ha poi raccontato D’Alessandro nella telefonata di lunedì scorso (3 maggio 2010, ore 20: occorre esser precisi, con certi vecchi lupi di mare), che almeno adesso lei riconosca (a differenza di altri baroni) come D’Alessandro sia rimasto dispiaciuto (affranto, cit) non dal contenuto da me riportato, FEDELE, ma dal tono che ne è uscito. Non mi ritengo di ciò responsabile, ma è una critica che accetto e trovo pertinente. Anche se non penso, per niente, che leggendo quel capitolo si abbia dell’intervistato una percezione di uno “stronzo arrogante senza sensibilità e cultura”. Tutt’altro.
    Non ho mai pensato che lei fosse una statuina cernilliana. Non vedo perché dovrei volerle così male, visto che non la conosco.
    Riguardo al passaggio: “e io credo che quando una persona intervistata si sente manipolata c’è qualcosa che non va. in questo senso intendevo pattume giornalistico”. Be’, Lady Sfuso: è un bell’intendere. Gentile, soprattutto. Grazie. Le è valso il plauso dei garantisti a giorni alterni (che adesso dovrebbero TUTTI chiedermi scusa, se avessero un briciolo di decenza) e lo scherno dei cattivoni giustizialisti (veda i commenti al post “Strane deontologie”). Più che altro, le è valso il fiero dileggio di un giornalista: il sottoscritto. Merci beaucoup: le docce fredde a volte fanno bene (cit). I calci sugli zebedei un po’ meno, a meno che non si sia inclini al ballbusting. E di questa perversione, al momento, sarei sprovvisto.
    Constato che abbiamo diverse idee di intervista: per lei devono piacere e compiacere l’intervistato, per me devono avere rispetto SACRO dei virgolettati e contribuire, con RISPETTO, “a far tana” e breccia sull’intervistato. Aiutando a trovare scorci e squarci di verità. E’ la differenza tra fare gli addetti stampa e i giornalisti. Una differenza che in tanti – e spero di non dovermi riferire a lei – hanno forse dimenticato. Ma è un parere mio.
    Quel capitolo ha contribuito a far sapere all’Italia che esiste un’inchiesta non esattamente irrilevante. Di questo, mi perdoni, non mi vergogno. Casomai dovrebbe vergognarsi certo giornalismo di settore.
    Non ho dubbi sulle sue qualità da degustatrice, certo superiori alle mie. Ho qualche perplessità (timorosa e senz’altro sbagliata) sulla sua piena libertà intellettuale. E – lo sa benissimo – quando alludevo a tale aspetto, alla “difesa dei poteri forti”, non mi riferivo al passaggio del suo gentilissimo post (sa, quello in cui parla di giornalismo taroccato e il taroccatore sarei io) nel quale parla di D’Alessandro. Lui non è certo un “potente”, casomai un sognatore (ingenuo). Alludevo alla sua sperticata santificazione e beatificazione di una certa azienda (MAI offesa da nessuno nel mio libro) che si avvale di un certo enologo, implicati – entrambi – in una certa inchiesta che hanno raccontato come fanno un certo vino solo dopo l’uscita di un certo libro (le piace se scrivo così, senza far nomi, dicendo tutto e niente, da bravo giornalista settoriale che tira a campare e non si sbilancia mai?).
    Mi congratulo una volta di più per i suoi premi antinoriani, non dubito meritati. Mi congratulo una volta di meno per quel suo delizioso post, imperituro e immemore, in cui spero – sinceramente – abbia dato e tratto il peggio di sé. A volte capita.
    La ringrazio infine, e senza ironia alcuna, per questo suo commento, e le auguro affettuosamente di rimettersi quanto prima.

    andrea scanzi

  11. Paolo ha detto:

    Caro Scanzi, spero di non litigare mai con lei. Ha una capacità dialettica di dare i calci negli stinchi ai suoi detrattori che fa quasi paura. E tutto senza mai insultare. La Caporetto di questa gentil donzella, andata a far la guerra senza elmetto, è emblematica. Giusto però darle atto di avere un po’ abbassato il tiro e spiegato la dinamica di quel post, oggettivamente offensivo nei suoi confronti.
    Continui così e complimenti per il Premio Durruti di stasera, non credo dato da Antinori o Cernilli. 🙂

  12. eleonora guerini ha detto:

    quando ieri ho risposto al suo post l’ho fatto con una convinzione. che avevo preso un abbaglio. sinceramente avevo creduto, leggendo l’intervista a d’alessandro, che lei avesse fatto il furbetto. poi dopo il post a me dedicato – lady sfuso – mi sono venuti dei dubbi. un po’ perché ero molto divertita da quel che aveva scritto di me, perciò di buon umore, un po’ perché per natura sono portata ad avere poche certezze e a farmi molte domande. anche su di me e su quel che faccio. così le ho risposto. dopo la sua replica mi son tornati i vecchi dubbi, sarà che sono equilibrista come dice lei o che vivo nel sospetto come dice cernilli. però lei non mi sembra molto onesto. io nel mio blog non ho mai detto che lei si è inventato le cose attribuite a d’alessandro. ho detto che ne trapelava un uomo diverso da quello che è. percui non vedo perché lei debba dire che “almeno adesso lei riconosca (a differenza di altri baroni) come D’Alessandro sia rimasto dispiaciuto (affranto, cit) non dal contenuto da me riportato, FEDELE, ma dal tono che ne è uscito”. perché almeno adesso? io questo l’ho sempre sostenuto. anzi il mio blog proprio di questo parlava. di come la sua intervista abbia dipinto d’alessandro per quello che non è. io continuo a credere che questo non sia buon giornalismo. ma non per ciò che lei mi attribuisce. cioè la convinzione che le interviste “devono piacere e compiacere l’intervistato”. anche qui lei mi attribuisce cose che io non ho mai detto. io ho parlato di maniplazione non di compiacimento. e visto che non è un bastardo immorale truffatore la persona di cui parliamo ma un uomo per bene, educato e colto, questo mi sembra lo riconosca anche lei, allora forse c’è qualcosa che non va. come mai d’alessandro non si riconosce nel modo in cui lei ha riportato le sue virgolettate parole? come mai non lo riconosce nemmeno chi lo conosce personalmente? (mica sono l’unica a pensarla così, anzi mi risulta, ma certamente mi sbaglierò, che pino calabresi non sia tra quelli che hanno così apprezzato l’intervista, checché lei dica). come mai anche un altro intervistato, francesco valentini, mica un industriale avvelenatore, è così scontento? non la sfiora proprio l’idea di aver fatto passare, attraverso i virgolettati degli altri, la sua di arroganza? no. mi sembra che andrea scanzi non sbagli. in ultimo lei dimostra anche di essere poco onesto intellettualmente nel dire che io mi sono sperticata nella santificazione e beatificazione di una certa azienda, brancaia, e del suo enologo, ferrini. di ferrini non ho proprio parlato. di brancaia mi sono limitata a riportare la lettere che ha inviato commentando le dichiarazioni fatte dall’azienda, questo lei lo dice, e scrivendo anche che “forse di questi tempi sarebbe il caso di essere chiari fino alla trasparenza, di non andare a infilarsi in situazioni che poi potrebbero rilevare un alto oscuro, anche quando magari poi il lato oscuro non c’é. E se si facesse il vino solo con le proprie uve, oppure comprandone se non sufficienti? Così per provare… Magari poi ci si trova bene, a semplificare un po’…”, e questo lei non lo dice. per essere uno che si fa passare come un fautore della verità mi sembra questa una mancanza non da poco. ma mi sbaglierò… d’altronde mi rendo conto è più facile ficcarmi nel cortile di quelli che difendono i potenti. e cioè le grandi aziende industriali, quelle che vendono il chianti classico a 1 euro. perché per me i poteri forti sono quelli, non certo brancaia. vedo che le piace tornare sul premio che ho ricevuto due anni fa dal comitato grandi cru, consegnatomi dal mio amico fraterno piero antinori. le farà piacere sapere che quest’anno lo stesso premio è stato dato a francesco arrigoni che lei definisce, giustamente, bravo in un recente post. un altro che va a braccetto col potere. chissà che delusione!
    le auguro buona giornata e soprattutto buon lavoro.
    lady sfuso

  13. Andrea Scanzi ha detto:

    A me interessa riportare virgolettati veri e fedeli. E questo è stato messo in dubbio da più persone (le conosce?), parlando di mie manipolazioni, imboscate, forzature, distorcimenti, travisamenti.
    Ce l’ho davanti, il suo bel post. A memoria imperitura. Agghiacciante. Anche come prosa (ma questo è solo un gusto personale). Se poi ho frainteso un centesimo delle contumelie che con tale dovizia mi ha dedicato, le chiedo scusa.
    Che poi l’intervista, una volta letta, non piaccia a taluni intervistati perché in maniera “temeraria” si sono spinti oltre il loro desiderio, pentendosene in seconda battuta, è cosa che può spiacermi umanamente (ed è questo il caso, avendo gran stima dell’intervistato in oggetto) ma che non mi riguarda professionalmente. Io sono un giornalista libero, non l’agiografo dei produttori. Scrivo libri sul vino, non biografie che divinizzano le aziende. Ho a cuore la fedeltà ai virgolettati e la veridicità di quanto io (e non altri) affermo.
    In tredici anni di attività professionale, l’unico che si è lamentato delle mie interviste è stato Cesare Cremonini (e non per l’intervista: per il titolo, peraltro non mio). E le garantisco – può controllare – che ho intervistato personaggi assai più in vista, spinosi e “spericolari” di quelli – da me tutti stimati – intervistati nel libro. Capovolgendo i suoi bizzarri assiomi: il problema sono io, che non ho fatto altro che riportare il vero, o la suscettibilità estrema di un mondo – quello del vino – abituato a dir verità a microfoni spenti e guai a scriverle? Il problema è chi riporta correttamente un virgolettato o chi, per paura tardiva, prova quasi a dissociarsi da se stesso?
    Non ci giri intorno, Lady Sfuso: è vero o non è vero che quelle cose riportate nella famosa pagina 131 D’Alessandro le ha dette? E’ vero o non è vero che l’inchiesta esiste e riguarda certe persone? E’ vero o non è vero che dell’inchiesta “sapevano anche i sassi” (cit) ma tutti si sono ben guardati dal darne notizia ai lettori, anzitutto la stampa di settore?
    Questo è il punto. Il resto è irrilevante. Capisco che lei intenda spostare l’attenzione altrove, dopo l’ameno e vibrante florilegio in cui mi accusava di “giornalismo pattume” e “giornalismo taroccatore”, ma è un gioco – vecchio – che non diverte nessuno. Mette solo malinconia. Lei sa benissimo perché ha scritto quel post e quali fossero i messaggi (neanche troppo subliminali) che conteneva. Lo sa benissimo.
    Il capitolo dedicato a Francesco Valentini è uno dei più belli, appassionati e lirici del libro. Lo hanno capito tutti: lettori, recensori, addetti ai lavori. Tutti. Tranne lui.
    Non si giustifichi, poi, se ha vinto un premio. Ne sia fiera. Io ne ricevo uno anche oggi. I premi sono una cosa bella. Soprattutto se lo è anche la giuria che li assegna.

    P.S. Eccome, se sbaglio. Nei refusi, ad esempio. Sono la mia croce (cit).

    P.P.S. Grazie per avermi dato anche dell’arrogante e del disonesto (traduco dal furbastro “non molto onesto”). Quando scoprirà mie implicazioni anche sul caso Ustica, mi telefoni (per il caso Cogne c’ho l’alibi). O mi dedichi un altro post, come lei solo sa.

  14. Francesco Arrigoni ha detto:

    Buongiorno Scanzi
    È la seconda volta in vita mia che commento in un blog altrui.
    Solo perché è stata detta una cosa non del tutto vera sul mio conto nel commento odierno delle 10.01.
    Il Comitato dei Grandi Cru d’Italia mi ha comunicato una nomination per il premio giornalistico indetto dal Comitato, invitandomi contestualmente alla cena di gala.
    Ma ho risposto con la seguente mail:
    sabato 13/03/2010 19.19
    Buona sera
    ringrazio i membri del comitato dei Grand Cru che hanno fatto il mio nome.
    Con la presente vi informo che non mi interessa alcuna nomination per il vostro premio nè tanto meno ricevere alcun premio.
    Vi invito cortesemente pertanto a rimuovere il mio nominativo dall’elenco delle nomination e da qualsiasi altra comunicazione da voi emessa.
    Non parteciperò alla cena di gala.
    Vi ringrazio per l’attenzione
    Francesco Arrigoni

  15. Andrea Scanzi ha detto:

    Ah, signora Guerini: le faccio i miei complimenti per la pervicacia e l’attenzione con cui insegue la notizia e riporta (fedelmente, stentoreamente, senza MAI manipolazioni) i fatti. Del resto lei è LADY WINE (L-A-D-Y W-I-N-E), mica Scanzi. Complimenti, davvero. Ancor più dopo l’intervento – giusto qua sopra – del collega Arrigoni. Sa, quello che “lo stesso premio è stato dato a francesco arrigoni (ma anche no, ed è notizia vecchia di quasi 2 mesi) (..) un altro che va a braccetto col potere. Chissà che delusione!”. Eh sì, Lady Guerini: una grande delusione. Ma non certo dal bravo Arrigoni.
    Vedo che il suo amore per la notizia, per la verità, per la pulizia, sono davvero i fari della sua vita. Ha fatto bene a darmi lezioni di deontologia: ne avevo bisogno e lei poteva darmeli. E’ un peccato che non l’abbia conosciuta prima. Dovevo prender esempio – anzi: EXEMPLUM – da lei, e non da altri, nel fare interviste e trattar notizie. E’ a lei, d’ora in poi, che guarderò. Affascinato e obnubilato. Come un naufrago guarda la riva.
    E complimenti ancora – anzi ora più che mai – per quel bel premio che ha vinto. C’è di che esserne orgogliosi. Non v’è dubbio.

  16. Gerul ha detto:

    Io non la conosco, signora Guerini, e di sicuro non vorrò mai leggerla, ma non le basta la profondità della buca che si è scavata da sola? Non pensa sia il caso di fermarsi qui? Lo dico per lei, sa.

  17. Giovanni Rinaldini ha detto:

    Dei molti dubbi che mi restano, vi prego, risolvetemente uno: se Arrigoni, che merita un applauso, quel premio non lo ha vinto, chi lo ha vinto, e dove lavora?

  18. Andrea Scanzi ha detto:

    L’ho vinto io.

  19. eleonora guerini ha detto:

    Visto che ho scritto la cazzata, mi permetto di rimediare. Il premio è stato assegnato a Gigi Brozzoni, direttore del seminario Veronelli e curatore dell’omonima guida. Porgo le mie scuse a Francesco Arrigoni, ero convinta, e per questo non ho stupidamente controllato, che lo avesse vinto lui. Sul resto non vado oltre. Nonostante i miei errori, che ammetto, continuo a pensare che attenersi ai fatti, come lei dice, non si limiti semplicemente al riportare i virgolettati. Per quello bastano i registratori. Ma è ovviamente un parere del tutto personale. La retorica dei garantisti e dei giustizialisti invece, la trovo una noiosa semplificazione. Lasciamo perdere le sue allusioni sulla difesa dei poteri forti, forse impulsive, sicuramente infelici. Sempre che non ci sia un mio virgolettato a smentirmi. Riguardo a ciò, ai suoi riferimenti al potere, il suo sarcasmo mi ha fatto tornare in mente un monologo di Gaber che lei sicuramente conoscerà, Secondo me una donna, al punto in cui dice “Secondo me gli uomini si occupano del potere sulle cose, le donne del potere sulle persone”. Fosse vero… Ma forse anche questo è parte del gioco cui, come donna, non posso sottrarmi. A ognuno le sue. Per ultimo, io non ho mai voluto dare lezioni a nessuno, se lei o qualcuno pensasse il contrario mi auguro ciò basti a smentire. Solo non mi piace un certo modo di fare giornalismo. Come a lei, deduco, non piace il mio. Più che legittimo. Fortunatamente entrambi riusciamo a immaginare che questo non basti a definire l’altro. Nuovamente mi scuso con lei per l’espressione, in effetti fuori luogo, di pattume giornalistico.

    Eleonora Guerini

  20. Andrea Scanzi ha detto:

    La ringrazio di questo suo ultimo post. E’ quello che mi aspettavo. Ed è quello che aspetto ancora da Lord Cincischi. Ma chiedere scusa, per certa gente, è troppo difficile.
    Cosa lei pensi del mio modo di fare giornalismo mi è, in totale e ultima istanza, irrilevante. O lo è al contrario. Quando Emilio Fede se ne è andato da Annozero perché parlavo io, e mi ha zimbellato il giorno dopo sul Giornale, l’ho presa come vanto personale (cit). Coi marker al contrario faccio così. A ognuno i suoi maestri.
    Se si è però sentita ferita da alcuni miei passaggi, me ne scuso a mia volta. E’ giusto farlo. Ricordandole però che quella che ha insultato (pattume, taroccatore), e senza mai essere stata citata prima, non sono stato io.
    Riguardo infine al Signor G, che ormai tendono a citare tutti, perfino Fini (e la cosa mi fa non poco incazzare), le consiglio piuttosto l’ascolto – tra i mille possibili – de Il conformista. Impararlo bene. E poi prenderne le distanze (se non lo si è già fatto).
    In bocca al lupo,

    andrea scanzi

  21. eleonora guerini ha detto:

    Vedo che non perde mai occasione per un sarcastico rilancio. Dev’essere la sua cifra. Comunque grazie per il consiglio. Conosco molto bene quel pezzo. Nell’87 mio padre mi portò a teatro a vedere Parlami d’amore Mariù e da allora ho seguito Gaber con assiduità, per come una persona normale può fare.
    E’ da tre giorni che mi sento nella bocca del lupo.
    E’ arrivato il momento di prendere un po’ di aria.

    Eleonora Guerini

  22. Stefano ha detto:

    Questo scambio tra le i la signora, Scanzi, mi ha ricordato per citarla Graf-Zvereva 6-0 6-0. E la signora Guerini non ha somigliato alla Graf.
    Vittoria facile, non se ne approfitti troppo e torniamo a parlare di vino, che lei sa farlo.

  23. Roberto ha detto:

    Sì vabbe’, adesso la Guerini cita anche Gaber a casa di Scanzi, che è come citare Montanelli nel blog di Travaglio.
    Fermate questo massacro. 🙂

  24. Giovanni Rinaldini ha detto:

    Bè, mi sono un poco informato. Si continuano a dire cose inesatte. Non è vero che il premio vinto dalla Guerini come documentato nella fotografia l’abbia vinto quest’anno il bon Gigi Brozzoni. Quello vinto dalla Guerini – è scritto qui: http://www.lagiustiniana.it/archives/uploads/GRANDI%20CRU%20ITALIA.pdf e qui: http://degustazioniagrappoli.blogspot.com/2008/04/premi-dal-comitato-grani-cru-ditalia.html – è il premio per il miglior giornalista “giovane”. Quest’anno lo ha vinto Antonio Boco (Wine News, ma Boco io lo leggo quasi ogni mese anche sul Gambero Rosso). E’ scritto qui: http://www.italiaatavola.net/articoli.asp?cod=14948.
    Ho notato che dall’istituzione del premio, cioè dal 2007 se non sbaglio, in quattro edizioni hanno vinto questo prestigioso premio il Gambero Rosso come testata, la Guida del Gambero Rosso come miglior Guida, il Gambero Rosso Channel come miglior Canale, Daniele Cernilli il primo anno e Marco Sabellico il secondo come miglior giornalista, la Guerini e Boco come migliori giornalisti giovani.
    Ogni anno i premi assegnati a giornalisti e testate italiane sono solo tre, gli altri sono per giornalisti e testate straniere.
    Gh’è minga malott, si dice dalle mie parti.

  25. Giovanni Rinaldini ha detto:

    Solo per sapere, mi rivolgo al “moderatore”: perché il mio intervento di ieri, privo di offese verso chicchessia, è stato “moderato” nel senso della sua eliminazione fisica?

  26. Andrea Scanzi ha detto:

    Caro Rinaldini, nessuna censura. Molto semplicemente non faccio il moderatore di questo blog per professione ed ero fuori Italia. Ho attivato i suoi commenti, che peraltro gettano nuovo lustro sulla certosina capacità documentatrice della giornalista gamberorossiana (nonché sul premio gamberorossiano stesso), non appena lo ho letti.
    La ringrazio.

  27. Andrea Scanzi ha detto:

    Qui trovate la seconda parte dell’intervista di Intravino.
    http://www.intravino.com/primo-piano/intervista-al-reprobo-andrea-scanzi-il-vino-ai-tempi-del-pattume-giornalistico/

    Poiché cito – solo e soltanto – nella seconda risposta due addetti ai lavori, preciso e ribadisco alcuni passaggi.

    Fatto 1: “Francesco Valentini mi ha telefonato imbufalito perchè. mi ha riferito, il senso delle cose che ha detto è stato completamente travisato. La stessa cosa che afferma Massimo D’Alessandro” (Daniele Cernilli, 3 maggio 2010, blog Intravino).
    FALSO: Massimo D’Alessandro non ha mai detto di essere stato travisato, ma di non sentirsi rappresentato dal tono generale del capitolo. Cosa ben diversa. Oltretutto non aveva ancora parlato con Cernilli. D’Alessandro non ha mai affermato di non avere detto le parole riportate a pagina 131 (l’argomento cardine a cui allude Cernilli). Le ha confermate anche all’avvocato Bernardo Losappio, legale di Carlo Ferrini, che è qui gentilmente intervenuto.

    Fatto 2: “Mi è capitato di ricevere due telefonate da parte di due produttori che sono persone di indubbia onestà intellettuale, come Francesco Valentini e Massimo D’Alessandro, che prendevano le distanze da quanto era loro stato messo in bocca dallo Scanzi nel suo ultimo libro” (Daniele Cernilli, 3 maggio 2010).
    FALSO: nel momento in cui lo ha scritto, Cernilli non aveva sentito al telefono Massimo D’Alessandro, come ho poi avuto modo di appurare telefonando io stesso a D’Alessandro e come lo stesso Cernilli è stato costretto ad ammettere il giorno dopo su questo blog. Cernilli ha parlato al telefono con D’Alessandro il 4 maggio. Il giorno prima aveva solo riportato (malino) quanto riportato da Eleonora Guerini.

    Per tali falsità, non ho ancora ricevuto le scuse di Daniele Cernilli, che con tali messaggi “intimidatori” e pubblici, su argomenti peraltro che non lo riguardavano e tifando per una mia querela, ha leso la mia dignità professionale. Dando la sensazione (spero solo sensazione) di voler difendere lo status quo e offendendo un collega che non conosce. Collega, peraltro, che ha scritto un libro nel quale Cernilli viene definito (da Francesco Valentini) “bravissimo giornalista” e in cui io stesso plaudo il Gambero Rosso – se non altro – per avere aperto la loro guida al fenomeno della viticoltura naturale e ai “tre bicchieri verdi”. Il tutto a conferma di una NON esistente mia pregiudiziale nei confronti di Cernilli. E resto tuttora disponibile a una sua smentita, nella seconda edizione, riguardo all’(irrilevante) aneddoto raccontato da Angiolino Maule nel libro. Aneddoto (irrilevante) che peraltro Maule conferma. Se io sono stato pienamente corretto nei confronti dell’esimio Cernilli, non posso dire lo stesso a parti invertite.

    Fatto 3: si è parlato di me come di un travisatore, manipolatore, furbastro, tentatore, taroccatore, pattumista (?), etc. Ha cioè avuto luogo una DIFFAMAZIONE a mio danno. E tutto questo per una intervista il cui contenuto è stato confermato non solo dall’intervistato (che ne ha contestato i toni), ma anche dalle persone chiamate in causa. Ovvero per aver fatto il mio lavoro. Accetto – anche se ne soffro – se il signor D’Alessandro mi dà dello “scorretto”, essendosi pentito di aver detto troppe cose a un giornalista (prassi non esaltante), ma non accetto che altri baroni e tromboni asseriscano (come finora hanno fatto) il falso.

    Fatto 4. L’intervista era vera e veri erano i contenuti. Questo e solo questo conta. Nel pieno e fermo rispetto della magistratura e delle persone coinvolte. Rispetto mai venuto meno. Non da parte mia o di chi ho intervistato nel libro, quantomeno. Sono altri che hanno scritto post inneggianti alla condanna (legale) di colleghi sgraditi, inventando di sana pianta alcuni accadimenti e spostando – deliberatamente – l’attenzione su aspetti marginali. Una prassi deontologicamente squallida.

    Fatto 5: Eleonora Guerini mi ha definito giornalista taroccatore e ha parlato del mio lavoro come di “giornalismo pattume”. Se ha poi avvertito l’esigenza di scusarsi (parzialmente) in questo blog, sapeva che erano forse affermazioni non vicine al vero.
    La signora Guerini, intervenendo qui più volte, in mezzo ad alcune gaffes (l’assegnazione-non-assegnazione di un premio a Francesco Arrigoni), ha però – se non altro – fugato definitivamente i dubbi sulla veridicità (nel senso di realmente pronunciate) dei virgolettati di pagina 131. Cito questo passaggio della Guerini: “mi ha confermato di aver più e meno detto quello che veniva scritto, solo non sentiva quelle parole o meglio il tono che trapelava, come proprio. e il suo rammarico più grande non aveva, come forse invece i più credono, a che fare con la questione dell’indagine in corso. voglio dire, quella è roba che ormai sanno pure i sassi. non sopportava l’idea di essere letto come uno stronzo arrogante senza sensibilità e cultura”.
    Da tale passaggio, scritto non certo da una mia fan (quindi ancor più credibile), e che va peraltro a confermare quanto scritto dall’avvocato Losappio (andando con ciò a smentire il tono “dubbioso” del Cernilli), si ha quindi conferma di come il professor Massimo D’Alessandro non abbia mai negato i CONTENUTI, quanto casomai la FORMA (i “toni”), a suo dire arroganti.
    Non solo: la Guerini stessa conferma come D’Alessandro sia rimasto dispiaciuto non della pagina 131 (l’oggetto del contendere), ma ad esempio dei suoi giudizi (testuali) sui Syrah dei colleghi, pagina 127, che aveva espresso con tono ironico ma che messi su pagina hanno acquisito (a suo dire) una valenza sentenziante.

    Reputando che della vicenda si sia parlato sin troppo, e trovando tuttora deplorevole l’atteggiamento di alcuni tromboni cattedratici, non intendo intervenire oltre.

  28. Robi ha detto:

    Voglio fare un complimento alla signora Guerini. Dopo le figuracce di questi giorni, non ultima quella su Arrigoni, ancora scrive. Io avrei smesso per molto meno. 🙂

  29. […] Andrea Scanzi пишет: Che ne facciamo di questo Prosecco. Oggi bisogna servire del Franciacorta !”. Alla fine del film scorrono i titoli di coda e tra gli “sponsor” ecco comparire il logo del consorzio Franciacorta. ….. leggendo l’intervista a d’alessandro, che lei avesse fatto il furbetto. poi dopo il post a me dedicato – lady sfuso – mi sono venuti dei dubbi. un po’ perché ero molto divertita da quel che aveva scritto di me, perciò di buon umore, un po’ perché per natura sono portata ad … […]

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