Metti una cena alla Tana

Uno dei miei riti è festeggiare l’uscita dei libri alla Tana degli Orsi, luogo del cuore e dell’anima di Pratovecchio. Lo cito spesso, sia in Elogio che ne Il vino degli altri. E’ un posto meraviglioso, gli unici difetti sono la lontananza (da casa mia) e la musica a volte troppo alta (ma ultimamente non c’è: bene).
Venerdì scorso ho festeggiato con alcuni amici, i soliti. Eravamo cinque. C’era Chef Cumino, Giallu Gori, rigoroso sbagliatore di vini e tronfio consumatore di spezie esecrabili. C’era Alberto Fucci, detto Rambino, che sta alla degustazione come io alle infradito. C’era Gabriele Mori, bevitore dalla tolleranza alcolica superomica e feticista del cellulare (conosco feticismi migliori). E c’era Massi Bertozzi, che ultimamente fa la spola tra Italia e New York, e fossi in lui non so se tra le due sceglierei la prima.
In questi casi i vini li scelgo io. Credo che a loro vada bene. E se non gli va bene pazienza.
Queste cene sono sacre. Il rituale è quasi sempre lo stesso. L’aperitivo offerto da Simone e Caterina (i proprietari della Tana), il lattaiolo prima del dolce (che non prendo mai, ma in queste cene sì). Prima di andare, sapevo che avrei subito la mitraglia per la mia scelta – ribadita dall’ultimo libro di Safran Foer – di essere (tornare) vegetariano. La mitraglia c’è stata: e mi ha ribadito le convinzioni. Nulla mi convince più degli assolutismi altrui. L’agnello e il capretto mangiateli voi: io preferisco vivere (e far vivere).
E’ stata una galleria di vini sontuosa. Ecco la progressione.
Franciacorta Dosage Zero Faccoli 2004. Faccoli è una piccola azienda in Franciacorta, tra le poche che piacciono ai vinoveristi. Il suo vino migliore è forse l’Extra Brut. Questo Dosage Zero, cioè un Pas Dosè, è stata la rivelazione della serata. Costo 22 euro. Non brillava in perlage (sticazzi) e per progressione, ma era meraviglioso per acidità, eleganza, profumi (non solo lievito) e capacità finale di detergere.
Riesling Castel Juval 2007. Un piccolo capolavoro, a mio avviso il migliore Riesling italiano con Falkenstein (entrambi della Val Venosta). Nel libro ne parlo. Adoro i Riesling, soprattutto della Mosella. Castel Juval (proprietà di Reinhold Messner, bassa produzione) è un gioiellino, anche naturalistico. La 2007 è stata un’annata straordinaria, la degustazione l’ha dimostrata. Sapido e minerale, fresco ed equilibrato, profumi complessi (e non aveva neanche 3 anni). Una bottiglia da 18 euro (se il ricarico è onesto, e qui lo è). Applausi. Unico dispiacere: il Riesling, se fatto bene, andrebbe atteso per anni. Altrimenti è sempre un po’ un infanticidio.
Sassella Rocce Rosse Ar.Pe.Pe. 1997. Ah, i vini di Pelizzatti Perego. Sia lode ad Arturo e ai suoi figli. Sia lode alla Valtellina vera e alla Chiavennasca (Nebbiolo) d’altura, viticoltura eroica che qui non segue le mode (Sfursat). I vini di Ar.Pe.Pe. brillano per drittezza, eleganza e personalità. Un vino di 13 anni a 26 euro. Rapporto qualità/prezzo da spellarsi le mani. Bevibilità suprema. C’mon.
Barolo Brunate-Le Coste Rinaldi 2004. Rinaldi non si discute: si ama. Anche quando fa il burbero (lui e i suoi vini). Il Barolo paradigmatico. Io forse preferisco l’altro, il Cannubi-Boschis, e questo 2004 era senz’altro giovane (perdonami, Beppe) ma che creatura meravigliosa. Costo 38 euro: li vale e per un Barolo è poco.
Passito di Pantelleria Ferrandes 2005. Ecco, io per i vini dolci – come noto – non ho un debole. Non mangio quasi mai dolci e non bevo quasi mai vini dolci. Il mio preferito è il Tokaj, poi lo Sciacchetrà (chi ha letto il libro lo sa). E il Sol di Cerruti. Fare passiti di pregio è un’arte quasi scomparsa. Ferrandes, altro vinoverista, la conosce. Prezzo 26 euro (bottiglia da 0,375 lt).
Buona domenica a tutti.

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26 Responses to “Metti una cena alla Tana”

  1. Christian ha detto:

    Andrea, scelte indiscutibili per una serata speciale, che mi lasciano comunque un interrogativo: un Blanc Fripon (iniziale), o un Passito di Chambave non sono all’altezza, o sono solo mal distribuiti (e quindi alla Tana non ci arrivano)?

  2. Mauro ha detto:

    Bei vini, forse le annate…ma non si può avere tutto nella vita….:-)

  3. Daniela ha detto:

    accidenti…complimenti per le scelte… Forse solo..avrei chiuso diversamente…ma io non amo per nulla i vini dolci…Il luogo non lo conosco ma magari la prox settimana vado alla scoperta…

  4. Daniela ha detto:

    capisco… Io se proprio devo scegliere …scelgo De Bartoli, Ventennale…o un buon rum (con il cioccolato….yuk!). Mi sembra di capire che non riuscirò a scoprire la Tana..la prox settimana…Anche per il pranzo occorre largo anticipo?

  5. Christian ha detto:

    Andrea, grazie! Se volessero rispondere, ne sarei onorato. Continuo a non capire se “siamo” (mi ci metto dentro, anche se solo come abitante) poco capaci a vendere/distribuire, o se abbiamo imparato da troppo poco tempo come vinificare in modo decente e quindi il prodotto non è così conosciuto…

  6. Andrea Scanzi ha detto:

    @Mauro. Eh, le annate quelle erano. Christian: non ricordo quanto sia fornita la Tana di vini valdostani, che peraltro adoro, ma ha una grande carta dei vini e senz’altro ci starà leggendo. @Daniela. Daniela, il Passito è stata una concessione agli amici. Io, tranne 2-3 casi, non li ordinerei mai. La Tana è da provare senz’altro, ma prenota con larghissimo anticipo. Telefona, è l’unico modo. I superalcolici li bevo poco, al limite whisky single malt (anche col cioccolato). @Chiara. Io invece preferisco il Sassella. Lo Sfursat, tranne rari casi, mi sa di vino finto, costruito. E’ rarissimo trovarne di buoni, come capita ad altri vini rossi secchi da appassimento (Amarone). La Chiavennasca “così com’è” mi piace molto di più.

  7. Mauro ha detto:

    @ Andrea: se non lo hai già fatto, prova il ’99 di Rocce Rosse. impressionante…
    Buona Domenica.

  8. Claudio ha detto:

    Di Faccoli ho degustato recentemente tutta la gamma, di gran lunga il Franciacorta con più personalità di quelli da me provati (e ne ho provati parecchi). E hanno anche prezzi onesti, cosa che per i Franciacorta non è molto usuale.
    Una cosa: ma perchè quando un vegetariano parla della sua scelta mette sempre in mezzo agnello e capretto? forse per far sentire più in colpa chi vegetariano non è? io, motivi di salute a parte, rimango dell’opinione che la scelta del vegeterianesimo sia senza senso. Ovviamente ognuno è libero di mangiare (e non mangiare) ciò che vuole ma io ho sempre trovato l’essere vegetariani una scelta che con la consapevolezza e col rispetto per gli animali centra ben poco. Tu che dici sempre di non sopportare gli assolutismi, non ti sembra così di applicare il più abusato?

    PS ho letto il libro di Safran Coen e continuo a pensare che si possa mangiar sano anche mangiando bistecche, prosciutto e si, anche l’agnello. Basta saper scegliere le materie prime.

  9. Divino Scrivere ha detto:

    @Andrea, prova anche il Vigna Regina ’99 che è strepitoso!
    http://divinoscrivere.wordpress.com/2010/01/06/883/
    🙂 Barbara.

  10. Daniela ha detto:

    @Christian…premesso che io apprezzo molto i vostri vini…il percorso di conoscenza dei vostri prodotti lo ho fatto da sola…mossa da curiosità ed interesse personale. Io penso che il problema stia essenzialmente nei vizi logici che regolano l’attuale rete distributiva.

  11. Christian ha detto:

    @Daniela… penso, però, ci sia anche un pò di “difetto” nostro. Il dubbio alberga in me da quando sono stato nella cantina di “Eataly” (a 100km da Aosta, mica su Marte!) e ho faticato a trovare un (e dico un, non dieci) vino valdostano. La distribuzione avrà sicuramente rotte “oliate” che non passano tanto da Aosta, ma la nostra ritrosia comunicazional-promozionale sicuramente cuba non poco. Curiosità: visto che hai approfondito il tema, qual è il tuo favorito?

  12. Bianca ha detto:

    adddoro, la Tana degli Orsi.

  13. Massimiliano ha detto:

    I primi tre geniali. Gli ultimi due me li ricordo poco, ma troppo dolci! ;)))

  14. Daniela ha detto:

    sulla ritrosia comunicazional-promozionale valdostana non discuto…ma ho recentemente avuto simili riscontri in altre regioni…con alcuni produttori di nicchia…che, benchè abbiano un prodotto a mio parere notevole, faticano a trovare il giusto spazio sul mercato. Quanto ad Eataly..per me è l’emblema dell’attuale logica distributiva.
    Pinot noir..il cuore batte lì’ !

  15. Filippo ha detto:

    Andrea non mangi carne? davvero?

  16. Andrea Scanzi ha detto:

    Davvero. Sono quasi-vegetariano dal 2001. Quasi nel senso che mangio pesce (poco), uova e formaggio. Nell’ultimo anno e mezzo avevo fatto alcune deroghe (affettati, tagliata). Poi ho letto Safran Foer e non farò più deroghe. E comunque non ho mai mangiato selvaggina, agnello, capretto, pollo, tacchino, uccelli. Ne ho parlato anche una settimana fa nel blog de La Stampa.
    @Massi. Gli ultimi due “troppo dolci” erano il Passito di Fernandes e il bicchiere di Frimaio Vendemmia Tardiva Rizzi che ha preso Mori, ma il Barolo Rinaldi “troppo dolce” non era di sicuro. 🙂

  17. michelangelo ha detto:

    Buona domenica.
    Entusismante il percorso enologico della serata che hai presentato. Vengo a sapere che sei vegetariano:e gli abbinamenti con la carne?Un mondo che perdi?
    Wisky, anzi Wiskey: torno dal’Irlanda, Dublino. Vacanza con mia moglie e amici. Ultimo giorno mi distacco e vado con Luisa (la mia donna) a visitare la distilleria Jameson. Un pò da turista italiano medio, un pò da curioso fresco sommelier. Non lo conoscevo, e faccio il percorso con la visita guidata giusto in tempo per capire quanto sono bravi a fare soldi, e alla fine si proclamano miglior wisky del mondo. Faccio la degustazione con Wisky scozzese, e JD. Mi accorgo di quanta vaniglia c’è nell’americano (mi piace sempre) e quanto sia buono l’irlandese. Lo scozzese troppo duro per me. Finale: compro la bottiglia al duty free (23,90). Il giorno dopo faccio la spesa con mia moglie al supermercato sotto casa:vado al settore distillati: Jameson € 11,85. Rido. Ma son sicuro che il saprore della mia bottle sarà sicuramente unico! Domanda: ma davvero è il miglior wisky al mondo il wiskey Jameson?Ciao.

  18. Luca Miraglia ha detto:

    Caro Andrea, avendo la fortuna di avere casa (e podere) poco fuori Pratovecchio, la prossima volta che andrò in Casentino (da Napoli non è uno scherzo) cercherò di tornare alla Tana convincendo – si spera – mia moglie che, da astemia, non è che ne sia entusiasta; in effetti l’atmosfera è proprio quella che un appassionato vorrebbe sempre trovare: calda, rilassata e con tante bottiglie intorno.
    Cosa vuoi di più dalla vita? Forse un Barolo Piè Franco (in magnum) di Baldo Cappellano.

  19. Gennaro ha detto:

    Forse commetto sacrilegio a dirlo, ma io preferisco la birra. Non ci sono prospettive per un libro (e/o un blog) sull’argomento? Sarebbe fantastico leggere un’opera del genere scritta da un grande come lei.

  20. Vale ha detto:

    i vini solo da dolce (si dice così?) non mi fanno impazzire, però ho provato da poco il moncucco fontana fredda e mi è piaciuto; riguardo alla birra non so come la pensiate voi, ma io piuttosto che bere beck, heineken o peroni preferisco l’ACQUA del rubinetto, bevo solo roba d’importazione, tipo scozzese o le trappiste o quelle d’abbazia, però sto attenta che hanno 15,000 calorie e dopo debbo raddoppiare la ginnastica eh

  21. Christian ha detto:

    @Valentina, siamo d’accordo sul fatto che le birre commerciali italiane abbiano tutte lo stesso gusto ormai. Personalmente, debbo dire che andare alla scoperta dei prodotti dei birrifici artigianali è una libidine. In Italia ce ne sono oltre 200 e quanti lo sanno? Consiglio calorosamente di provare quanto viene realizzato a Genova da “Maltus Faber”. Se vogliamo parlare, poi, della Terra d’Albione, non ho dubbi nel segnalare la “Trashy Blonde” della Brewdog Brewery!

  22. Vale ha detto:

    sì le birre artigianali italiani sono buone, ma io sono esterofila, trappiste tutta la vita, fra le scozzesi oltre alla Trashy ce ne è una che mi piace molto con sulla bottiglia una specie di barbaro (io non ricordo mai i nomi di nulla, che palle)

  23. Nic Marsèl ha detto:

    Io credo che si possa essere “moderatamente vegetariani”, senza ipocrisia. Nel senso che posso anche non comprare carne e poi accettare di mangiarla in determinate occasioni, se per esempio sono invitato da qualcuno che non puo’ prepararmi una cena appositamente vegetariana. Comunque la mia posizione etica personale (criticabilissima) è contraria agli allevamenti intensivi ed alla caccia sportiva (sottolineo sportiva) ma non alla dieta onnivora. Tornando ai vini leggo di Arpepe, un’azienda che mi fa sentire sempre un enostupido. Assaggiati e riassaggiati i loro vini non riescono ancora a convincermi. Secondo me rappresentano l’archetipo del vino estremo. Verticale, minerale e acido, scarico (di colore) e senza un minimo di residuo zuccherino ad ammorbidire la beva e accarezzare il palato. Bevendo si impara e ho imparato molto finora, ma come si fa quando un vino proprio non ti piace?

  24. stefano ha detto:

    Credo che – e parla una persona che ancora non riesce a rinunciare a carne (poca), pesce, uova, affettati ecc. – probabilemnte si arriverà ad uno stadio della civiltà in cui mangiare carne animale sarà giudicato un abominio.
    Detto ciò, sono curioso di sapere, Andrea, con quali cibi abbini vini come il Valtellina o il Barolo di Beppe Rinaldi, e se hai delle “dritte” su abbinamenti non carnivori per i grandi rossi.
    Sto leggendo il libro, e ogni tanto riprendo in mano l’Elogio, e lo trovo molto interessante. Complimenti.

  25. Andrea Scanzi ha detto:

    @Michelangelo, Stefano. Preferisco non sentirmi in colpa quando gioco coi miei cani, che arrivare ad abbinamenti teoricamente perfetti. Sto bene se non mangio carne e non mi va di partecipare a questo Olocausto inutile e sistematico. Alludo, soprattutto, all’allevamento industriale. Ma è una scelta mia, non cerco proseliti. La storiella dell’abbinamento è comunque una delle più grandi sciocchezze del mondo. L’ho scritto in Elogio, l’ho scritto nel Vino degli altri. Coi vini ci mangio quel che mi pare, basta con queste regole scritte quasi sempre risibili. Esistono solo 2-3 regole base, ma non c’è nulla di “assoluto”. Un Barolo di Rinaldi sta da Dio con certi formaggi stagionati, coi tajarin al tartufo, con la tagliata di tonno. E sta bene pure da solo. Certo, non starà bene con la sogliola e i Tuc (oddio, coi Tuc…), ma chi se ne frega. Davvero, l’abbinamento è proprio una scienza che mi fa quasi sempre sorridere. @Nic Marsel. Il mio quasi-vegetarianesimo è esattamente come lo intendi tu. Quanto ad Arpepe, capisco benissimo la tua posizione. E’ più o meno quello che scrivo nel capitolo sulla Borgogna: il vino che “deve piacere per forza” non esiste. Ciò che a te non piace di Arpepe (vino estremo, scarico, dritto, minerale) è esattamente ciò che piace ai suoi ammiratori. Io non sono un estremista tout court e certi vino famolostrani mi dicono nulla, ma Arpepe è azienda che mi affascina e comunica molto. De gustibus, no problem. 😉

  26. Denis ha detto:

    Mi verrebbe da dire…complimenti per la trasmissione,ma è fuoriluogo,complimenti per”il bignami del sommelier”mi sembra più appropiato!!Su consiglio di un mio carissimo amico di foiano della chiana,ho acquistato il vino degli altri,L’ho trovato interessantissimo,ragion per cui ho provveduto a cercare “l’elogio”(non è stato semplice trovalo qui a modena),strepitoso il capitolo delle cento mosse per essere sommelier,ho da poco terminato il secondo livello ais…ne farò TESORO!!BAsta dilungarsi..giovedì scorso sono andato a visitare un paio di cantine in valtellina,una di queste era proprio ar.pe.pe,esprienza da incorniciare(comprese le classiche domande da pivello del corso ais!)vini splendidi,uno su tutti sassella vigna regina,piu una mini verticale di pettirosso,’97’99,!Isabella pallizzati è stata gentilissima e disponibilissima(fin troppo)visita raccomandata per gli amanti del nebbiolo d’alta quota!ciao denis

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