Archive for Marzo, 2020

Rosso sui lieviti frizzante – Furlani

domenica, Marzo 8th, 2020

Schermata 2020-03-08 alle 17.46.58Nel loro sito, si definiscono così: “Cantina Furlani e’ giovane e dinamica, un riuscito binomio di tradizione e avanguardia. La produzione rimane totalmente artigianale ed al suo interno si svolgono tutte le delicate fasi della vinificazione. L’azienda agricola ha un estensione di vari ettari di vigneto, appezzamenti che raggiungono i 720 metri slm, in parte sulle pendici della Vigolana ed in parte sulle colline sovrastanti la città di Trento, dalle quali uve si ricavano vini naturali, semplici, raffinati e di forte personalita’. Uve coltivate e vinificate con passione, sempre nel rispetto della natura, dell’ambiente e degli animali“.
Furlani è un’azienda trentina che conosco da un po’ e ritengo una garanzia, perlomeno nei rifermemtati. Li ho provati quasi tutti (le bottiglie non sono poche, le etichette però tante) e devo dire che non ne sono mai rimasto deluso. Dallo spumante Alpino, forse il loro vino più ambizioso. all’Alpino Macerato sui lieviti frizzante (ottimo), passando per il Macerato sui lieviti (viva!) e lo spumante Alpino Antico.
Domenica scorsa, nel meritorio ristorante Officina Panini Gourmet di Arezzo, ho provato per la prima volta il Rosso sui lieviti frizzante. Un rifermentato senza troppe pretese, naturale come gli altri vini prodotti da Furlani, derivante da un blend di uve autoctone rosse provenienti da vigne con oltre 35 anni di età. Siam sempre lì: grande beva, estrema piacevolezza, effetto glou glou e gran rapporto qualità/prezzo. Lo consiglio, come tutti i vini prodotti da Furlani.

Il pergola 2017 – Giacomo Baraldo

sabato, Marzo 7th, 2020

IMG_5997Segnatevi questo nome, sempre che non lo conosciate già: Giacomo Baraldo. Tommas Ino Ciuffoletti, su Intravino, l’ha raccontato molto bene. Siamo a due passi da San Casciano dei Bagni. Baraldo è un gran bel talento. Così Intravino: “Ha iniziato a lavorare ancor prima di finire gli studi e che, se vicinissimo a casa ha fatto una vendemmia a Trinoro, ha poi preso a girare il mondo per vigne e cantine“. Il bar/hotel del paese è della sua famiglia. A Intravino si è raccontato con parole chiare: “Nel 2012, dopo che mi sono laureato, volevo viaggiare. Così, ho rifiutato una bella offerta qua in Italia e sono andato a Bordeaux, nelle Graves, dove sono stato 3 mesi. Sono tornato in Italia, ma ormai avevo preso una strada che mi portava fuori e così sono tornato a Margaux, per poi iniziare la tiritera delle due vendemmie all’anno. Finché non m’è arrivata una chiamata dalla Borgogna, da De Montille, dove avevo già lavorato nel 2014 e 2015, facendo cantina e potatura. Nel 2016 il loro aiuto-enologo stava lasciando l’azienda e così mi hanno chiesto di andare su”. Della Borgogna parla con gratitudine – “lì ho imparato a lavorare coi bianchi, con le fecce, i travasi, le sfecciature, ho imparato ad annusare le botti di rosso” – e gli chiedo di raccontarmi di ogni posto dov’è stato durante, come la chiama lui, la tiritera. La Nuova Zelanda (dove tuttora collabora con l’azienda Greystone, sulle Omihi hills vicino Christchurch), “lì ho imparato a fare i vini come avevo studiato all’università, in modo molto preciso e utilizzando questa tecnica della fermentazione in vigna, che poi ho usato anche qui”. La Patagonia, “beh lì ho imparato a non fare troppo affidamento sugli altri! E a fare delle vinifcazioni a strati, ovvero con grappoli interi e diraspati sovrapposti su più strati … cosa che peraltro ho provato a fare anche qui”. Ripete questa frase per la seconda volta e penso che nel suo caso, parlare di “bagaglio d’esperienza” non sia solo una formula retorica. Chiude il tour tornando a Bordeaux: “anche lì mi sono capitati vini più didattici, ma intanto ho imparato il francese. E non è poco”.
Ho scoperto i suoi vini grazie a Luca Martini e sua sorella Giulia. Luca distribuisce una piccola selezione di grandi vini (naturali) italiani e non solo, tra i quali quel Garay andaluso che vi ho già raccontato e che adoro sempre più nelle sue quattro declinazioni del vitigno Zanema. Baraldo è una scoperta della sorella Giulia, che trovate in sala nell’ottimo ristorante di famiglia “Da Giovanna” ad Arezzo.
Baraldo, con la sua piccola produzione a suo nome, si è fatto notare anzitutto per il suo Sangiovese “Il bossolo”. Fa anche un rosso con altri vitigni rossi, “Il bossoletto”. Le sue vigne vivono in un microclima del tutto particolare, perché sono a pochi metri “dalle antiche vasche in pietra che raccolgono l’acqua delle vicine sorgenti termali. Un’acqua diversa da quella, ad esempio, di Saturnia (che è a base di zolfo) e che raggiunge i 39°, influendo in modo localizzato anche sul microclima del posto”.
Io però mi sono imbattuto in un vino diverso, sempre suo e ancora più prezioso. Per ora trovarlo è quasi impossibile, perché la prima annata (2017) consta di appena 240 bottiglie. E’ un macerato di Pulcinculo in purezza, che è poi uno dei tanti nomi (o comunque un parente strettissimo) di un vitigno altrove chiamato così: greco bianco di Perugia, greco spoletino, pulce, greco gentile, pignoletto, grechetto bianco, uva di San Martino, strozzavolpe. Il macerato di Baraldo si chiama “Il pergola” ed è un macerato di rara eleganza e bella beva, persistente e di carattere, slanciato e per nulla seduto, di grande freschezza e ancor più grande mineralità. A Intravino, prim’ancora di farlo, l’ha raccontato così: “Lungo un costone del Monte Cetona, ad una bella altitudine, metterò una selezione di Pulcinculo fatta da due pergole che sono proprio qui, sotto la piazza, per farci un macerato (a maggio usciranno le prima 240 bottiglie di macerato, 2017, “Il Pergola” ndr)”.
Ve lo consiglio (se lo trovate). E se non lo trovate, bevete qualsiasi cosa di Baraldo: il ragazzo ha talento, rispetto e fantasia.