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Un vino buono per l’estate (cit)

venerdì, Agosto 7th, 2015

Schermata 2015-08-07 a 14.41.19Sperando che gli astemi non si arrabbino, e con essi quei bacchettoni in servizio permanente che vorrebbero mettere al bando tutto ciò che contiene anche solo l’1% di alcol, tra le cose da salvare c’è e ci sarà sempre il vino. Oltretutto, di questi tempi, è uno dei pochi refrigeri sicuri. Un refrigerio parziale e dall’effetto per certi versi controproducente, perché dopo aver bevuto (per via dell’alcol) senti più caldo di prima. Pazienza: il buon bicchiere di vino è sempre lì, pronto ad aspettarti. Anche d’estate. Certo, in questo periodo è da preferirsi il bianco. O al limite il rosato, sempre ammesso che se ne trovino di degni (è dura ma non impossibile). Il panorama ampelografico italiano, anche dopo il flagello della fillossera, resta ricchissimo. Nei rossi come nei bianchi. Meglio puntare sui vitigni autoctoni: diffidate degli Chardonnay, quasi sempre opulenti in Italia, e non puntate sui bianchi faciloni dai profumi immediati ma alla lunga stancanti (Gewurztraminer). La temperatura dovrà essere bassa: gli espertoni vi diranno che più un vino è freddo e più se ne uccidono i profumi, mascherando peraltro l’effetto dell’alcol e rendendo dunque il corpo umano meno vigile di fronte al rischio sbornia. Tutto vero, ma un bianco va bevuto comunque freddo, che sia spumante (secco), frizzante o fermo. D’estate non sono consigliabili i bianchi macerativi, quelli cioè che fanno contatto con le bucce e hanno tannini e più struttura: sanno essere meravigliosi, ma la bevibilità ne risente (ancor più col caldo). Le bollicine sono perfette: puntate sui Metodo Classico (rifermentati in bottiglia) e non sul Metodo Martinotti Charmat (rifermentati in autoclave e meno affascinanti). Se proprio amate i rossi puntati su certi Lambrusco ispirati, magari di Sorbara, meno “colorati” e spesso più eleganti. Non avvicinatevi ai vini dolci, col caldo vi stuccheranno più del solito. Sia poi lode al bianco frizzante, ancor più se un po’ sghembo e bruttino. Si pensi ad alcuni frizzanti non filtrati del parmense, oppure a quei Prosecco “sur lie” ovvero “col fondo”, rifermentati in bottiglia come si faceva un tempo (infatti li chiamano “ancestrali”). Si presentano non proprio bellissimi, ma vanno giù che è un piacere e hanno un ottimo rapporto qualità/prezzo. Lo Champagne, se ben scelto (e non è facile), non delude mai. Un vitigno autoctono che non cessa mai di stupire è il Timorasso. Di pregio alcune rarità citrine della Valle d’Aosta, una garanzia (quasi sempre) il Riesling. Cantava Ivano Fossati ne I treni a vapore: “Fra un bicchiere di neve e un caffè come si deve/ quest’inverno passerà”. Sostituite “vino” a “neve” ed “estate” a “inverno”. E il gioco – un bel gioco – è fatto. (Il Fatto Quotidiano, 27 luglio 2015)