Raccontando al pubblico la genesi del suo Mondovino, film che ha cambiato non poco la maniera di raccontare (e probabilmente concepire) l’universo enologico, il regista Jonathan Nossiter non mancava quasi mai di ricordare quanto fosse rimasto stupito dalla piacevolezza di un bianco italiano. Quel bianco – poco costoso e non troppo famoso – appariva un po’ strano, appena torbido, vivificato da un giallo dorato così distante dalla neutralità asettica dei troppi “giallo paglierino” in commercio. Quel bianco era il Pico dell’Azienda Agricola La Biancara di Gambellara, in provincia di Vicenza. Dietro l’azienda si cela la famiglia Maule, dominata dal padre Angiolino. Personaggio vulcanico, di gran talento e grandi spigoli, sinceramente appassionato (per qualcuno pure troppo). Era e rimane uno dei grandi pionieri del vino naturale, allievo di Gravner (con cui poi puntualmente ha litigato) e dominus della meritoria associazione VinNatur (nata da una scissione con Vini Veri). La Biancara produce anche rossi e Recioto, ma il meglio lo dà nei bianchi, tutti Garganega in purezza. Un vitigno di indubbio pregio, ma spesso banalizzato da aziende più interessate alla quantità che alla qualità. Si possono scegliere tre Garganega: il base Masieri, il medio Sassaia, il cru Pico. Sono vini di una piacevolezza, e di una grazia, davvero rare. Maule rispetta la natura come pochi e non smette mai di cercare. La sua è un’azienda semplicemente irrinunciabile. (Il Fatto Quotidiano ha cambiato grafica, al lunedì, e anche la rubrica del vino va in cantina. Qui, però, continua. Ogni settimana, o giù di lì).
Archive for Giugno, 2015
Vini ostinati e contrari: Pico La Biancara
lunedì, Giugno 29th, 2015Vini ostinati e contrari: Trebbiano Casale
lunedì, Giugno 22nd, 2015Certaldo è un luogo incantevole in provincia di Firenze, famoso per molte cose. Per aver nato i natali (pare) a Boccaccio e per una mostra del fumetto al cui interno, se cerchi bene, incontri Dylan Dog e Martin Mystère. Non è però nota, non immediatamente almeno, come luogo vitivinicolo particolarmente vocato. Per cambiare idea vale la pena arrivare a Località Casale, Via San Martino, Certaldo. La famiglia Giglioli-Rinaldi, qui, vinifica addirittura dal 1770. Azienda biodinamica dal 1979, e se non è un record in Italia poco ci manca, produce anche vin santo, grappa, olio e farro. Se vai a visitarla, e ne vale la pena, trovi anche molte damigiane con il vino sfuso e botti con dentro bianchi (Trebbiano) e rossi (Sangiovese) vecchi di decenni. L’Azienda Agricola Casale fa parte di VinNatur e vanta una conduzione felicemente ruspante e per nulla formale. Il vino che più colpisce è il Trebbiano Igt. Non si trova facilmente, 6mila bottiglie delle 12mila complessivamente prodotte ogni anno. Le viti hanno età media di 50 anni. Una settimana di macerazione sulle bucce (ma dipende dall’annata) senza follatura o rimontaggio. Maturazione sulle fecce per 6 mesi, leggera chiarifica e 2 mesi di affinamento in bottiglia. Ha un rapporto qualità/prezzo quasi imbarazzante, nel senso che – in tutta onestà – costa davvero poco. Non immaginatevi il vino della vita, ma piuttosto un vino quotidiano che non ti stanca mai e si lascia bere senza disturbare o stancare. Delizioso. (Il Fatto Quotidiano, 22 giugno 2015. Trentunesimo numero della rubrica “Vini ostinati e contrari”. Ogni lunedì in edicola)
Vini ostinati e contrari: Chiarofiore Tunia
martedì, Giugno 16th, 2015Vini ostinati e contrari: “C” di Catarratto Guccione
martedì, Giugno 2nd, 2015Non fatevi sfuggire questo bianco: è uno dei migliori orange wine italiani. Francesco Guccione ha una storia pesante, e affascinante, alle spalle. E’ il percorso, tra vigne confiscate e fratelli che se ne vanno, di una ripartenza. Dice di sé e dei suoi vini: “Appartengo a una famiglia che da generazioni si occupa principalmente di agricoltura. Ho iniziato a fare il vino aggiungendo lo stemma di famiglia. Al tempo ero insieme a mio fratello. Nel 2011 la frattura, la fine di una storia e per fortuna l’occasione di una rinascita. Le stesse vigne, la stessa mano che vinificava i primi vini: la mia. E una nuova cantina per ripartire”. Guccione cura personalmente le vigne. Sei ettari, agricoltura biodinamica. L’azienda ricade nel territorio di Monreale, 500 metri sul livello del mare. “Sono però più vicino a San Cipirello, il paese che ospita la mia nuova cantina. Qui comincia la valle del Belice, una grandissima vallata, un vero e proprio forziere di prodotti di grandissima qualità”. Sedicimila bottiglie circa prodotte l’anno. Nerello Mascalese, Trebbiano, Perricone. E Catarratto: è la sua bottiglia più affascinante. Si chiama “C” e si presenta essenziale sin dalla etichetta, come fosse un vino da tavola qualsiasi. Macerato (abbastanza ma non troppo) sulle bucce, ha il colore dell’oro vecchio. I profumi ricordano gli agrumi e gli idrocarburi, il tè e il balsamico, poi sensazioni resinose e un’acidità prodigiosa. Più che un vino, un piccolo capolavoro. (Il Fatto Quotidiano, 1 giugno 2015. Ventottesimo numero della rubrica “Vini ostinati e contrari”. Ogni lunedì in edicola)