Lo scorso 6 marzo ho portato Le cattive strade a Monfalcone (Gorizia). Prima ho presentato Non è tempo per noi alla Ubik. Al mio arrivo, ad attendermi, non c’era solo lo staff encomiabile della libreria ma anche una cassa di vini. Me l’aveva lasciata Damijan Podversic. Dentro c’era una bottiglia per ogni suo vino prodotto.
Non conosco Damijan, non personalmente almeno. Ma conosco i suoi vini. Ne sento parlare da anni; era, e immagino sia ancora, habitué de La tana degli orsi di Pratovecchio (Arezzo). E’ stato uno dei maestri di Stefano Amerighi, il cui Syrah è ormai una delle perle enologiche cortonesi. Di Podversic, negli anni, ho bevuto soprattutto il Kaplja, un blend di Chardonnay, Friulano e Malvasia Istriana. Mi è sempre piaciuto e mi piace ancora, ma – ora che ho provato tutta la sua gamma di bianchi macerati – è forse quello che amo di meno. E questo semplice dato è di per sé indicativo del livello dei suoi orange wines.
Non ho ancora provato il suo rosso Prelit, Merlot e Cabernet Sauvignon. Posso invece parlare, e solo bene, della Malvasia Istriana in pureza e soprattutto dei miei prediletti: Ribolla Gialla e Nekaj. Quest’ultimo è Friulano in purezza macerato (tanto ma non troppo). Uno dei migliori Friulano in cui mi sia imbattuto. La sera prima di Pasqua, a Mango, con Ezio Cerruti e Walter Massa, abbiamo aperto anche la Ribolla Gialla 2005 di Podversic, produzione limitata (2mila bottiglie e 500 magnum): notevole.
Nella sua brochure, Podversic dichiara di essere sulla stessa lunghezza d’onda del detto “La terra non è tua, ce l’hai in affitto dai tuoi figli“. Nella homepage del suo sito cita Mario Soldati: “Il vino è la poesia della terra“. I suoi bianchi macerativi spiccano per eleganza e bevibilità, hanno carattere e originalità senza sbrodolare nel ghiribizzo fine a se stesso o – peggio – nell’orange wine stupefacente al primo sorso e indigesto al secondo. Ringraziando Podversic per quella cassa donata a Monfalcone, che ho cominciato a bere solo a fine marzo perché me l’ha donata in pieno mio ramadan alcolico, non posso che consigliarvi i suoi vini. Se dovessi fare una classifica, fallace e fallibile come tutte le classifiche, direi: Nekay, Ribolla Gialla, Malvasia. Ma è comunque un bello scegliere.
Archive for Aprile, 2014
Damijan Podversic
martedì, Aprile 29th, 2014Bricco Appiani 2004 – Roddolo
mercoledì, Aprile 23rd, 2014Sono stato troppo assente da questi spazi. Gli impegni extraenologici, dal teatro alla tivù, mi hanno tenuto distante e non nascondo di avere pensato anche a una chiusura di questo blog: per mancanza di tempo, che è poi il più spietato dei motivi. Negli ultimi due mesi mi sono messo anche a dieta. Per un mese non ho bevuto vino né alcolici. Tutto questo ha portato a una serie di cose. Ho perso quasi dieci chili. Ho rinunciato interamente non solo alla carne, e già lo facevo, ma – pressoché interamente – anche a formaggi, uova, olio, fritture, salse, dolci e grassi vari. Ho smesso pure con i superalcolici. Sono diventato (o tornato) un tossico di verdure, frutta e legumi. Ho scoperto che cose tipo seitan e tofu possono essere buone quando non buonissime (qui partiranno gli sfottò dei carnivori, lo so). E ho avuto modo di appurare – non senza godimento – che il muscolo di grano è una delle invenzioni del secolo. Dopo due mesi di alimentazione simile, da vegetariano felice e ormai ahinoi quarantenne, posso dire che dei “vizi” enogastronomici me ne manca solo uno: il vino. Soprattutto quello bianco. E non ci rinuncerò mai.
Non è però solo per questo – per un banale bisogno “fisico” di vino – che torno a scrivere qui. Anzi oggi bevo molto meno di prima. Il motivo è più profondo: viaggiando dalla mattina alla sera, e incontrando ogni giorno decine di persone, ho scoperto una volta di più che questo paese sbilenco e ferito ha ancora degli avamposti autentici di eccellenza. Eccellenza non solo qualitativa, ma anche morale e per certi versi ideologica. E molti di questi resistenti, di queste anime salve sono proprio nel mondo del vino. Lo avevo già appurato durante la stesura di Elogio dell’invecchiamento: esistono produttori misteriosamente intatti e affascinanti, che hanno cose da dire e raccontare, che conoscono il valore della coerenza e il significato autentico di tradizione (e, perché no, sogno). E sono queste persone, tra le poche a stupirmi ancora, che voglio raccontare. Giusto ieri mi sono fatto un’ora d’auto solo – solo? – per vedere uno dei più antichi panifici italiani, i Fratelli Ferrari a Pieve di Teco: e se ancora mi diverto a compiere questi “sforzi”, è perché so che certi sognatori burberi vanno conosciuti e ascoltati. E possibilmente eternati, anche solo – solo? – nella memoria.
Non è un caso che il desiderio di ricominciare a scrivere qui sia scattato in Langa. Ci ho passato la Pasqua con Perfect39. Ho visitato cantine vecchie e nuove. E ho capito che sarebbe stato un errore grave, e una privazione stupida, rinunciare a questo piccolo universo così ricco di bellezza. Curiosamente il primo vino di cui riparlo è un rosso: non ne bevo quasi più, e molti dei prossimi post – spero 2 o 3 a settimana, vorrei che la scadenza fosse questa – si occuperanno di bianchi, fermi o mossi, macerati e no. Non è neanche un rosso inedito: ne parlavo già sei anni fa in Elogio. E non è nemmeno un vitigno che amo: di sicuro il Cabernet Sauvignon non figura nel mio podio. Eppure il Bricco Appiani di Flavio Roddolo, annata 2004, franco cantina 30 euro e da Maurizio 35, bevuto – e anche questo non è un caso – da Maurizio a Cravanzana, era un piccolo esempio di perfezione terrena. L’invito perfetto a tornare qui e raccontarvi le mie personalissime e opinabilissime epifanie del vino.
Benritrovati. E perdonate l’assenza.