Ho spesso parlato di Champagne e Metodo Classico, sia qui che nel libro Il vino degli altri. Ieri ho sintetizzato alcune riflessioni in questo articolo per Il Fatto Quotidiano, che vi propongo.
“Se quella tra Champagne e Metodo Classico è una guerra, nasce impari. Lo Champagne vincerà sempre in almeno due punti: esperienza e terreno. E’ partito con secoli di vantaggio e nessuno potrà mai colmare quel gap decisivo di tradizione. La zona dello Champagne ha poi tipicità territoriali inimitabili. Nessuno Chardonnay destinato alla spumantizzazione sarà mai paragonabile a quello che arriva dalle zone più vocate della Costa dei Bianchi. Discorso analogo per Pinot Nero e Pinot Meunier. A questi talenti di natura, lo Champagne aggiunge la capacità tutta francese di saper(si) vendere come nessuno. Gli italiani litigano tra loro, i transalpini fanno gruppo e monetizzano insieme (litigando dietro le quinte).
Quindi non c’è gara? Non esattamente. Lo Champagne, come il Metodo Classico, è il vino meno naturale che esista. Si parte da un vino base, mai memorabile, e poi è tutto un giocare in cantina tra lieviti, fermentazioni in bottiglia e sciroppi di dosaggio. E’ un vino che dipende moltissimo dall’uomo. Quando compri Krug, non vuoi scoprire l’annata: vuoi il “gusto Krug”. Un po’ come la torba nel Lagavulin. Questo rende lo Champagne un po’ inviso ai puristi, perché c’è troppa tecnica e poca natura (ma vale anche per tanti altri vini). E poi i francesi sono soliti abbondare in solforosa, responsabile dei tremendi mal di testa al mattino successivo, che garantisce al vino longevità.
Lo Champagne è però naturalmente intrigante. E’ un vino dritto, elegante. Coincide con l’approdo ultimo dell’esperto di vino. Il quale, dopo tanto bere peregrinare, è solito fossilizzarsi su tre tipologie: Champagne, Riesling (possibilmente Mosella) e Pinot Noir (possibilmente Borgogna). Lo Champagne è come certi film d’essai: sa farsi apprezzare solo da chi lo comprende. E’ un vino che fa “figo” bere, ma che pochi dimostrano di conoscere. Lo si compra perché è cool o, peggio ancora, per brindare a fine cena. Un orrore, perché una delle poche regole sensate dell’abbinamento cibo/vino è che al dolce si abbina un vino dolce. Non certo un Brut. Se fosse possibile, lo Champagne andrebbe comprato dai produttori nelle loro cantine: con 20 euro, in Francia, si trovano dei gioielli rari. Invece, in Italia, costi di dogana e ricarichi fanno lievitare i prezzi. Verrebbe voglia di arraffare i prodotti base delle grandi maisons al supermercato: champagne dai grandi nomi, che si vedono negli scaffali a cifre invitanti. Sembrano un affare, sono spesso una fregatura. Rappresentano l’ultima ruota del carro delle grandi firme: se vuoi bere Veuve Cliquot, devi accettare il salasso economico. Altrimenti meglio evitare, affidandosi ai più economici – ma non meno emozionanti – vignerons che producono 20-30mila bottiglie l’anno. Li si riconosce perché nell’etichetta c’è scritto “RM” (récoltant-manipulant) e non NM (negociant-manipulant, ovvero le Maisons). Larmandier Bernier, Bonnet Gilmert: sarà un bel bere. L’alternativa è proprio il Metodo Classico italiano. Non tutto, anche qui occorre sapersi muovere. Le zone di elezione sono Franciacorta, Trento, Alto Adige e Oltrepò Pavese. Al netto del gusto personale, i Metodo Classico che si trovano a 20 euro sono preferibili agli Champagne acquistati in Italia a prezzo analogo. L’Oltrepò Pavese è la patria del Pinot Nero spumantizzato. La Franciacorta è tacciata di privilegiare vini algidi e poco originali. Vero in parte. Accanto a molte bollicine buone al massimo per un privè qualsiasi in discoteca, ci sono Franciacorta (soprattutto a base Chardonnay) encomiabili, dalla fascia alta di Ca’ del Bosco e Uberti fino alla produzione per nulla modaiola di Cavalleri, Faccoli, Arici e Il Pendio. Mai scegliere spumanti con alte dosi di residuo zuccherino: taroccano il gusto e mascherano i difetti. Meglio optare per Brut, Extra Brut e Pas Dosè (senza sciroppo di dosaggio). Champagne e spumanti sono soliti mescolare annate diverse: se la cosa non vi piace, virate sui Millesimati. Buoni livelli anche in Trento e Alto Adige. L’accusa è di produrre spumanti ruvidi, con bollicine “croccanti”: poco charme, troppo gas. Se però si sceglie Arunda o Haderburg, si sceglie bene. Eccellenze sporadiche si trovano in tutta Italia, dalla Puglia (D’Araprì) alla Toscana (Baracchi), passando per qualche Lambrusco (soprattutto il Sorbara) rifermentato in bottiglia. Riassumendo: lo Champagne è imbattibile, ma se non stai attento prendi fregature tremende; il Metodo Classico è l’eterno inseguitore, ma se stai attento cadi quasi sempre in piedi” (Il Fatto Quotidiano, 11 novembre 2013).