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Sequenza lunga (di vini)

giovedì, Giugno 14th, 2012

Lunedì sera ero a cena da Ezio Cerruti, a Castiglione Tinella. Eravamo in otto. Tra questi, Mauro Musso (La Casa dei Tajarin), Silvio Pistone (insuperato maestro di tume), Christian Bucci (Les Caves de Pyrene). Abbiamo bevuto e mangiato come non mi capitava da anni. Cominciato alle 20, finito alle 4. Aiuto.
Ero reduce da due sere altrettanto intense o quasi, sabato alla festa del Fatto Quotidiano a Taneto di Gattatico (RE) e domenica allo splendido ristorante Le Basse di Cuneo (dopo la messa in scena di Gaber se fosse Gaber al Nuvolari Tribù). Per riprendermi, ho osservato – e sto osservando – un regime prossimo al digiuno di almeno 72 ore.
E’ stato un ottimo mangiare (rigorosamente vegetariano: lo era il padrone di casa e lo sono io) e un meraviglioso bere. Potete vedere alcune foto della serata (anche se alcuni vini che si intravedono non sono stati bevuti quella sera, come Fenocchio e Rivella). Ecco le brevi recensioni dei vini bevuti.
Prosecco Casa Coste Piane. Si è cominciato con quello. Garanzia. Il mio Prosecco preferito, con Frozza e Costadilà.
Domaine Ganevat, Cuvèe de l’Enfant Terrible, Poulsard 2010. Presentato con grande entusiasmo. Discreto, bevibile. Provatelo. Ma continuo a non avere evidentemente i cromosomi per amare sino in fondo i vini dello Jura, rossi o bianchi che siano.
Alla Costiera, Fior d’Arancio “Agnese” Colli Euganei 2011. Appartenente alla galassia di Vin Natur. Moscato secco. Ecco: io non ho praticamente mai bevuto Moscato secco buono. Neanche in Sicilia. L’unico è quello di Cerruti, che comunque per ora non lo imbottiglia (e che comunque rimane il meno buono tra tutti i suoi – spaventosamente validi – vini). O sono sfortunato io (sicuramente) o non è una tipologia su cui insistere troppo. Se lo vinificano dolce, un motivo ci sarà. Nello specifico, la bottiglia era davvero deludente.
Champagne Sourdet-Diot 2004. Avevo già bevuto (con piacere) questa azienda, non questo millesimato. Ci ha deluso, lo sciroppo di dosaggio era preponderante e dava al vino una dolcezza sgradevole e inelegante.
Champagne Jean-Paul Deville Carte Noire Brut. Una maison da 200mila bottiglie che, all’interno degli Champagne distribuiti in Italia da Les Caves de Pyrene, costituisce l’entry level. Si trova al ristorante sui 30 euro. Era lo Champagne meno ambizioso dei tre bevuti lunedì, ma come rapporto qualità/prezzo ha battuto tutti. L’azienda è di Verzy. Champagne “economico”, pienamente riuscito per la sua fascia.
Champagne TH & V Demarne-Frison Lalore Brut Nature. Un Blanc de Blancs della zona di Aube. Credo vada sui 50-60 al ristorante. Posso sbagliare, ma non li vale. Discreto, alto livello anzi, ma conosco non pochi Champagne Blanc de Blancs che costano quasi la metà e sono molto più emozionanti. E – ammetto – per me lo Chardonnay della Cote des Blancs è inarrivabile. Penso a Larmandier-Bernier o Bonnet-Gilmert, per citarne due.
Thierry Puzelat, “Ko In Cot We Trust”, Touraine 2010. Un Malbec della Loira. Connubio strano, giusto? Giusto. L’azienda ha alcune vigne di uve “irregolari” e intende preservarle. Bene. Tra queste c’è il Malbec, tipico della Francia sud-occidentale e dell’Argentino. Vitigno (e vino) più nero che rosso, corposo, sciropposo. Non proprio la mia tipologia. Questo Malbec ha però una “drittezza” invidiabile. Sui 20 euro al ristorante. Ve lo consiglio anche solo come bottiglia didattica: è un vino “strano” ma riuscito.
Monteforche, Vigna del Vento 2008. Vino che conosco da anni, avendo frequentato spesso Padova e i Colli Euganei. E’ effettivamente una delle migliori aziende venete, onesta e dal buon rapporto qualità/prezzo. Ma sono proprio distante dall’uvaggio bordolese. It’s not my cup of tea (or wine).
Catherine & Dominique Derain, Gevrey-Chambertin En Vosne 2010. Ah, che meraviglia. Il rosso che cerco (e uno dei pochissimi che ancora bevo con piacere reale). Conoscevo l’azienda solo di nome. Un Pinot Noir di Borgogna esile, dritto, elegante, femmina. Bevibile e appagante. Giovanissimo, ma già emozionante. E’ caro come tutti i Borgogna (credo sui 60 euro al ristorante). E’ stato comunque il rosso che più mi ha convinto. Insieme al prossimo.
Cascina Roccalini, Barbaresco 2008. Il proprietario (giovane) era presente alla cena. Accidenti, che buono. Che buono. Rischia di essere il miglior Barbaresco dopo quello di Teobaldo Rivella (il Montestefano). Distribuito anche questo da Les Caves de Pyrene (si è capito che Christian Bucci aveva portato l’argenteria di casa?). Al ristorante va sui 25 euro, forse qualcosa meno. Caldamente consigliato.
Giuseppe Rinaldi, Barolo Brunate-Le Coste 1999. Il padre di tutti i Barolo e Citrico resta il maestro. Questa bottiglia era, però, meno in forma di altre.
Cavallotto, Barolo (credo). Aperto alle 3 di notte, non ricordo l’annata, rammento solo che è quasi finito. Discreto, ma non chiedetemi altro.
Ezio Cerruti, Riesling “misterioso”. Uno degli esperimenti fatti da Ezio. Ecco: di un vino così, sarei capace di berne una buta (bottiglia) a pasto. Strepitoso.
Ezio Cerruti, Sol (con Botrytis e no). Mi pare che siano comparsi il Botrytis 2005 e 2007 e, in anteprima, il Sol 2008. A me i vini dolci non piacciono. E quello di Cerruti lo adoro. Come recensione, può bastare.
Titoli di coda. Tra le molte menzioni di merito: le tume di Pistone, la pasta di Musso (con e senza uovo: grande), il tortino della chef del ristorante Trattoria del Campo di Mango (era presente il figlio), gli involtini & frittata portati dal produttore di Barbaresco, il parmigiano reggiano di Vacca Rossa che avevo preso a Praticello di Gattatico, il condimento al pomodoro per le bruschette (brava Anna). E altre 718 cose che or non mi sovvengono.