Scanzi, il diavolo aretino che San Francesco non avrebbe mai cacciato

scanziA leggere solo il titolo del suo ultimo libro, “Renzusconi”, si potrebbe azzardare la scommessa che una volta tanto Andrea Scanzi, lo scrittore, giornalista, autore, direttore artistico di Passioni Festival, la più importante kermesse di cultura popolare aretina, possa farcela a non dedicare almeno una pagina alla sua città. Scommessa persa. Certo non come con “I migliori di noi”, il suo libro interamente ambientato su Arezzo, ma anche con “Renzusconi” bene o male Arezzo c’entra eccome. Questione di cuore, ma anche di talento. A sentir parlare di talento Scanzi si schermisce, ma è lui stesso a ricordare ai lettori quello che scriveva Michelangelo al Vasari: se c’era da riscontrare del talento nella sua vita (quella di Michelangelo), dipendeva dall’aria aretina che aveva respirato da bambino. Come dire che può capitare a tutti di avere un po’ di talento se si respira l’aria di Arezzo da piccoli. A maggior ragione, può capitare anche a Scanzi che l’aria di Arezzo non l’ha respirata solo da bambino. E allora perché non tutti gli aretini lo ammettono, anche se tutti lo pensano?

La tv, arma a doppio taglio

“La colpa – dice – è della Tv, un’arma a doppio taglio: ti dà la notorietà, ma non ti permette di far capire al pubblico che non sei lì per esibirti. Per capirlo e per conoscermi, un modo c’è: vedermi a teatro. Oppure leggere almeno uno dei miei libri”. E su quelli non c’è solo il modo di conoscere Scanzi, c’è anche il modo di conoscere meglio Arezzo e gli aretini. Anche quelli che da Arezzo si allontanano ma poi ci tornano. “E’ successo anche a me – dice Scanzi- preferivo stare a Cortona solo perché non legavo con qualche aretino. A quarant’anni ho capito che Arezzo è così bella che sarebbe da stupidi farsi la guerra tra aretini. L’ho capito io, ma l’ha capito anche la stragrande maggioranza di quelli dai quali mi ero allontanato. Mi hanno ripagato , e io continuerò a ripagarli ”. Con qualcuno però, anche a Cortona, i conti restano in sospeso. “Rifarei subito la pace – ammette- con Jovanotti e con i Negrita. Sono passati dieci anni dai nostri scontri e in dieci anni ho imparato a smussare i miei angoli, ma anche a perdonare. E poi con Jovanotti abbiamo in comune anche il veterinario”. Tra un libro e l’altro, gli aretini hanno imparato a conoscere Scanzi anche in quattro anni di Passioni Festival. Una follia aver immaginato quattro anni fa che Arezzo potesse impazzire di cultura, come è già successo all’Arena Eden, con quindici eventi in cinque giorni: mille persone stipate per Proietti che al quale Scanzi fa da confessore. Lo fa con Proietti, con Verdone, ma lo fa anche con le star delle librerie, degli stadi, del cinema e della musica: le star le confessa all’Eden e all’Artistico, e intanto lui si confessa agli aretini senza armi a doppio taglio come la tv. Che altro ci si può aspettare da un trio improbabile come quello messo in piedi da Scanzi, da un politico convertito alla cultura come il patron Marco Meacci, da un giornalista perugino infiltrato in Passioni Festival come Mattia Cialini? “Intanto- mette le mani avanti Scanzi – ci si può aspettare un mio regalo, un recital in prima nazionale all’Artistico dedicato a Francesco Nuti: un mio regalo alla città anche da parte di un trio che sarà anche improbabile, ma di certo può contare su un gruppo impareggiabile, quello che dà vita a un Festival come nessun altro tra quelli che faccio in Italia”.

“Preferisco fare un assist piuttosto che un gol”

scanziContro i miti e le passioni non reggono neppure le contraddizioni. E tra i miti di Scanzi, promosso campione dell’individualismo aretino, c’è, come si è visto a Passioni Festival, Arrigo Sacchi, campione del collettivo. “Sono un po’ Narciso – ammette – ma chi lavora con me sa che faccio squadra. Mi piace fare un gol, ma ad un gol preferisco un assist”. Sacchiano fino alla fine, anche per trovare un rifugio da milanista deluso ma milanista fino alla fine. E poi tutto passa quando sale in sella alla sua Harley Davidson. Ci farebbe salire la Boschi o la Santanché? “Preferisco altre compagnie femminili, ma se proprio dovessi scegliere tra una donna della politica, sulla Harley Davidson farei salire Mara Carfagna. Amo le more”. Selvaggia Lucarelli però non è mora. E ha detto che Scanzi è l’unico suo ex con il quale, dopo un periodo burrascoso e di reciproche ripicche si sono guardati e hanno deciso che si somigliano troppo per non volersi bene. Finisce sempre così con le donne? “Mi piace piacere – confessa Scanzi – Per stare accanto a me- però- una donna deve fare molta fatica. Sono ingombrante, faticoso, lunatico, ma nessuna donna potrebbe negare di aver scoperto la mia parte romantica: per trovarla basta scavare, come dentro a un fossile nascosto da secoli”. E da Scanzi, autore, giornalista, provocatore televisivo, che altro c’è da aspettarsi? “Di poter sempre unire il mio lavoro alle mie passioni. Con l’orgoglio e la gratificazione di potermi identificare con la vera immagine della mia città: al contrario di quanto è successo con altri nel passato”. Non è successo a tutti di avere ai suoi piedi Piazza Grande gremita di aretini per un recital di “Notti sotto le stelle”. E non a tutti è capitato di commuoversi a Palazzo Cavallo per ricevere dalle mani del sindaco il Premio Civitas Aretii, che si dà solo a chi ha divulgato la conoscenza della storia, della civiltà e delle tradizioni di Arezzo.

“Sindaco io? Semmai assessore alla cultura”

“Mi sono commosso in Comune e in Piazza Grande, per me la più bella del mondo insieme a Piazza San Domenico- dice Scanzi- Mi porterò dietro per sempre l’emozione di un’ora passata a stringere le mani piene di affetto”. C’è quanto basta per candidarsi un giorno da sindaco. “Da sindaco no, anche se in passato qualcuno me l’ha chiesto. Se proprio dovessi far parte della giunta, non rifiuterei l’assessorato alla cultura. Ma fare politica non è una mia vocazione”. Scanzi la fa solo nei talk show. Ospite quasi fisso di Lilly Gruber a Otto e Mezzo. Non c’era la sera in cui con Maria Elena Boschi avrebbe potuto dar vita ad uno scontro tutto aretino. C’era il suo direttore Marco Travaglio. “Renzi e Maria Elena Boschi – rivela- non vanno mai in un talk show se ci sono io. Se ci fossi stato, a Maria Elena Boschi avrei fatto una domanda in più rispetto a quelle del mio direttore: perché dopo il referendum del 4 dicembre ha cambiato idea e non si è ritirata dalla politica?”. Potrebbe sempre chiederglielo invitandola a Passioni Festival. “No, perché a Passioni Festival i politici partecipano solo se hanno scritto libri e hanno qualcosa da dire. Preferisco Proietti e Verdone. Che amano Arezzo e ne arricchiscono l’immagine. Sto troppo male quando di Arezzo si parla solo perché non c’è più BancaEtruria”.

(Romano Salvi, Il Corriere di Arezzo, 4 gennaio 2018)

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