Elogio di George Harrison, genio autentico

Schermata 2017-02-03 alle 11.48.27Stretto nella morsa tra John Lennon e Paul McCartney, quel gran genio anomalo e spesso accecante di George Harrison non è forse conosciuto appieno. Non come dovrebbe, almeno. Una buona e anzi ottima maniera di innamorarsi di lui è l’uscita – il 24 febbraio – di The Vinyl Collection. Il cofanetto includerà tutti i 12 album in studio con le grafiche originali, oltre a Live In Japan e a 2 picture disc 12’’ di ‘When We Was Fab’ e ‘Got My Mind Set On You’. Tutti gli album sono stampati in vinile 180gr e racchiusi in un box rigido con copertina lenticolare in edizione limitata. Sia le rimasterizzazioni che il taglio dei vinili sono stati realizzati nei Capital Studios. Per l’occasione verrà ristampata anche la biografia I Me Mine. Uscì una prima volta nel 1980, frutto della conversazione di Harrison con Derek Taylor, amico e addetto stampa dei Beatles. La nuova versione del libro è estesa, raccontando l’intera carriera di Harrison anche attraverso le note a 141 canzoni. I testi scritti a mano sono riprodotti a colori e nelle 632 pagine compaiono non poche foto inedite. Il progetto è stato fortemente voluto dalla famiglia Harrison e c’è pure, per chi vuole, un giradischi griffato Harrison in soli 2500 esemplari. Per quanto con Spotify sia diventato tutto relativo, anzitutto l’acquisto di dischi (e cofanetti), The Vinyl Collection è un gioiello vero. Compiti per casa: guardate, e se lo avete già fatto rifatelo, il film che Martin Scorsese ha dedicato a George Harrison. Si intitola Living in a material world ed è uno dei documentari più belli che siano mai stati concepiti. Emerge nitidamente la figura problematica di un uomo costantemente sfibrato tra l’anelito alla pace (all’ascetismo, al misticismo, alla trascendenza) e la concretezza brutale del “mondo militare” (i soldi, il successo, i tradimenti, gli scazzi coi Beatles e non solo coi Beatles). Harrison è morto troppo presto, ma ha vissuto mille vite. Genio garbato della chitarra. Musicista sopraffino, songwriter sottovalutato. Antesignano dei concerti per beneficenza, produttore di film (anche i “sacrileghi” Monty Python). Appassionato di Formula 1. E molto altro. Smise di fare concerti dopo un tour sfortunato nei Settanta (laringite cronaca e dipendenze varie). Poi ci ripensò e si imbarcò nella tournée in Giappone, da cui nacque il doppio live portentoso del 1992. Lo convinse Eric Clapton, amico e fratello, che si innamorò della moglie dell’amico fino a conquistarla: la Pattie Boyd che ha ispirato Something, LaylaWonderful Tonight. La carriera solista di Harrison comincia con un prodigio triplo: All Things Must Pass, pieno di tutte quelle cose sommamente mirabili che Lennon e McCartney non gli permettevano di pubblicare. Un disco di una bellezza fuori scala, che strazia e ammalia, con una delle canzoni più intense di tutti i tempi (Isn’t it a pity). Harrison non avrebbe più raggiunto quella vetta, che era e resta il miglior album solista di un ex Beatle, ma avrebbe comunque ritrovato più volte il guizzo (Cloud Nine, i Traveling Wilburys). Senza farla troppo lunga, George Harrison è stato uno dei più grandi, affascinanti e atipici geni del ventesimo secolo. Una meraviglia. (Il Fatto Quotidiano, 3 febbraio 2017)

2 Comments

  1. Fu merito di George Harrison se scoprii i Beatles nel 1980 su una vecchia radio OM su Radio CapodIstria passava All those Years ago, da li in poi alla scoperta degli altri sempre con un occhio di riguardo per George Taxman è una delle mie preferite..
    è merito tuo se stasera prendo All thing must Pass so spolvero e lo metto su…un saluto e grazie

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