Wimbledon: istruzioni per l’uso

djokoSolo un infortunio o una sorpresa inaudita possono impedire a Novak Djokovic di vincere il suo quarto Wimbledon (terzo consecutivo). I Championships cominceranno lunedì prossimo. Se Djoko trionferà sarà ancora più vicino al Grande Slam, l’impresa di vincere nello stesso anno i 4 Slam. Gli mancherebbe “solo” lo Us Open, che ha già conquistato due volte. Nel tennis maschile il Grande Slam non si verifica dal 1969, quando a ottenerlo fu Rod Laver. Non c’è riuscito McEnroe, non c’è riuscito Sampras, non ci riuscirà Federer. Djokovic lo avrebbe già ottenuto un anno fa, se solo in finale al Roland Garros non si fosse imbattuto nella versione perfetta e irripetibile di Wawrinka. Sorpresa clamorosa, superata solo da Roberta Vinci che a New York batte Serena Williams. L’esito scontato dell’imminente Wimbledon non aggiunge fascino a un torneo comunque magico. In più c’è la constatazione di come il tennis sia sempre più atletico e sempre meno “romantico”. Un aspetto che colpisce soprattutto gli spettatori occasionali, che si imbattono ogni tanto in qualche incontro, hanno più di quarant’anni e si chiedono: dove sono quelli che fanno serve and volley? Perché giocano tutti uguale? Ormai le superfici si somigliano e non c’è più la differenza abissale tra erba e terra. Infatti Nadal, che a rete non va quasi mai, ha vinto Wimbledon due volte. E lo stesso Murray, che qui ha trionfato tre anni fa, non è certo un volleatore. L’evoluzione dei telai, parallelamente alla cura sempre più certosina della componente atletica, hanno poi reso il tennis ancora più muscolare. Se solo un tennista osa fare sistematicamente serve and volley, lo macellano a suon di passanti. Wimbledon, e con lui il tennis, restano però affascinanti. I personaggi da seguire ci sono, anche se non sempre di primissima fascia. Non esistono più i Pat Cash, ma ci sono quelli che sull’erba nei primi turni possono battere chiunque (o quasi): Mahut, Brown, Stakhovsky, Muller, Florian Mayer, eccetera. Attenzione poi a una componente: il tennis sta vivendo una fase di pre-rottamazione. Nuove leve si affacciano nei piani alti del ranking, destinate a rimanerci. Chi dice che oggi il tennis è noioso non si ricorda dei tempi mesti durante i quali Federer – campione indiscutibile – dominava gli Slam giocando da solo, beneficiando di vassalli che di fronte a lui si scioglievano pietosamente: Philippoussis, Hewitt, Roddick, Soderling, Gonzalez, Henman, Ljubicic, Baghdatis. Un’era bella i federeriani: peccato però che il tennis si giochi in due, altrimenti è onanismo. C’è stata poi la fase dei Fab Four, dove Nadal e Federer erano dominanti e subito dietro Djokovic e Murray. Ora che Nadal è assente e Federer non più favorito, Djokovic (all’apice della carriera) giganteggia. E Murray assurge a perfetto (eterno) secondo. La finale naturale di questo Wimbledon è Djokovic-Murray: sarebbe la 35esima sfida tra loro, con il serbo avanti 24 a 10. Federer qui può fare tutto, ma parte indietro. Nadal non ci sarà, in forse Tsonga. Wawrinka non ama l’erba. Attenzione a Raonic. Tutto già scritto, ma con una novità: la top ten verrà riscritta a breve. Thiem (1993) è già 7, ha fatto semi al Roland Garros e può ripetersi qui se non incrocia prima Djoko. Goffin (1990) è 11 e destinato a una bella carriera. Kyrgios (1995) è 18: fenomeno, ma dannatamente umorale. E’ ormai nei primi trenta Zverev (1997), naturale numero uno del futuro come Thiem. E poi ci sono Coric, Pouille, Kokkinakis, Fritz, Edmund, Chung e tanti altri. Finalmente il tennis ci regalerà un ricambio drastico. Perché ciò si realizzi appieno, manca però ancora un anno o poco più. Ovvero la fine del 2016 e buona parte del 2017. Periodo durante il quale Djokovic vincerà tutto. O quasi. (Il Fatto Quotidiano, 20 giugno 2016)

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