Come cambia la stessa notizia sui vari giornali

citrulloNon è vero che il giornalismo italiano non è pluralista: lo è, eccome. Immaginiamo che Renzi venga intercettato mentre, inconfutabilmente, ammette di avere ingannato Letta (“E’ tonto, e poi dovevo far colpo sulla Boschi”), di tramare alle spalle di “quel citrullo di Napolitano che mi ha pure bocciato Gratteri alla Giustizia e Mazinga agli Esteri” e di avere scelto Mattarella perché “è un bischero come non se vedevano dai tempi in cui rubavo le cinture del Charro a Rignano”. Il giornalismo italiano, con pluralismo invidiabile, lo racconterebbe così.
Repubblica: “Certo, sono frasi che forse possono irritare un po’, ma chi nel suo privato non usa immagini colorite? Chi è senza peccato scagli la prima pietra”.
Corriere della Sera (quota M.T. Meli). “Queste intercettazioni rivelano solo una cosa: che Renzi è sexy. Tanto sexy. Lo dice anche mia figlia”. Corriere della Sera (quota De Bortoli). “Queste intercettazioni rivelano solo una cosa: che Renzi, se si chiamasse Berlusconi, sarebbe combattuto da quella stessa sinistra radical-chic che ora non si stanca di omaggiarlo”. Corriere della Sera (quota Pigi Battista). “Queste intercettazioni rivelano solo una cosa. Io però, come sempre, non l’ho capita”.
L’Unità. “Proviamo umana compassione per chi usa tali innocenti evasioni letterarie per combattere goffamente il migliore esecutivo degli ultimi 178 anni di storia della Repubblica. Lungi dall’apparire irriguardoso e volgare, il nostro Matteo si mostra con grazia antica e nitore morale d’altri tempi. Non nascondiamo che, in redazione, quando abbiamo letto la parola “Mazinga” ci siamo commossi. E siamo sicuri che lo abbia fatto anche Gramsci”.
La Nazione. “Avremmo voluto scrivere la stessa cosa che ha appena scritto L’Unità, solo che da quando è rinata ci sentiamo sempre troppo poco filogovernativi. E un po’ ci girano le palle”.
Il Manifesto. “Ci sia consentito di stigmatizzare la deriva revanscista dell’attuale Partito Democratico ma, al tempo stesso, di rifuggire quel giornalismo giacobino e proto-reazionario che brandisce le intercettazioni giudiziarie come manganelli populisti attraverso cui alimentare un consenso demagogico che si bea di non tener conto dei rudimenti minimi di una critica marxista finalmente scevra di quel sottobosco capziosamente proletario che alligna in certi talkshow à la page. E comunque non abbiamo capito una mazza di quel che abbiamo scritto”.
Huffington Post. “Se è vero che le intercettazioni (pubblicate da chi non aspettava altro per farlo) non mostrano il lato migliore di Renzi, è altrettanto certo che all’orizzonte non si scorgono alternative migliori a questo governo pieno di giovani volitivi e donne emancipate, a fronte di un presente a tutt’oggi appesantito da un sessismo di ritorno prontamente condannato anche ieri dalla Presidente della Camera Laura Boldrini”.
Il Foglio. “Dove andremo a finire se, come ripetiamo da anni, non verrà eretto un argine deciso e sempre tardivo a questa purulenta escrescenza giustizialista? Qui non si tratta di garantismo, ma di un chiaro anelito alla disarticolazione della rappresentanza. Basta con la dittatura dei giudici e con questo giornalismo manettaro che si riduce a becero, nonché morboso, bollettino delle procure. Solo Renzi può farcela”.
Il Giornale. “Quando Berlusconi era vittima di intercettazioni indiscriminate, va da sé senza alcuna rilevanza penale, le anime candide della sinistra si stracciavano le vesti. Ora tacciono: la solita doppia morale comunista. Le solite merde”.
Libero. “Quel che emerge è inconfutabile: Renzi ce l’ha piccolo”.
Radio Padania: “Mentre Renzi si fa le pippe al telefono, i rom sono ancora vivi: vergogna”.
Tze Tze: “Intercettazioni choc. Renzi come Goebbels!”.
Il Fatto Quotidiano: “Non vorremmo scriverlo, eppure dobbiamo: ‘Noi l’avevamo detto’. Queste intercettazioni, che abbiamo pubblicato prim’ancora che Renzi le pronunciasse, ne sono ulteriore prova: siamo soli, o quasi, nella lotta per un giornalismo finalmente libero”.
La Stampa. “A che servono queste intercettazioni? Basta negatività. La vita è bella, ce lo ha insegnato Benigni. Pensiamo positivo, ce lo ha insegnato Jovanotti. Tutto è bene quel che finisce bene, ce lo hanno insegnato Mila e Shiro. Quando tornate a casa date un abbraccio ai vostri figli e dite loro che quell’abbraccio è di Renzi. O male che vada di Orfini, che è brutto come un refuso ma non è cattivo, ed è anche lui figlio di Nostro Signore”. (Il Fatto Quotidiano, 26 luglio 2015)

5 Comments

  1. Rassegna stampa fantastica ! Manca solo il Vernacoliere. Renzi intercettato: Bandiera rossa, oh il che vorrà dì ? a ora mi riordo: mare mosso ….

  2. Sarò (sono) di un’altra generazione, ma a me “Tutto è bene quel che finisce bene” (e l’ultimo chiuda la porta) l’ha insegnato Nick Carter. Saluti. 🙂

  3. Personalmente non credo ci sia bisogno di dare tanta enfasi sul basso contenuto delle intercettazioni del Premier Renzi. Questo perché abbiamo capito benissimo il personaggio con cui abbiamo da fare.Solo per stare alle ultime 2 settimane di governabilità:si ha davanti un premier di sinistra che critica con veemenza i sindacati, un premier che si prende a volo meriti che non ne ha(la vicenda fortunata del mantenimento delle attività e delle competenze da parte della società americana Whirpool in Italia),il cerchio magico con i due presidenti delle provincie di Sicilia e Campania,rinfacciamento periodico e sistematico dei 80 Euro come salva popolo,ecc.
    Un premier che non ha ancora capito bene l’etimologia della parola Politica-La Scienza dello Stato, fatta con classe,nobiltà d’animo,credibilità,coerenza.Ma non chiediamo troppo da una persona che si è presa il potere “a sbafo”e senza consenso nazionale?

    Poi per quanto riguarda la diversa interpretazione giornalistica è un altro mondo che si apre, in mezzo ad una giungla selvaggia dove regnano tanti voltagabbana che oggi si piegano come degli schiavi davanti al Re Nudo, domani leccano i piedi di quelli che l’altro ieri odiavano ma che in fondo di notte vanno a letto Politically Correct.
    L’esilio nel giornalismo credo che richiede disciplina e capacità di mantenere sempre le proprie posizioni , anche perché, scrivere si sa, influenza i cervelli,i pensieri e le azioni dei poveri lettori.
    L’amatissima Fallaci diceva che nel giornalismo (quello “vero” fatto come solo lei lo sapeva fare) si può arrivare “alla rabbia quando si scopre che coloro per i quali combatti a volte non sono popolo ma gregge”.

    • condivido in pieno. qualsiasi giornale è inaffidabile in più i 178 anni di repubblica (unità) mi fanno ridere…

  4. Andrea Scanzi, ti sei superato! Grazie per avermi donato qualche minuto di buonumore, che oggigiorno non guasta. Le frasi dedicate a Il Manifesto, quotidiano al quale sono “affezionata” sono esilaranti. Bravissimo davvero, il giornalismo è anche questo.

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