Le vostre recensioni

11100607_10204145912594397_277684857_nGiulio: Carissimo Andrea, ho iniziato il tuo romanzo stamattina. E lo considero, per quello che ho letto, splendido. Lo leggi con grande trasporto, e dentro ci trovi tutto: Benni, Saramago, anche un pizzico di Orwell (penso che il decalogo del giornalismo del bene sia passato sul serio attraverso qualche redazione di giornali-tg!). Si trova soprattutto tanta attualità che in alcuni tratti è persino più ridicola e agghiacciante della fantasia. Da lettore avido, tuo ammiratore e aspirante collega (magari…), complimenti e buona fortuna!

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Alice: Sembra di essere nella realtà politica descritta da Orwell, finché non ci si rende conto che è la nostra. Un ritratto sincero, contemporaneamente drammatico ed esilarante, del ventunesimo secolo e dei suoi protagonisti. Si riconosce così bene la mano di chi ha tenuto questa penna, complimenti Andrea, come sempre non hai deluso le aspettative!
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Stefania: Appena terminato il tuo romanzo. L’ho molto, molto amato. Ho amato il tuo modo di scrivere e i tuoi personaggi, in ognuno dei quali ho visto un po’ di me; mi hanno fatto sorridere e anche un po’ commuovere, e mi hanno fatto sognare la rivoluzione. A me piace leggere ad alta voce ma stavolta non ci sono riuscita; stavolta, nella mia testa, la voce che leggeva il romanzo era la tua. P.S. Niente puntini sospensivi e niente punti esclamativi, spero tu lo abbia apprezzato.
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11178469_10204145909514320_342797232_nRossella: La mia non sarà la recensione più originale ma ti dico che ho rivisto nelle tue pagine, tutta la mia vita, provando emozioni contrapposte e chiudendo il libro con tante altre domande da porre a me stessa, domande alle quali risponderà la vita.
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Daniele: Sono, più o meno, a 7 mesi di caffè, calici di Sauvignon, shottini di vodka, tè caldi e limoncini sbagliati. Cominciano ad essere, obiettivamente ed oggettivamente, un po’ tanti. La mia Layla lavora in un bar spartano e ruvido, spesso porta i capelli raccolti e si trova a dover trattare con gente discutibile (non dico come la clientela che frequenta i peggiori bar di Caracas, per carità). Mi piace passare da lei dopo la mezzanotte, quando è prossima alla chiusura, restando il tempo necessario e senza mai trattenermi più del dovuto. Adoro quel sorriso: composto, timido e rassicurante. Ballo fuori tempo oramai da una vita, ma mi serviva questo libro per capirlo. Mentre leggevo, speravo che i dialoghi tra Stevie ed i suoi interlocutori (il nonno Sandro, la commessa Edy, la signora Duna, tanto per citarne alcuni) non finissero mai. Brillanti, sopra le righe, geniali. Semplicemente grazie per le emozioni che mi hai regalato. Mi addormenterò sognando una rivoluzione… Magari un giorno riuscirò a ballare al ritmo della vita.
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Fabio: Buonasera. Sto leggendo il Suo romanzo in questi giorni (un capitolo ogni sera a partire da lunedì, proprio come è suddiviso il libro) e mi sta conquistando pagina dopo pagina. Sono curioso di sapere come andrà a finire ma aspetterò domani per leggere l’ultimo capitolo. Il capitolo del giorno è diventata la tradizione di questa settimana, la mia pausa dopo lo studio. Potremmo intitolare il libro per gli studenti universitari come “l’università è un ballo fuoricorso”. Si lo so, pessima battuta. Per adesso come voto un bel 7 pieno (era un 6,5 ma J.J. Cernia ha aggiunto mezzo voto anche qui) Complimenti e auguri per il libro e la carriera.
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Francesca: Rapita dal tuo romanzo. L’ho letto tutto d’un fiato: è stato inevitabile. Divertente e triste allo stesso tempo. Conosci i personaggi e in ognuno di loro ritrovi qualcosa che ti appartiene. Quanti di noi, come Stevie, vivono in “un’attesa scarica”? Quanti credono o vorrebbero credere ai sogni come il Seganti? Fantastici nonno Sandro e compagni: te ne innamori subito. Adorabile Clarabelle. E poi il Bacarozzi e la Bozzi: due personaggi di fantasia che in qualche modo ti fanno sorridere ma inevitabilmente e amaramente ti riportano alla realtà (la nostra realtà). Bello bello bello. Complimenti Andrea.
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Marco: Non so cosa si provi a scrivere un romanzo ed a mettere nero su bianco parte di se .So che cosa si prova a leggere il tuo romanzo .E’ stato come rivivere le pagine del Mucchio , del Criminoso , de Il vino degli altri. E’ come se il tuo romanzo fosse anche di chi lo legge , di chi ti legge .Sfogliata l ultima pagina resta un pò di tristezza per il distacco dai personaggi , ma poi subentra la consapevolezza che un pò di loro ce l hai anche dentro . E se qualcuno ascolta Steve Ray , beve Ribolla ( sa cosa siano le Louboutin) e non ha smesso di lottare è anche grazie a te .Grazie Andrea , sei stato davvero una bella compagnia
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Stefania:

“Ho comprato “La vita è un ballo fuori tempo” il giorno stesso che è uscito. Aspettavo a leggerlo quasi per una sorta di rispetto…per quell’emozione che solo l’attesa per le sorprese sanno dare. Ed è stata più di una sorpresa. L’ho divorato in un giorno, senza riuscire a staccare gli occhi e il cuore da Stevie, Sandro e gli altri, ritrovando parti di me, della mia generazione e di quella dei miei genitori, in ogni personaggio e in ogni avvenimento. Ho riso, sorriso, pianto, commentato a voce alta, fatto il tifo x i videogiochi per anziani. Mi hai consegnato un piccolo tesoro, da troppo tempo non leggevo qualche cosa di appassionante, emozionante e perfetto. Grazie da chi balla da sempre fuori tempo. Ah…sono follemente innamorata di Clarabelle”.
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balloLuca: comunque è una bella settimana. un’opera riuscita perché ci hai messo dentro te stesso. le passioni, i tuoi riferimenti, i tuoi lavori, i tuoi amici, i tuoi amori. logicamente, data la conoscenza, per me è stato più semplice apprezzare e ridere con gusto, ma ti assicuro che i riferimenti che ci ho visto io sono davvero particolari. e lusinghieri. ci ho rivisto il libro che più mi ha influenzato da bambino ‘novelle fatte a macchina’ di gianni rodari. certo, alcuni dialoghi sono più pulp, ma tarantino ancora non lo ipotizzavo a otto anni. la ‘rivoluzione’ finale è degna del gruppo delta di animal house: un redde rationem ‘futile e stupido’ ma meraviglioso. nei dialoghi c’è il grandissimo libero de rienzo/bart di santa maradona e in alcuni passi più dolenti c’è la disillusione di mastandrea/stefano nardini di non pensarci. e se ci ho letto tutto questo (ed è davvero una lettura personale) hai stravinto anche questa

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Michela: Venerdì pomeriggio,uno dei tanti,uno dei soliti… O almeno così sembrava. Una di quelle giornate in cui sei in lotta con la vita. Con la tua vita. Sali in auto e lasci che sia lei  a guidare te . Senza accorgerti ti ritrovi a Milano. Parcheggi nel primo posto libero in zona Porta Romana ed inizi a camminare. Corso Italia, via del Crocefisso, piazza Vetra e poi sbuchi in una meravigliosa e raccolta piazzetta: sant’Alessandro. Un barbone sonnecchia su una panchina scaldato da un sole delicato e rincuorante come solo aprile ti può regalare. In giro poche persone …una Milano insolita. Ma sono realmente a Milano? I gradini della Chiesa sembrano invitanti …io che in chiesa non ci entro da anni mi accovaccio proprio ai piedi di quel luogo. Blasfemia ? Guardo l’orologio: sono le 15. Tolgo dalla borsa il libro appena acquistato ed inizio a leggere. Di colpo vengo catapultata in un cunicolo spazio -tempo che mi porta lontano da lì , via  da quella piazza, dalle mie malinconie. Leggo e leggendo sorrido e mi commuovo e non smetto fino a quando un’ aria fresca mi riporta alla realtà e le ombre del crepuscolo mi tendono la mano. Sono le 18.30. Potere di un libro… Di un buon libro. Grazie Andrea. Grazie per avermi tenuto compagnia in una giornata davvero difficile e per avermi fatto capire che certe sensazioni non sono sola a provarle. Tutti noi, almeno una volta, abbiamo danzato fuori tempo. I tuoi piedi si muovono al ritmo delicato di una melodia che si compone nella tua testa mentre intorno martellano le note confuse di un rock  troppo veloce. Un libro così meritava di essere festeggiato con un degno abbinamento …Zidarich, Vitovska.

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IMG_0053Magda: “Fa ridere e fa piangere, che sono per me noti notevoli in un libro. Fa lacrimare da ridere – per non piangere – quando fa satira su (in ordine di spessore intellettuale) ministre gengivate che “scandiscono le sillabe per darsi il tempo di formulare il pensiero successivo”, rapper angelici e premier nostrani che citano Ramazzotti. Fa quasi commuovere quando parla di cani, di piccoli Jedi, di Signore Duna, di orticaria da punteggiatura e di nonni monicelliani più giovani dei loro figli e nipoti. Ci sono delle belle idee, citazioni carezzevoli e anche un po’ di autosfottò garbato – e inevitabile, visto l’ego dell’autore – che fanno molto sorridere.”

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Cecilia: Finito. A Parma (a volte) le cose arrivano prima, e il tuo libro è qui già da ieri. Ho trascorso la notte leggendolo, e le ultime 40 pagine le ho consumate ora. Mi ha generato molte riflessioni ma, essendo buona norma non spoilerare, ne sceglierò qualcuna che non intacchi il piacere della lettura altrui.
Primo – fa venir voglia di bere.
Secondo – è un romanzo che può interessare molti possibili pubblici, ognuno dei quali potrà scegliere il suo filo conduttore, farne il proprio punto prospettico sulla storia e seguirla da lì. A rendere possibile tutto questo, una struttura magistrale. Bravo.
(Il mio filo rosso l’ho trovato nella splendida figura del nonno e nel suo rapporto con il nipote. Grandissima emozione.)
Terzo – te lo dico con pudore: il quasi monologo di Stevie al pranzo di nozze, espresso con quella scrittura spericolata eppure lucida, mi ha fatto pensare a uno dei miei scrittori preferiti, Busi.
E si ride, e c’è un’abbondanza di riferimenti e citazioni (tanti più quanti più ogni lettore ne sappia cogliere, suppongo).
Mi fermo qui, e vado a leggere cosa ha scritto il tuo mitico ex-direttore.
Festeggia, Andrea, oggi è un grande giorno.

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Cinzia: A dispetto della mia maniacale tendenza a divorare i libri, mi sono imposta di assaporare il tuo romanzo in tempi più distesi per apprezzarne la sua bellezza il più a lungo possibile. Non sto a ripeterti quanto altri, prima e meglio di me, ti hanno già detto, apprezzamenti che condivido profondamente e che mi spingono a ringraziarti per avermi fatto ridere, commuovere, per aver allargato e disteso il mio tempo e acceso la mia mente. Sto qui a scriverti per dirti: amo il tuo gusto per la “parola”, sempre ricercata, talvolta sofisticata e sempre al posto giusto e al momento giusto. Se il tuo romanzo è “fuori tempo”, le tue parole non sono mai intempestive. Grazie Scanzi.

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IMG_2029_2Alex: 
Quando si ha a che fare con un Tuttologo, personalmente, credo si abbia a che fare con un eterno indeciso rapito dalla nostalgia. Forse è così o forse c’è la famosa eccezione che si impone di confermare una qualche regola. Il libro si appoggia su personaggi convincenti, vivi, che trasudano quell’emozione sana capace di entrarti dentro e scuoterti mentre sei saldamente ancorato in poltrona. Qualcuno lo odi, per un altro fai il tifo. C’è quello che ti commuove: c’è l’argomento che ti commuove. Tra buona musica, alcol in abito scuro e parallelismo tra politica e videogames senza epoca, si naviga tutto d’un fiato verso la meta. Quando le pagine di un libro per un verso o per l’altro, riescono a toccarti dentro muovendo il tuo stato d’animo, l’Autore merita una stretta di mano e tutti i complimenti possibili.

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Max: Ciao Andrea (oso dare del “tu”). Sabato ho comprato il tuo romanzo “La vita è un ballo fuori tempo”, finito di leggere qualche minuto fa. Mi ha fatto riflettere e – come accade per certi romanzi – porterò con me per lungo tempo alcuni personaggi che sembrano uscir fuori dalla mia storia personale. In ordine sparso, ciò che porterò con me del tuo libro:

– Sandro perché mi ricorda mio nonno comunista, sognatore e combattente. Lui figlio di un padre fondatore del partito dei contadini in un paesino calabrese.
– Jimmy, il mio Grillo Parlante. È il personaggio che mi ha emozionato di più, un vero bastardo ma tremendamente lucido e veritiero. E poi il suo apprezzamento verso il disco “Grace” di Jeff Buckley – e la retrocessione in serie B dei Joy Division – me lo ha reso più simpatico.
– Clarabelle, perché in famiglia abbiamo due labrador e un pastore tedesco, perché la sua presenza nel romanzo mi ha ricordato il rapporto tra gli umani e i cani descritto in “Abbaiare Stanca” di Daniel Pennac.
– Stevie, io a 45 anni in cerca di salvezza.
– Miriam Visigoti in quanto Miriam Visigoti.
– Le “anime salve” che ricordano Fabrizio De André.
– La musica e il nonno abile nel capire gli umori del nipote in base alle canzoni suonate in casa.
– Il blues e il vino che non ho mai apprezzato perché cresciuto con il punk e la birra.

E poi, anche a me è successo di sbagliare nome del defunto durante un funerale (sono un prete).
Insomma, grazie Andrea per un libro meraviglioso.
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Gianfranco: Caro Andrea, scusami innanzitutto se in queste poche righe userò un colloquiale “tu”: non mi piace l’abuso ormai invalso di rivolgersi in questa forma a persone che non si conoscono, ma ormai ti considero un fratello minore (io sono del ’62). E dunque. In primis, grande ammirazione per tutte le tue attività, e un grazie infinito per esprimere i pensieri e le incazzature di tanti di noi. Grazie anche per esprimerli, a parole e per iscritto, in un italiano ammirevole. Tante sono le suggestioni che mi hanno colpito nel leggere il tuo romanzo. Non mi soffermo su quelle più personali – numerosissime – ma mi limito ad una, che poi è molto legata alla foto che ti ho inviato. Io ho interpretato la forza vitale che anima il gruppetto di ottuagenari rivoluzionari come il bisogno di tornare a credere in un’ideologia. Superando, sì, gli stereotipi manichei del passato, ma senza dimenticare che, senza ideologia, non esiste nemmeno l’utopia, e quindi la forza di cambiare ciò che non ci piace.
Il drappo che fa da sfondo nella foto è originale: veniva donato alle fabbriche che, in Unione Sovietica, raggiungevano gli obbiettivi del piano quinquennale. Ti assicuro, nessuna nostalgia per quel regime, ma semplicemente un attestato di solidarietà a tutti coloro che hanno creduto in un’idea, e che si sono battuti perché fosse realizzata. Come fai tu, con coraggio, stile e coerenza. Anche nel tuo bellissimo romanzo: divertente e struggente, come è naturale che sia la vita di noi tutti. Ti abbraccio

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Mondoinchiaro: È sempre elettrizzante cominciare un libro atteso da tempo.La pagina iniziale,il sorriso della commessa alla cassa , l’odore delle pagine nuove.L’attesa è uno dei momenti più piacevoli che un libro possa regalare. Molti libri non la giustificano,altri invece regalano anche dopo la lettura momenti di assoluta estasi. È il caso del primo romanzo di Andrea Scanzi, “La vita è un ballo fuori tempo”. Il giornalista del Fatto Quotidiano ha saputo regalarci un libro divertente,amaro e poetico al tempo stesso. Stevie,il protagonista, è un giornalista quarantenne un tempo idealista ma ora disilluso ed inghiottito dalla triste realtà che lo circonda. Una realtà che fa paura, con un premier narciso e poco incline al dialogo che si fa portavoce di una finta democrazia,dove il pensiero unico dilaga e dove frasi del tipo “Noi siamo il bene” sono all’ ordine del giorno. Stevie è solo, come un pugile che ha smesso di lottare per le troppe ferite accumulate negli anni. In questa situazione apparentemente negativa troviamo personaggi pieni di speranza, stelle fisse che illuminano la narrazione: lo stagista Seganti,giovane idealista ancora pieno d’energia (una sorta di coscienza per Stevie) . Layla ,la donna amata e sconosciuta. Nonno Sandro, figura dolcissima a capo di una sgangherata banda di hacker novantenni che bramano alla rivoluzione. E se alla fine questi simpatici nonnetti avranno la loro piccola rivoluzione, anche Stevie saprà riscattarsi e tornare a sentirsi davvero vivo. Scanzi ci invita a raccogliere le cose belle che portiamo dentro , dalle piccole gioie quotidiane al valore degli affetti e dei rapporti. Ho trovato questo libro un vero e proprio inno all’ amore: per il vino, la buona musica , la vita … ma soprattutto per se stessi e per i propri ideali.

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Cesare: E’ un narrare fuori squadra ma la poesia fuoriesce in ogni pagina da personaggi quasi irreali che con gusto leggero e amara riflessione ci fanno rammaricare del fatto che Scanzi sia solo al suo primo romanzo.

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Davide Di Finizio: All’inizio siamo dalle parti di Clint Eastwood, non ancora quello sublime e tragico di Gran Torino (che verrà pure citato), ma il vecchio reporter scapestrato e disilluso di True crime, quello che va a letto con donne diverse, ma sempre senza impegno. Stevie (che dall’antieroe eastwoodiano differisce per una sola vocale) di queste donne dimentica pure i nomi, anzi tende a ribattezzarle, come fa con Sinead, che diventa Laureen; e come farà con l’innominata del bar, che chiamerà Layla, come la musa di George Harrison e Eric Clapton. I nomi (e i cognomi e i soprannomi) non sono mai casuali: magari fuori luogo (come Rayban Seganti, “nome di merda”!), e soprattutto fuori tempo. Come la vita.
La vita è un ballo fuori tempo non affronta solo un problema generazionale: l’occhio dell’autore non risparmia nessuno tra i vecchi e i giovani (avrebbe detto Pirandello), tra padri e figli (avrebbe detto Turgenev), ma ogni età ha le sue due facce della medaglia, il suo Giano bifronte: c’è la vecchiaia incarnata da Sandro e dai suoi decrepiti compagni di lotta; c’è l’età che dovrebbe essere matura, invece costellata da immaturi: Stevie e i suoi amici; c’è la giovinezza, e interessante è che l’autore non abbia ceduto alla retorica sui bamboccioni, tanto in voga anche tra alcuni intellettuali di oggi (gli idioti di domani), ma abbia personificato questa generazione nella figura, stramba e straordinaria, dell’idealista Seganti: squattrinato stagista della carta stampata che prova ad esorcizzare il disumano impegno in redazione, gestendo un blog che nessuno visita; e infine l’infanzia, nella figura di un solitario ed enigmatico Jedi, onnisciente e forse, chissà, anche onnipotente. Tra gli anziani spicca Sandro, nonno di Stevie e sosia di Pertini (ma senza pipa), che a novant’anni vorrebbe fare la rivoluzione: sembra un Milton invecchiato, uscito dalle pagine della sua “questione privata” per approdare nell’età contemporanea e tentare di cambiarla. E proprio come il vino, che nel romanzo (e per l’autore) ha una parte importante, più vecchio è anche più buono: gli anni hanno temperato la sua epicità fenogliana e ne hanno fatto un soggetto ironico e disincantato, che non può fermare il tempo ma almeno tenta di rallentarlo, masticando le sue inseparabili bacche di Goji. Comunque sembra assai più giovane del suo già vetusto nipote che, giornalista senza più vocazione, si contenta di lustrare le scarpe di J.J. Cernia, direttore del giornalucolo La patria, (un paradosso, visto che della patria non si occupa per niente), nonché presidente della Dinamo Brodo, un’inguardabile squadretta di calcio cui il protagonista deve dare credibilità, con improbabili recensioni e soprattutto stilando incredibili pagelle.
Si è scritto di Stevie come di un alter ego dell’autore; in realtà, similmente ad O. Wilde che divise se stesso tra i tre personaggi principali del suo romanzo, un potenziale alter ego può nascere dalla fusione di Stevie, Rayban e Jimmy. Quest’ultimo, l’amico cinico e donnaiolo, persino spietato nelle sue disarmanti disamine della realtà, è un Henry Wotton dei nostri tempi, mentre Seganti è la coscienza critica del protagonista, un Basil della carta stampata. E Stevie, un Dorian Gray rovesciato, o meglio fuori tempo: un ideale imbastardito dalla realtà, laddove l’eroe di Wilde era una realtà trasfigurata nell’ideale. Ma in realtà, come siaccennava, in un modo o nell’altro sono tutti fuori tempo, anche le anime salve, anche i migliori. L’unico personaggio ad essere veramente padrone del tempo è Clarabelle (si scrive con la e): <<Il cane.>> Generalmente, a parte nei fantasy, gli animali non parlano, o meglio parlano una lingua che noi, poveri mortali, non possiamo capire, e per questo ci sentiamo in dovere di relegarli al ruolo di comparse; ma no, Clarabelle è presente, per tutto il romanzo, e non solo si fa comprendere, con i suoi Woof Woof, i suoi Flu-Flut, ma soprattutto comprende, più e meglio di come sappiano fare quegli strani esseri a due zampe che lei scorge dal basso. Non è un caso che “la coda, sbattendo contro la porta del bagno, generava un effetto <<assolo di batteria dei Led Zeppelin>>”: perché Clarabelle vive il tempo, molto più di Stevie che si lascia vivere da esso, molto più dei rivoluzionari novantenni che tentano di rallentarlo ma consapevoli della bancarotta finale, molto più di tutte le macchiette che popolano questo strambo e frammentario microcosmo, ma senza essere mai del tutto personaggi. Nessuno è veramente a tutto tondo, tutti sono scolpiti e colpiti nei loro punti deboli e questo li rende ridicoli, ma anche più umani. E in qualche caso ne rivela l’insospettabile profondità, come avviene per una delle rivelazioni del romanzo: Pino Beluga, docente di greco in pensione apparentemente distaccato dalla realtà ma che, ad onta delle sue cataratte, mostra di guardare molto lontano. In fondo, malgrado l’irrisione e l’ironia generalizzate, la simpatia dell’autore va sempre alla cultura, all’intelligenza, all’integrità, in un mondo che troppo spesso premia l’idiozia di un Cernia e la volgarità di una Visigoti.
Eppure si avverte, nel leggere il romanzo, una continuità di discontinuità, una continua sensazione d’incompiutezza, tra una sequenza e l’altra, tra segmenti spesso brevissimi che si susseguono spietatamente, come se l’intreccio non tenesse, come se la scrittura non fosse sempre all’altezza della storia! Dato che, come Stevie, non amiamo abusare dei punti esclamativi (ma come lui amiamo le parentesi), chiariremo che l’intento di questa provocazione non è inimicarci l’autore, ma registrare una perplessità riscontrata durante la lettura, perplessità che si è gradualmente trasformata in certezza: quella stonatura, quell’impressione di caos che si prova perdendosi tra i sette giorni della “creazione” trasmette stilisticamente la costante espressa dalla narrazione, trascinando anche il lettore all’interno di quel vortice, come imbottendolo di guatemalteki che gli iniettano lo stesso senso di inadeguatezza del protagonista. In fondo, come Marcel nella Recherche, Stevie va alla ricerca del tempo perduto, e poco importa che invece di una madeleine si serva di uno zabafosca o di una Louboutin. Ma quando le faglie sono ormai troppo distanti, “da una parte c’è quello che sei, dall’altra quello che volevi essere. Nel mezzo, tra un terremoto e un’inondazione, tra uno smottamento e una slavina, tra un <<obbedisco>> e un <<va tutto bene>>, la distanza tra quotidianità e desiderio diventa incolmabile.” E allora l’opera è un romanzo su questo vuoto, su questa lacuna, su questa frattura insanabile, che si infligge e sanguina tra le pagine del libro sino alle sequenze finali in cui, lungi dalla tentazione di un happy end consolatorio, c’è una redenzione a metà, un forse, un probabilmente, un amaro in bocca che genera nuovo vuoto, che soprattutto non dà adito alla speranza. Perché, ci insegna Monicelli (e Seganti), la speranza è una trappola, come l’attesa propositiva che Stevie aveva religiosamente praticato dai 19 ai 45 anni. Come quei sei anni di caffè macchiato che lo separavano dall’approccio con la donna della sua vita. Come il salto nel buio che spesso ci separa dai nostri sogni.
La vita è un ballo fuori tempo è questo, e forse tanto altro. Prosaico e lirico, cinico e romantico, amaro e divertente, a tratti travolgente come un trampling, rigorosamente in tacco 12, inferto da Rossella Brescia e Rosario Dawson, coadiuvate da Abigail Spencer. E perché no, magari pure con l’intromissione della figlia cozza di J. J. Cernia.

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Luca: L’impatto con le prime pagine è straniante, specie per i personaggi che per i loro nomi sembrano usciti da una clip di Maccio Capatonda. Proseguendo con la lettura però non ci si può non affezionare al piccolo mondo raccontato da Scanzi, popolato da personaggi insoddisfatti della loro vita in una città di provincia, che si abbandonano al loro destino e hanno mollato i loro sogni, di anziani che organizzano la rivoluzione contro un governo incapace che straparla di fiducia e speranza, di decrittatori di sogni e di lettere d’amore scritte di notte. Il paradosso è il filo che tiene unito il libro dall’inizio alla fine, la lettura scorre via piacevole tra l’ironia tagliente dell’autore e citazioni di grande musica, grandi film, calcio e ciclismo. Una fotografia plausibile del nostro Paese impazzito racchiusa in un romanzo originale e attuale, che secondo me verrà apprezzato soprattutto tra qualche anno, a mente fredda.

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saraVioleta: Ho appena finito di leggere “La vita è un ballo fuori tempo” e devo dire che ho passato una settimana piacevole, divertente ma che lascia amari punti di riflessione sulla società moderna in cui ci muoviamo. Il libro è scritto con acuta audacia e sana ironia, componenti intrinsechi dell’autore stesso. La vera chiave di lettura che io attribuisco a questo libro è: il forte disagio sociale vissuto da un gruppo di persone di mezza età con una preparazione medio-alta. Per poter sopravvivere oggi si devono chiudere gli occhi, tappare le orecchie ed accettare una realtà che altrimenti fa male. Emblematico in questo senso è il decalogo del Premier Bacarozzi, vero e proprio regime in fase embrionale, che spudoratamente sventola lo slogan “chi non è con noi e contro di noi” e di conseguenza va isolato.
Stevie, persona sensibile e con l’autostima sotto le scarpe, insomma uno sfigato nazionale, insieme ai suoi amici si muovono come degli zombie, pur essendo coscienti che le cose devono cambiare, portano avanti la loro vita se non altro per inerzia. Chiaro che in una società “bacarozziana” dire ed affrontare la verità diventa un atto rivoluzionario di grande coraggio. Mi è piaciuta molto la figura di nonno Sandro, non solo per le prelibatezze culinarie, ma per la forza e l’energia di un 90-enne che vive la sua età d’oro, libero da costrizioni e con un occhio di riguardo per il “recupero” di suo nipote e dei suoi ideali di vita. Unica pecca del libro è trovare a volte un linguaggio un po’ troppo piccante anche lì dove non me lo aspettavo. Finisco il mio commento con un salutone al nostro Stevie, ormai diventato principino intellettuale, da parte di Violet(a) (so che ci tiene) e continuerò a tifare per Dinamo Brodo!

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Claudia: Caro Andrea, so che probabilmente dovrei darle del “lei”, ma mi viene assai difficile. Ho imparato a conoscere la tua penna, prima della tua faccia e devo dire che in tv il tuo spirito pungente che ho amato sulla carta stampata o sul tuo blog non si perde affatto. Era inevitabile per me comprare il tuo libro. Un uomo che parla di musica, di politica, capace di non prendersi troppo sul serio, ma pienamente consapevole di tutte le sue qualità, alle prese con il primo romanzo. Hai assestato un altro bel colpo, decisamente. Passi una lama tra varie generazioni, analizzandole una ad una, ma senza che la cosa risulti evidente, pedante. Viene tutto descritto per immagini, frammenti di vita, come se la osservassimo anche noi e fossimo liberi di trarne la nostra conclusione. Insomma un De Gregori in prosa, anche se tu avresti preferito Gaber. Sono una quasi 25 enne assai delusa dal mondo e dalla mia generazione, distante dalla tua, ma per molti versi simile, se non peggiore. Perché se hanno fallito i 40 enni, chi siamo noi per fare meglio? Perché non crogiolarci nello stesso vittimismo lassista, piangerci addosso tra un cocktail e l’altro dando la colpa a tutti tranne che a noi? Mi ci sono ritrovata, nella voglia di spaccare solo a parole, ho ritrovato la forza dei miei nonni, di tutta quella gente che ha negli occhi la luce, la voglia, la certezza di poter fare di più. Tu hai fatto di più donandoci questo romanzo che per me ha il pregio delle grandi commedie: lo inizi con l’intento di svagarti, non aspettandoti nulla più che di passare qualche buona ora di relax e quando arrivi alla fine sai qualcosa in più di te, hai imparato o solo smesso di accantonare una lezione che probabilmente è sempre stata lì, ma non volevi vedere. Grazie per questa piccola perla, per i tuoi articoli, per le tue apparizioni in tv (e per gli insulti alla Santanchè, sul serio, grazie), per il tuo splendido lavoro teatrale “Gaber se fosse Gaber” , perché sei la prova vivente che avere molti interessi non è perdersi via (che è una cosa che mi sento dire spesso) o non aver voglia di scegliere, per alcuni è solo l’unica via possibile. E ad alcuni riesce assai bene davvero. Buon lavoro

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Il Nostro: Immagina.. Stevie Vaughan potrebbe,come per magia,materializzarsi da una delle migliaia di copie del romanzo. Per fondare un giornale. Libero. Rivoluzionario. Dove potrebbero scrivere tutti. Anche Tullio Stelvio Bacarozzi. Ma come ospite. Unico vincolo imposto,i fondamentali principi democratici a tutela della libertà di manifestazione del pensiero. Una sorta di palestra delle menti. Unico anabolizzante ammesso,la curiosità.

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Marco: 
Caro Andrea, mi ha fatto molto piacere scoprire di poter comparare il tuo romanzo ad una serie TV. Spiego meglio. Avevo deciso di rinviare la lettura a dopo gli esami, si sa, mai iniziare una serie televisiva una settimana prima degli ultimi esami di un lungo anno erasmus. “E se poi non riesco a distaccarmene? Non ho tempo per il piacere, devo studiare. (Vorrei usare un esclamativo, ma so che non ti piace, quindi evito…)”. Ecco, il mio timore era questo, iniziare a leggere il tuo libro, “catafottendo” gli esami. Ahimè non ce l’ho fatta. Mi hai costretto a terminarlo in un giorno. E devo dire che sono stato molto contento. È inutile che ti scriva di aver trovato (come tutti gli altri lettori) qualcosa di personale, nascosto nel l’inconscio, che è stato piacevole rievocare, per sorridere (tanto), per piangere (meno). Grazie! E dopo un anno di erasmus in Estonia è stato bello leggere finalmente qualcosa in italiano!

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Claudio: Caro Andrea, il tuo romanzo è stato una boccata d’aria, dico davvero. Seguendoti – sui social come in tv -, pensavo di conoscere già abbastanza il tuo stile (e già ti apprezzavo) ma con “La Vita è un ballo fuori tempo” mi hai regalato qualcosa in più. Una storia ironica, iperbolica e sincera; un affresco divertente e coinvolgente del mondo in cui viviamo e che troppo spesso ci costringe ad abbandonare i nostri sogni, a scendere a patti con la realtà, a snaturarci e a sopravvivere. Ho quasi l’età di Seganti e sono un po’ idealista come lui, eppure già mi sento – non sempre, ma spesso – come Stevie, ovvero appiattito, annoiato e svilito dalla realtà quotidiana, una sorta di sconfitto intristito. Ma, sarà perché vorrei vedere dei nonno Sandro ovunque o perché non sopporto i vari Bacarozzi, Bozzo e J.J. Cernia che affollano questo paese, credo e spero di non arrendermi mai. E poi Layla! Sono giovane – forse troppo -, eppure quante Layla ho già conosciuto, a quante avrei voluto parlare e non l’ho fatto, a quante avrei voluto strappare un sorriso o regalarlo, a quante avrei voluto scrivere una lettera o una poesia, solo per strappare alla quotidianità un momento felice, profondamente umano. Ah, e poi c’è la rivoluzione: personale, politica, culturale, umana. Raccoglie un po’ tutto il romanzo, e mi piace. De Carlo in Due di Due dice che “scrivere è un po’ come fare i minatori di se stessi: si attinge a quello che si ha dentro, se si è sinceri non si bada al rischio di farsi crollare tutto addosso”. Forse è il tuo caso. Ancora complimenti, sei un grande. P.S. Ma che musica figa ascolti?

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zurigoGiovanna: Caro Andrea, premetto, non è una recensione, non so scrivere così bene, e poi ne hai già ricevute di davvero splendide. Solo qualche impressione ‘a caldo’. Dunque, finito di divorarlo ieri pomeriggio. Aspettavo il momento (più adatto) con trepidazione. Dopo mesi di stress (e di duro lavoro) alle prese con prima, compravendita, e, poi,  trasloco di casa, non vedevo l’ora di potermi prendere un po’ di tempo per me e rilassarmi finalmente con una buona lettura. Nella casa nuova, mi sono creata uno spazio ad hoc che ho inaugurato proprio con ‘La vita è un ballo fuori tempo’. Meraviglia!.Spazio e tempo si sono dissolti. Io, catapultata a Lupinia.! Mi son fatta delle risate roboanti…(oddio, io che roboo, non è un’immagine proprio femminile e adatta alla mia età, ma, si sa, nella propria intimità ci si lascia un po’ andare). Le descrizioni ed i dialoghi del matrimonio sono esilaranti (la Visigoti, un mito… le caccole nei ricci dello sposo…immagini truculente, ma assolutamente efficaci) così come l’ultima pagella, quella veritiera, della Dinamo Brodo Tutto è incredibilmente divertente, divertente e amaro allo stesso tempo, molto amaro, da groppo in gola. Nonostante l’uso del paradosso, del caricaturale – come non riconoscere che in ognuno dei personaggi c’è un pezzetto di noi? Come non rilevare quanto la nostra realtà  spesso sia, ahinoi, anche più ridicola, caricaturale, e perfino più agghiacciante di quella immaginata dalla tua fantasia? Nonno Sandro (e la sua combriccola) sono adorabili… adorabili e trascinanti! E vorresti essere lì, a Palazzo Vaughan, con lui ad assaggiare le sue ricette (e perché no, anche i vini che le accompagnano), con loro a lavorare per la Cocoon,(a proposito l’idea della produzione di videogame per anziani è davvero brillante), ma, soprattutto, per progettare (e attuare) insieme la rivoluzione! Clarabelle che tergicristallizza…le crocchette all’alchermes…il Seganti poi, è tenerissimo (mi ricorda me qualche anno fa, più di qualche anno fa in vero, e in lui rivedo un po’ il fervore di una mia giovane collega) e Stevie…quanto.siamo tutti un po’ Stevie! Anche se mentre leggi vorresti scuoterlo, quasi picchiarlo, per farlo svegliare dal torpore. Poi, però, c’è il riscatto finale, e allora, credo tutti, ci siamo trovati a mandare JJ. Cernia affanculo!  Con tutto il cuore, e non solo lui! In una sorta di urlo catartico e liberatorio Tutti i personaggi mi mancano già. Adesso mi sento, neanche so bene come, un po’ svuotata, forse. Con quella brutta sensazione di non avere più niente da fare, niente da aspettare. E non mi piace. Quindi, vedi di datti una mossa e scrivi presto il prossimo romanzo!

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Daniela: Ti leggo da tempi non sospetti, quelli del Mucchio per intenderci, e ricordo un viaggio in treno Roma-Trieste in compagnia del tuo (e mio) volatore; poi ho iniziato a seguirti sulle pagine del Fatto, ti ho visto in teatro da solo e in ottima compagnia (tu e Giulio, che binomio!), ho rivissuto a ritroso i miei anni attraverso Non è tempo per noi… l’età non è proprio la stessa, ma alla fine quello che ti ha formato e segnato ha toccato pure me. Quando è uscito La vita è un ballo fuori tempo, l’ho acquistato con curiosità – sarebbe  bastato il titolo a convincermi  –  ma anche con una certa diffidenza: in Italia tutti ormai scrivono romanzi, a dispetto di una produzione complessivamente mediocre. All’inizio con il tuo libro ho litigato un po’, incerta se considerarlo risibile o un capolavoro; certo, è più vicino a Benni e Robecchi che alla Mazzantini (ma la Mazzantini è un’autrice, secondo te? perché io me lo chiedo ad ogni sua nuova uscita) e lo stile fa già la differenza, tuttavia non mi bastava. Arrivata al primo dialogo tra Stevie e il nonno il mio distacco critico, già minato da Clarabelle, ha iniziato a cedere e da lì è stato uno smottamento continuo: ho iniziato a ballare anch’io, fuori tempo, con Stevie e i suoi amici cazzari, con Sandro e gli altri della Cocoon for Dummies. Mi sono commossa su certe pagine, così prive di retorica e così vere (il nonno e Fosca), ho riso per gli scambi di battute di quei vecchi così meravigliosamente giovani, mi ha conquistato la purezza fuori moda di Seganti, ho fatto il tifo per Stevie e Layla, ho goduto per quel finale che ha fatto giustizia di tutti i J.J.Cernia, di tutti i Tullio Stelvio Bacarozzi, di tutte le Elena Pia Bozzo che non infestano solo Lupinia. E poi tra i vini hai citato la Vitovska, che dalle mie parti significa qualcosa… Alla fine, ho provato quella sensazione che poche letture ti danno: il dispiacere di uscire da una storia e dai suoi personaggi, la voglia di tenerli ancora un po’ accanto a te. Un unico appunto: non discuto la tua passione perversa per le Louboutin e il disgusto per le ballerine, ma tra le prime e le seconde scelgo le seconde (in alternativa, le scarpe da ginnastica) tutta la vita: prova tu a correre avanti e indietro tutto il  giorno, con una media  quotidiana di 3-4 bus presi al volo, con il tacco 12!
A ritrovarci al prossimo romanzo. Daniela

P.S. Sapendo che detesti i puntini di sospensione, mi sono controllata: usati solo due volte. Spero apprezzerai lo sforzo.
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Mirocle: Il tuo libro mi è piaciuto molto. E’ stato un po’ come un giro sulle montagne russe. Coinvolgente, divertente (i dialoghi mi hanno fatto scoppiare a ridere in mezzo agli altri pendolari in treno); si passa da parti alte dove si parla di buon cibi, buon vino, buona musica, buoni ideali (e idealizzazioni) a parti -volutamente- basse dove invece i personaggi  e gli argomenti sono molto meno gradevoli, quasi angoscianti. Sono proprio questi momenti (il dispotismo di J.J. Cernia, la Visigoti, il premier e il suo modo di fare alla “1984”) a lasciare quel senso di nausea tipico delle montagne russe. Altre cose che mi sono molto piaciute sono state le citazioni da Guccini a Vasco Rossi passando per Monicelli, l’ironia, il sarcasmo e gli ossimori (il migliore secondo me è lo stagista che pur dichiarando che “la speranza è una trappola” continua a sperare e a credere nei suoi ideali). La cosa che più mi è piaciuta però è che il tuo è stato un libro che per dirla – stranamente – alla Springsteen oltre che parlare al lettore, parla anche del lettore. Chi non ha mai idealizzato delle persone senza conoscerle? Chi non ha mai cercato aiuto o risposte nella musica? Chi non usa risposte ad effetto quando non gli piacciono le domande? Tutte queste cose hanno fatto del tuo libro uno di quei libri che dopo essere stati letti non vanno messi in libreria, ma tenuti fuori a portata di mano vicino per quando se ne avrà bisogno.

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Marco: Ciao Andrea. Volevo farti i complimenti per il tuo romanzo. Trovo il tuo modo di narrare e di descrivere molto simile a quello di Stefano Benni, uno scrittore che io amo molto e del quale ho letto praticamente tutto ciò che ha scritto, compresi gli articoli su “la repubblica” (quando ancora la compravo). Siete come Stevie Ray Vaughan e Eric Clapton, chiamati a improvvisare sullo stesso blues, con due Fender uguali ma riconoscibilissime tra loro. Bel lavoro. Grazie.

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Luigi: ho appena finito “la vita e’ un ballo fuori tempo”.bellissimo ,ironico ma attualissimo,descrive molto bene la nostra situazione.da leggere naturalmente con ironia, ma le ultime pagine le leggevo una al giorno per allungare il piu tardi possibile la fine del libro.complimenti ,uno scritto da consigliare a chi coglie le sfumature

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Lucia: “La vita è un ballo fuori tempo” è per me l’equilibrio sinergico tra realtà e sogno. Una realtà fallimentare accompagnata da un sogno vivo e motivante. Unico, intenso, gustoso, alcolico, ironico, a tratti esilarante ma drammaticamente reale. Un Romanzo che non si legge, si divora. Grande Andrea.

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Carola: dialoghi da urlo, una cittadina dai colori e atmosfere alla Gotham City, le mie risate che scoppiettano di stanza in stanza a ogni nome dei nuovi personaggi (mi porto appresso i libri che mi piacciono) e l’idea di vederti arrampicato su un albero per scrivere e leggere in pace ieri e oggi come domani. un libro bello e necessario. Grazie.

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foto 2 libriEnrico: Caro Andrea, semplicemente grazie. Ho appena finito di leggere “La vita è un ballo fuori tempo” e faccio fatica a trattenere il vortice di emozioni che la sua lettura ha suscitato. Non è solo un romanzo, è il ritratto più disincantato e concreto di una realtà di cui spesso ci sentiamo spettatori inerti, ed è musica, di quella migliore, quella che ti cattura l’anima con la sua forza e la sua malinconia. Grazie per tutto questo.
PS: e grazie per Reputescion, un programma di spessore con domande interessanti, mai banali e che non cedono mai all’orrore del gossip.
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Sarah: Ho appena finito di leggere La vita è un ballo fuori tempo e un po’ mi spiace perché avrei voluto che non  finisse mai. È bello, divertente e amaro allo stesso tempo e talmente al limite del surreale che pare proprio di vedere la nostra società o per lo meno scorgerne il possibile futuro. Ti faccio veramente tanti complimenti.

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Marcello: Caro Andrea, in partenza sono un po’ scettico quando un giornalista, o un critico musicale, o un opinionista televisivo, scrivono un romanzo. Considerato che, per tanti di noi, sei un faro in tutte e tre le categorie (giornalista, critico, opinionista), nel tuo caso l’esordio narrativo era un rischio notevole. Per fortuna, hai vinto la scommessa (e, lo ammetto, avevamo, tutto sommato, ben pochi dubbi in merito). Ci hai regalato un Grande Libro che si distingue, fin da subito, per essere “un romanzo scritto in lingua italiana”. Una rarità. Sì, perché, al giorno d’oggi, gli scrittori nostri connazionali sono spesso indecisi se l’essere gli americani postmoderni de noantri (no, grazie) o i creatori di un nuovo pseudoitaliano che ricalchi la naturalezza di quello parlato, con esiti però mediocri. Qui, invece, nel tuo libro, c’è un uso perfetto della lingua. E l’intenzione, da parte dei protagonisti e dell’autore, di raccontarsi sempre con sincerità. I veri protagonisti, a mio avviso, non sono tanto Stevie o Seganti (donchisciottini che diventano quasi due cornici narrative, più che personaggi in senso classico), quanto i 4 vecchietti rivoluzionari. Vecchietti che salgono di corsa sul treno degli ottuagenari protagonisti in tante opere di letteratura contemporanea (Marsullo, Malvaldi, Jonasson). Oltre a questo, anzi, grazie a questo, il romanzo è uno splendido inno alla vita e all’amicizia. In più, qui c’è la componente della satira. Satira nei confronti di un governo che crede i governati ignoranti. E forse questa considerazione vale anche per gli altri governati reali. Quelli che, ahimè, non sono nel tuo libro.
Noi. Ci dipingono sempre più ignoranti di quanto non siamo in realtà. Io, invece, sono convinto che, per fortuna, siamo tanto migliori di chi ci governa (e il tuo libro conferma la mia idea). A proposito di Potere. Ho fotografato il tuo libro nella piazza del mio paese (Castelmassa, provincia di Rovigo). L’ho messo su una pianta…ma non è Goji, stai tranquillo. Questa piazza fu scelta da Giovannino Guareschi per la copertina del primo “Don Camillo”, nel 1948. Secondo me il tuo libro potrebbe inserirsi benissimo nella tradizione guareschiana (e spero tu non me ne voglia). Perché offre, soprattutto, un’irriverenza sanguigna contro il potere. Ecco, il romanzo è anche un inno a chi lotta tutti i giorni. Rubando le parole ad un cantautore italiano, e mi si perdoni la retorica, il sottotitolo di questo tuo primo potrebbe essere “Nessuna resa mai”. Grazie Scanzi. Ti voglio bene.

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Marco: Un piccolo bignami di Andrea Scanzi. Dalla sensualità di Rosario Dawson al feticismo per i piedi. Dalle frecciatine alla Boschi alla paraculaggine del menestrello Cherubini. Amore per il tennis, per i cani e per i vini. Alcuni dialoghi veramente riusciti. La denuncia di un giornalismo asservito al potere come non mai. Grandiosi riferimenti musicali (Allman Brothers, Boss, Led Zeppelin). “Le canzoni belle non sono quasi mai allegre”. Little Wing, nella versione di Stevie Ray Vaughan. Fumato in 48h. Bravo Andrea

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Eriberto: Sto leggendo il tuo romanzo e mi dispiace accorgermi pagina dopo pagina che tra poco lo finirò.Direi che è uno spassoso incubo,un libro divertente che fa soffrire.Divertente perché è una fantasmagoria di battute,situazioni irresistibili,personaggi indimenticabili.fa soffrire perché, a riprendersi dallo spasso, si capisce che ci siamo dentro fino al collo e chissà quante dovremmo vederne ancora.Tra le cose belle del libro c’è il piacere di individuare i personaggi veri in quelli inventati e i più difficili sono quelli che fuori della sfera pubblica appartengono alla tua vita personale e che,a seguirti con attenzione,però possono essere riconosciuti .A proposito:ti ho visto l’altro ieri a Ballarò e mi sono chiesto come mai Calabresi è diventato così astioso? E poi ho pensato:magari si è rivisto in un certo personaggio del tuo libro e non ha gradito! A parte gli scherzi,grazie e continua così!

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Lucia: “La vita è un ballo fuori tempo” è per me l’equilibrio sinergico tra realtà e sogno. Una realtà fallimentare accompagnata da un sogno vivo e motivante. Unico, intenso, gustoso, alcolico, ironico, a tratti esilarante ma drammaticamente reale. Un Romanzo che non si legge, si divora.

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Giuseppe: Appena finito di leggere il tuo libro, che dire, molto bello, ha tutto, risate, cinismo, amicizia, malinconia, speranza, rassegnazione, coraggio, è stato davvero sorprendente per me rivedermi nel giovane Rayban, a volte sembravo io, avevo la sua malinconia e credo anche la sua rabbia, mi hai fatto letteralmente innamorare di nonno Sandro, anche io come te credo che siano più rivoluzionari i nostri nonni che noi, la buona musica dentro al libro mi ha fatto ricordare che il tempo sta davvero passando in fretta ma certi miti non passano mai, tornando dall’uni questi giorni mettevo sempre a palla il compianto Stevie, immenso riscoprirlo, e poi C’è appunto Stevie di stevie ho anche io quell’amaro in bocca che lo accompagna da sempre, anch’io come lui aspetto quell’email, hai fotografato come siamo oggi e tutta questa pochezza che c’è in giro in questa classe dirigente ma voglio pensare che una rivoluzione sia possibile, deve essere possibile e grazie per avermelo ricordato! Un abbraccio Andrea

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Mariateresa: “A Maria Teresa che vuole sconfiggere Bacarozzi e Bozzo”. Questa la dedica che mi hai scritto, la tua risposta al mio interrogativo “Sconfiggeremo Bacarozzi?” appena dopo la presentazione di “La vita è un ballo fuori tempo” alla Feltrinelli di Galleria Colonna. Non avevo ancora letto il tuo romanzo. Avrei volentieri fatto parte della Cocoon for dummies, ma anagraficamente non posso che essere una “sopravvivente”, come Stevie. Però il libro finisce con un “forse”, con una vittoria al plurale e con il verbo sognare coniugato al passato remoto. Che il sogno di Sandro non sia un po’ come lo sguardo rivolto al passato dell’angelo della storia di Walter Benjamin? Quell’aria di rivoluzione non è simile alla tempesta che spinge verso il futuro? Per Benjamin il progresso è questa tempesta. Credo che questa idea di progresso sia presente anche nel sogno al plurale di Sandro e spero di poter esser sospinta da essa insieme agli altri “sopravviventi”, nonostante il marchio generazionale, nonostante la catastrofe davanti ai nostri occhi. Grazie di avermi evocato questa immagine benjaminiana, grazie del tuo bel libro, Andrea. Il tuo registro ironico e la tua fantasia mi hanno fatto sorridere nei bus affollati di Roma e riflettere a fine giornata. Benjamin scrisse le sue Tesi di filosofia della storia in un momento tragico della sua storia e della storia del mondo, ma come diceva Primo Levi, e Seganti, ogni tempo ha il suo fascismo. Cerchiamo di fare in modo che il momento in cui potremo dire “Forse ce l’abbiamo fatta” arrivi e credo che tu stia egregiamente contribuendo alla causa.

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fotoNicolas: Ciao Andrea, volevo ringraziarti per avermi colorato la mia quotidianità ormai sempre più grigia e monotona (da 4 anni a questa parte). Sono stati i 5 giorni migliori da molto tempo a questa parte (ho tentato di leggere lentamente ma è scritto talmente bene che ho dovuto impegnarmi per non finirlo subito, come è successo con tutti i miei libri preferiti) tanto che ho respirato, pensato, vissuto, riso, mi sono commosso, rassegnato e riscattato insieme ai tuoi personaggi. Mi mancano già . infinitamente. Spero mi regalerai un seguito perché non aspetto altro che un’altra immersione a Lupinia con un sottofondo di blues “Vaughiano”. Anche io come te e Seganti mi sento ” un vinile al tempo dell’Mp3″ e sono contento di non essere l’unico. Grazie, grazie, infinitamente grazie sia per questo capolavoro che per la dedica sul libro.

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Romana: Gentile Scanzi, ho appena finito il suo romanzo. E’ di una leggerezza , nel senso di Calvino, rasserenante. Ed è triste è surreale, ma allo stesso tempo, ahinoi, estremamene realistico. Ossimorico. Arnold di Happy Days è venuto fuori in tutta la sua malinconia da Pane e solfiti. Grazie.

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Stefano: Ho appena finito di leggere il tuo libro e mi è piaciuto molto. Inizialmente pensavo “non ci siamo” ma poi le pagine sui partigiani, l’incontro con Violet e la lettera alla barista mi hanno entusiasmato. E poi la discussione al matrimonio: ti ho rivisto quando bacchetti tutte le oche del PD.  Non conoscevo i tuoi musicisti ma ho iniziato ad ascoltarli. Sorvolo sulle scarpe da donna per non apparire osé. Che dire bravo. Spero però che tu continui anche nel giornalismo perché quando ti ascolto mi dai speranza di vero rinnovo non per me che ormai un pò ho dato ma per mio figlio. Non vorrei che si ritrovasse anche lui con i Renzi.  Grazie di tutto.

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Federica: Ciao Andrea, il tuo libro è stata una davvero piacevole sorpresa. Mi ha fatta riavvicinare al ricordo di mio nonno, Vittore Branca, grande studioso che non meno bene faceva il nonno qualunque raccontandomi le novelle del Boccaccio sotto l’ombrellone come favole. Quel nonno coraggioso che nell’agosto del 1944 ha collegato un’automobile Balilla ad una stampante piana a Firenze ed è riuscito a fare 20.000 copie del primo giornale dell’era antifascista titolando l’articolo di fondo “Firenze straziata ma non doma saluta il sole della libertà”. Quel nonno che mi ha fatto amare la scrittura, così tanto che ora sono una giornalista praticante a Milano. Chissenefrega della crisi, del mercato negativo.. io ci credo. Come lui credeva in tutto quello che faceva. A settembre inizierò uno stage di due mesi al Fatto Quotidiano a Milano, magari ci incroceremo. Complimenti ancora per il libro, e grazie di avermi fatto tornare con la mente a cose che, nelle corse quotidiane, a volte un po’ sbiadiscono.

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Antonio: Message in a bottle : ti parla un 52enne tirato su con “Bar Sport”, all’inizio il tuo lavoro mi pareva sciapo e, con troppa carne al fuoco, presuntuoso ; ma mi sono ricreduto, arrivato al Bar Sincope ho capito, ed ho cominciato ad apprezzare. Bravo.
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Mirco: “Scanzi non ce la fa e non riesce ad uscire dal personaggio. Nel romanzo lo ritroviamo con tutto sé stesso: le sue passioni, le sue ossesioni, la sua vita. E forse va bene così, perché se al libro togliamo Scanzi, non rimane poi molto. Lo stile ricorda un po’ Ammaniti di cui però non raggiunge mai l’estro letterario e i ritmi avvincenti che ti fanno arrivare fino in fondo tutto d’un fiato (d’altronde Ammaniti scrittore lo è per professione, Scanzi no). Poi, però, c’è lo Scanzi che con tutta la sua paraculagine ti strizza l’occhio e ti fa ritrovare nel libro. Nei personaggi, in cui riconosciamo la nostra quotidianità, le nostre vite. Nei rimandi alle canzoni di De Andrè, Ivan Graziani, Guccini (di cui in qualche scena si tratteggiano le atmosfere di “Autogrill”, anche se questo -forse- ho voluto leggerlo io). E nei richiami a due grandissimi intellettuali del nostro tempo: Manuel Vázquez Montalbán e Luigi Veronelli. E con questi ultimi due, c’è poco da fare, per me Scanzi vince: il libro non sarà il massimo (neanche da buttare), ma se vai a toccare le corde su cui sono più sensibile con me hai partita facile. Vamos.
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Davide: Hai fatto un bel regalo ai lettori. Ogni copia un’emozione diversa. Grandi emozioni. Grazie Andrea.
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Flavia: Gran bel libro molto divertente. Sandro e i suoi sono un capolavoro di un mondo che non c’è più !!! E che dire di Clarabelle e dello sfigato Stivie che però alla fine trova l’amore ? Tanti complimenti caro Scanzi, scrivi ancora romanzi. Il tuo l’ho letto in 2 giorni perchè non riuscivo a staccarmi…
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Enrico: sono impegnatissimo con l’università ma, ogni sera, non riesco a non aprire il tuo romanzo (scritto benissimo), per farmi tenere compagnia da Stevie e da nonno Sandro. Complimenti.
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Faber: Di solito non leggo romanzi , ma essendo uno che ascolta spesso , quello che hai da dire ( tipo ieri sera da Vespa), ho ceduto alla curiosità. Orwelliano , metafisico , musicale , culinario e sopratutto specchio reale della melma che ci sommergerà, se non ritroveremo alla veloce una parvenza di umanità come società e uno scatto d’orgoglio come individui . Un libro emozionante , triste e allo stesso tempo comico , grazie Andrea di cuore .
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Anita: Andrea mi sembra di esserci e di aver conosciuto i personaggi mi piace il loro modo di sfottersi di dire le cose con esterma franchezza come si usa nel grossetano e nel livornese mi sto facendo delle matte risate il libro nn l’ho ancora finito voglio arrivare alla fine un poco alla volta .Quando ti vedo in tv sembri una persona molto seria mi piace il modo “severo” con cui esprimi i tuoi giudizi che sempre condivido, conoscerti sotto la veste di scrittore x me è stata una bella sorpresa sai usare l’ ironia sei proprio un toscanaccio bravooooo.
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Enrico: Caro Andrea, leggendo il tuo splendido romanzo ho provato delle belle sensazioni,veramente particolari, come quando ho bevuto il primo bicchiere di Ronchedone Cà dei Frati, come quando ho visto Jimmy Connors cimentarsi nel suo rovescio a due mani, come quando ho ascoltato per la prima volta Dear Mr. Fantasy dei Traffic in versione live dall’album Welcome to the Canteen. Il mio personaggio preferito non può essere che Rayban Seganti. Complimenti, al prossimo romanzo.
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Giulio: Ciao Andrea, sono un tuo grandissimo fan! La vita è un ballo fuori tempo è un libro semplicemente magnifico. La storia di Stevie è molto tormentata, e mi piace come sottolinei bene il contesto storico in cui viviamo! Il 4 eri a Lecce, alcune amiche mie si son fatte anche la foto insieme a te, e inoltre, ho visto il video in cui saluti la mia prof di Storia e Filosofia: Anna Trevisi. Lei ti stima come nessun altro al mondo. Mi dispiace tantissimo di non esser potuto venire, ma purtroppo ero invitato ad un matrimonio a Bari. Spero di poterti vedere prima o poi, ciao Andrea! La prossima volta che incroci, per strada o in uno studio televisivo, l’onorevole Darth Vader, ti prego, salutamela. Dille soprattutto che il metodo per bloccare l’immigrazione del suo capo è semplicemente fantastico (sarcasmo). A presto…spero!
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Riccardo: Inizio col dirti che L’incontro tra me e il tuo romanzo non è stato proprio dei migliori. Io, maestro di tennis e giocatore agonista, lo compro Sabato, e domenica mi rompo menisco e crociato… Puoi immaginare gli accidenti che ti ho tirato; per qualche istante ho pensato di non leggerlo nemmeno, ma dopo una decina di pagine però, sono entrato completamente nel romanzo, nei personaggi, ho sorseggiato Bellavista al Pane e Solfiti, bevuto caffè (schifosi) al Giacomino’s Pub e perfino guardato partite della Dinamo Brodo.
Con buona pace loro, ho cercato di lasciarmi scivolare via gli interventi del governo e ministri vari, preferendo lasciarmi cullare dalla poesia del tuo romanzo.
“Il sole c’e’ e adesso so
Che anche se muoio, muoio bene
Chissa’ se scriverai cosi’…”
P.s: a Luglio vado sotto i ferri, non è che fai un romanzo bis in tempi brevi eh”?
Grazie.
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Nadia: Ciao Andrea, come promesso ecco quella che chiamerei pomposamente “recensione“. Ovvio che facendo io l’ingegnere da 15 anni, sebbene con un liceo classico alle spalle, la mia “recensione” ha lo stesso peso della Boschi in questo governo. Diciamo che sono solo una lettrice quasi compulsiva e tant’è. “Andrea Scanzi, uno dei rari giornalisti italiani attualmente dotati di onestà intellettuale, ci regala un ironico, spassoso e a tratti surreale confronto tra due generazioni: quella dei 40enni, a cui appartiene il protagonista Stevie, abulico, incapace tanto di innamorarsi quanto di reagire ad un sistema intellettualmente mortificante, generazione che ha apparentemente abdicato ai propri ideali, e quella degli 80e passa-enni, incarnata in 4 esilaranti vecchietti che, pur “ballando fuori tempo” e reinventandosi un po’ hackers e un po’ Bimbiminkia, progettano, a modo loro, la rivoluzione. Il tutto sullo sfondo di uno scenario politico, sociale e culturale in cui è immediato riconoscere i feroci (e giustificati)riferimenti. Divertentissime le numerose citazioni storico-filosofiche e davvero esilaranti alcuni dialoghi, in bilico tra realtà e immaginazione”. Ti ringrazio per avermi regalato una lettura divertente e intelligente, sappi che la gente in treno, che prendo per andare e tornare dal lavoro, mi avrà preso per rincoglionita vedendomi ridere da sola mentre leggevo.
Spero di leggere altre tue “creature”. In bocca al lupo per le vendite e per tutto ciò che desideri.
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Marco: ho appena finito il tuo libro… sei riuscito a farmi litigare con mia moglie… è pronta la cena… cazzz mi mancano 5 o 6 pasgine aspetta…. da metà in poi non riesci a staccarti, lo vuoi finire… complimenti
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2 Comments

  1. Caro Andrea, leggendo il tuo splendido romanzo ho provato delle belle sensazioni,veramente particolari, come quando ho bevuto il primo bicchiere di Ronchedone Cà dei Frati, come quando ho visto Jimmy Connors cimentarsi nel suo rovescio a due mani, come quando ho ascoltato per la prima volta Dear Mr. Fantasy dei Traffic in versione live dall’album Welcome to the Canteen. Il mio personaggio preferito non può essere che Rayban Seganti. Complimenti, al prossimo romanzo

  2. Di solito non leggo romanzi , ma essendo uno che ascolta spesso , quello che hai da dire ( tipo ieri sera da Vespa ) , ho ceduto alla curiosità.
    Orwelliano , metafisico , musicale , culinario e sopratutto specchio reale della melma che ci sommergerà, se non ritroveremo alla veloce una parvenza di umanità come società e uno scatto d’orgoglio come individui .
    Un libro emozionante , triste e allo stesso tempo comico , grazie Andrea di cuore .
    Faber

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